In Perù c'è una strada che collega Paramonga, ridente cittadina adagiata sulla costa del Pacifico con clima desertico e temperature moderate, con Conococha, località d'altura situata nelle Ande a oltre 4.000 metri di quota, dove è freddo tutto l'anno. Questa strada è di circa 120 chilometri, e per un ciclista l'aspetto interessante è che sono tutti di pendenza costante. In salita: su questo non ci piove, stiamo parlando di ciclismo. Però può nevicare, poiché nel percorso si gode una varietà incredibile di paesaggi. Con tre tipologie. Si parte dai deserti aridi della costa, con le distese infinite di sabbia e rocce; si procede verso le verdi valli fluviali, dove la vegetazione comincia a fare capolino; si raggiungono le maestose e imponenti montagne delle Ande, dove si pedala negli aridi scenari d'alta quota spesso innevati.
La salita è continua, implacabile, non ci sono momenti di discesa e nemmeno tratti pianeggianti per riprendere fiato: ogni metro che si guadagna è frutto di una lotta contro la fatica. Ci possiamo porre una domanda: è un'impresa possibile? La risposta non è scontata, come vedremo.
L'inizio trae in inganno
La prima metà del percorso è un falsopiano, con pendenze che arrivano al più a 2%. Rilassante, ma sapendo che ci sarà la scalata sulle Ande non rassicura, perché significa che il peggio, cioè le salite più impegnative, inizieranno nella seconda parte del percorso. Cosa che del resto ci si può attendere, visto che si passa dalla pianura al livello del mare, dove l'aria è ricca di ossigeno e le temperature sono miti, alle ghiacciate vette andine dall'aria leggera.
Il paesaggio è inizialmente immerso nel verde intenso delle coltivazioni di canna da zucchero, e nei mesi estivi, che sono quelli utili per prevedere la scalata, il clima è decisamente caldo. Con il passare dei chilometri il paesaggio diventa verdeggiante, poi roccioso. Iniziano i tornanti, le temperature calano, le pendenze crescono. Si mantengono attorno al 5%, con rari e brevi tratti all'8%. Non sono numeri spaventosi, ma il punto è che più si sale e più l'aria diventa rarefatta. Fin troppo.
Meglio in due giorni
La strada è di 120 chilometri, e l'idea di partenza può essere di percorrerla in un giorno. Ma un po' la quota finale, un po' la variabilità atmosferica, si passa dal caldo afoso della costa (il periodo migliore per la scalata è l'estate) al freddo spesso bagnato dalla pioggia delle alture, è consigliabile di dividerlo in due tratte. Un'idea può essere percorrere i primi “facili” 80 chilometri e prevedere una sosta in vista dell'ultimo tratto.
Sosta dovuta non tanto per l'acclimatazione, visto che il corpo umano impiega circa due settimane per “abituarsi” all'alta quota (cioè produrre più globuli rossi), ma per riprendere energie, visto che si è arrivati a quasi 3.000 metri di quota e le gambe lo sentono.
Un'altra difficoltà, se si è abituati a pedalare in percorsi più turistici, è la scarsa disponibilità di punti di ristoro. Nella Paramonga-Conococha non ci si può attendere grandi strutture, le sistemazioni sono decisamente in stile avventura e se si ha in programma una sosta è bene scegliere il primo posto che si trova: la sistemazione 5 stelle non è dietro l'angolo, e c'è la possibilità, andando alla ricerca del posto giusto, di non trovare nulla.
Solo il 3,5%, ma la matematica non conta
Facendo i conti il percorso da Paramonga a Conococha non pare tremendo. Il calcolo della pendenza media ci dà un rassicurante 3,5%. L'impresa sembra quindi fattibile, ma c'è un dettaglio che la rende sfidante. Conococha è situata a 4.050 metri sul livello del mare e non sbagliamo dicendo che pedalare a quella quota è decisamente duro. Da ciclisti sappiamo cosa significa scalare la montagna, e in questo caso il finale è decisamente impegnativo.
Sappiamo che a 2.000 metri si inizia ad avvertire maggior fatica: a questa altitudine la minor densità dell'aria riduce di circa il 20% la quantità di ossigeno che entra nei nostri polmoni. L'effetto non è drammatico, ma quando si sale ancora di quota le difficoltà aumentano. A 3.000 metri l'ossigeno segna -30%, la respirazione diventa più affannosa, e il battito cardiaco può raggiungere livelli molto alti anche a velocità moderate. La fatica muscolare è intensa, e molti ciclisti iniziano a sentire i primi segni di ipossia: mal di testa, nausea, vertigini e difficoltà di concentrazione.
A 4.000 metri le condizioni ovviamente peggiorano. L'aria è significativamente rarefatta, c'è il 40% di ossigeno in meno, e anche un piccolo sforzo può sembrare estremamente faticoso. La respirazione è pesante, il corpo fatica a mantenere livelli di energia sufficienti. Il battito cardiaco è costantemente elevato, e la tolleranza allo sforzo è drasticamente ridotta.
Il mal di montagna non si può prevedere
L'effetto dell'alta quota può essere più o meno importante a seconda della persona. Si parla di mal di montagna, e non c'è un metodo per prevedere chi ne è soggetto, poiché è legato alla fisiologia individuale, cioè ai fattori genetici. Non contano quindi l'età, il sesso, e nemmeno l'allenamento o precedenti esperienze in quota.
In generale il primo sintomo del mal di montagna è la cefalea, a cui si possono accompagnare malesseri più o meno gravi e fastidiosi, come la nausea e il vomito, la fatica, le vertigini. In questi casi la situazione è critica: è vero che non si è a rischio ma è bene prendere provvedimenti. La cosa saggia da fare, anche se si vorrebbe continuare pensando agli onori dell'impresa, è fermarsi e vedere se i disturbi si riducono; in caso contrario è meglio tornare indietro, onde evitare problemi più importanti, che possono anche diventare seri.
Il gusto dell'impresa
Raggiungere Conococha a 4.100 metri di altitudine è quindi un'impresa di resistenza e determinazione degna di nota. Non è solo una prova fisica e anche mentale. È vero: richiede un'accurata preparazione atletica, forza di volontà ma, come abbiamo visto, occorre anche un pizzico di fortuna, quella che permette di non soffrire del mal di montagna. Per questo arrivare a Conococha (anche in due giorni) è una delle esperienze più dure e gratificanti per qualsiasi ciclista: la soddisfazione di aver scalato la salita più lunga del mondo.