Il Passo dello Stelvio, a 2.758 m di altitudine sulle Alpi Retiche, è il più alto valico d'Italia, uno dei più affascinanti e impegnativi percorsi per bici da corsa. È immerso in un luogo sacro per i ciclisti, territorio in cui la Svizzera e l'Italia si incontrano offrendo ricchezza di cultura e bellezza naturale.
Tre motivi lo rendono unico: è teatro di sfide epiche che raccontano la storia del ciclismo; è protetto da salite implacabili che portano a una quota in cui l'aria è rarefatta, spesso ghiacciata; regala un paesaggio straordinario. Se non si è atleti, o ciclisti dalle buone gambe, la scalata non è alla portata di tutti, un ulteriore prezioso tassello che si unisce all'emozione di arrivare al fatidico cartello del Passo. In altre parole? Una salita che non deve mancare nella vita di un ciclista.
Tre strade per la vetta
Per affrontare questa famosa montagna ci sono tre percorsi: il primo parte da Prato allo Stelvio, il secondo da Bormio e il terzo da Santa Maria Val Monastero, che per buona parte corre nel territorio elvetico. Tutti tre offrono sfide appassionanti, ma la preferenza è per le due strade dei versanti italiani, scelti più volte nel Giro d'Italia (quest'anno sono 14 edizioni), sia dal versante lombardo di Bormio sia, più spesso, da quello altoatesino di Prato.
Iniziamo quindi la nostra scalata da quest'ultimo che sulla carta, dati alla mano, è anche il più difficile. È noto infatti per i 48 tornanti da affrontare, e vanta un dislivello di ben 1.851 metri: si parte da una quota di 907 metri e si raggiunge la vetta dopo circa 25 km di tratti pedalabili che non superano il 9% di pendenza (con una media del 7,5%). I numeri dal versante di Bormio sono leggermente favorevoli in termini di dislivello e lunghezza del percorso, ma raggiungere il Passo resta comunque una bella sfida.
48 tornanti: l'apparenza inganna
Partendo da Prato allo Stelvio tutto sembra facile. Nei primi 5 chilometri dopo il centro la strada prosegue lineare, la salita è dolce e si è accompagnati dal rilassante mormorio del torrente Solda. È una bellissima giornata (immaginiamo), la mente vola sulla vetta e pensando all'impresa che si sta per compiere vengono i brividi. È facile farsi prendere dall'entusiasmo, ma è bene trattenersi e risparmiare energie: ci attende una lunga salita, senza pausa fino a superare più che abbondantemente quota duemila, limite oltre il quale le condizioni dell'aria e della temperatura, svoltano drammaticamente.
A Gomagoi, circondata da vigneti e torri di chiese rustiche dall'architettura che sembra passare da germanica a italiana da un chilometro all'altro, la strada diventa già più dura, con pendenza media dell'8%. Dopo una svolta a sinistra compare il primo dei 48 tornanti: inizia il conto alla rovescia, e da qui in poi non ci saranno tratti per prendere fiato, la salita proseguirà costante senza tregua, tornante dopo tornante.
A Trafoi si affronta il pezzo più impegnativo. Dopo il bivio delle 3 Fontane ci si trova sul fianco della montagna e la strada entra in una fitta pineta. Arrivati a questo punto si è a metà percorso, ma non dell'opera: restano ancora ben oltre mille metri di dislivello, e poco dopo, verso il quindicesimo chilometro, si deve affrontare il punto più impegnativo della salita, nei pressi dell'albergo Weisser Knot (Rocca Bianca).
A questo punto si inizia a comprendere la durezza della scalata: quando si alza lo sguardo lo Stelvio appare in tutta la sua massiccia bellezza, e si può essere terrorizzati dalla parete quasi verticale segnata dall'infinita serie di tornanti che ancora si devono conquistare. È facile che sorga il dubbio sul fatto che si riesca a continuare, ma rivolgendo lo sguardo in basso si ammira un maestoso e analogo panorama che testimonia l'impresa appena compiuta, e così tornano le energie e la fiducia.
Verso il chilometro 17 si sono già superati i fatidici 2.000 m, gli alberi si diradano e si entra nel tratto senza vegetazione, dove spesso si può trovare della neve o della pioggia.
La scalata continua implacabile e non molla nemmeno nel finale, un continuo susseguirsi di tornanti dove lo sforzo è massimo e impone di salire con regolarità, senza il sollievo di un tratto più morbido per poter fiatare. Anche se si respira aria di vittoria, gli ultimi chilometri paiono ancor più duri dei precedenti, sia per la stanchezza, sia per l'aria più leggera, ma anche per le due rampe finali con pendenza che arriva alle due cifre. Una sofferenza notevole, ma ancor più notevolmente ripagata dalla gioia che si vive una volta arrivati alla meta.
Splendida. Ma non per tutti
La salita dello Stelvio, pur mettendoci la buona volontà non è per tutti. Occorre essere un ciclista con un buon allenamento, altrimenti non solo si soffrirà tantissimo, ma si correrà pure il rischio di dover rinunciare all'impresa e tornare mestamente a valle. È bene aver già affrontato lunghe salite, visto che la pedalata è piuttosto lunga e impegnativa. Il tempo che si impiega dipenderà ovviamente dall'allenamento, e con una buona preparazione si può parlare, indicativamente, di circa 2 ore, che si possono allungare a 4, sia per motivi atletici, sia per le soste (che consigliamo) per ammirare il panorama.
Scegliere il periodo, l'orario e l'abbigliamento
Per quanto riguarda il periodo dell'anno è bene scegliere i mesi più caldi (è chiuso in genere da novembre alla prima metà di maggio) e programmare la scalata nelle prime ore delle giornate feriali, per evitare l'intenso traffico turistico. Non mancano le manifestazioni ciclistiche dedicate, nel corso delle quali la strada è chiusa al traffico motorizzato: la granfondo dello Stelvio Santini a inizio giugno; il Mapei Day Re Stelvio a metà luglio; lo Stelvio Day a inizio settembre (per le date esatte occorre consultare le indicazioni che si trovano in rete).
Oltre alle energie occorre anche preparare l'abbigliamento giusto per affrontare un notevole sbalzo termico, che non sempre si può prevedere: anche in certe giornate di fine agosto-inizio settembre la temperatura in vetta può essere molto bassa, intorno agli 0º, e occorre tener conto anche della lunghissima, e altrettanto impegnativa discesa.