Che si tratti di brevi salite spacca gambe, di strade in pietra o di settori sterrati in cui sono la polvere e il fango a farla da padrone, delle corse ciclistiche di primavera a piacerci sono le difficoltà che i corridori devono superare: ostacoli all'avanzamento che provocano una selezione continua e una sofferenza sportiva più che tangibile. Il fango e la polvere che incrostano i volti dei corridori a fine corsa poi, le espressioni di fatica e in qualche caso le abrasioni e le ferite sui loro corpi, ci riportano a un'idea primordiale di lotta e di battaglia.
Gli sterrati de Le Strade Bianche, le pietre del Giro delle Fiandre e della Parigi-Roubaix richiedono per essere pedalate coraggio e determinazione, non soltanto biciclette e componenti di altissima qualità o pneumatici di grande sezione. Estremamente resistenti, scorrevoli e per quanto possibile confortevoli su quelle pietre e pedalando a oltre 50km/h, gli pneumatici da 32mm sono diventati oggi lo standard.
Intelligenza tattica, forza fisica e capacità di guida funamboliche sono requisiti indispensabili per vincere le corse di inizio stagione. C'è poi l'elemento fortuna a essere determinante in gare così aleatorie come quelle che si corrono su strade non asfaltate. Da tifosi non lo ammettiamo con piacere ma l'incognita che incombe su ogni corridore lanciato verso il traguardo finale, ci entusiasma.
Il nostro modo di assistere a corse come Le Strade Bianche, il Giro delle Fiandre o la Parigi-Roubaix è mutevole e contraddittorio. Per gli sfortunati corridori vittime di guasti meccanici e cadute proviamo pena e dispiacere, ma allo stesso tempo godiamo dell'incertezza e della suspense che accompagna fino all'ultimo metro queste competizioni.
Le classiche di primavera sono uno delle fasi culminanti della stagione ciclistica internazionale, forse il momento più atteso dell'anno. Sul pavé il ciclismo sfiora la follia, le difficoltà esaltano la competizione. Le gare che si corrono sulla pietra o sul fango seguono una specie di canovaccio che viene riscritto e reinterpretato dai corridori ogni anno da oltre un secolo. Sia chi vince, sia chi la vittoria la sfiora soltanto, finisce per essere considerato dai tifosi una specie di eroe. La strada, a primavera, diventa un vero e proprio palcoscenico.
Per questa ragione il festival della sofferenza ciclistica del mese di aprile non smetterà mai di esistere: perché nessun appassionato di corse di biciclette del mondo può fare a meno dell'idea di un campione che vince da solo contro tutto e contro tutti superando oltre ogni limite, anche quelli imposti dal meteo inclemente e da strade costruite non certo per pedalare.