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In Europa si vendono sempre più biciclette, e fiorisce anche il mercato di selle, scarpe, caschi. Unendo comfort e ultimi ritrovati tecnologici

Nell'antesignano italico dei tormentoni estivi erano “rossi” e “col fiatone”, uno sciame disordinato che fuggiva “e chi lo sa”. Ciclisti per improvvisazione e ribelli per vocazione, i pedalatori agostani cantati nel 1990 da Francesco Baccini e dai Ladri di Biciclette in “Sotto questo sole” erano la maschera spensierata dell'estemporaneità. Un po' pop e un po' swing, come una sgambata in sella, ma molto meno cool – e in entrambi i sensi del termine - degli omologhi odierni.

PZeroVeloIn un contesto di crescita generalizzata del mercato comunitario europeo, dove a partire dal 2013 è aumentato costantemente il numero di biciclette prodotte (da 11,4 a 13,1 milioni di unità in tre anni) come quello di biciclette vendute (da 19,8 a 20,7 milioni di unità), sempre più aziende specializzate investono nello sviluppo di accessori di alta tecnologia e di design che, complici i prezzi spesso competitivi, stanno eradicando ogni parvenza di estemporaneità anche dal ciclista amatoriale, elevandone le prestazioni e migliorandone l'adattabilità in condizioni climatiche variabili o avverse. Persino “sotto questo sole”.

Stando al rapporto pubblicato nel 2016 da Conebi (Confederation of the European Bicycle Industry), il primo Paese produttore di “Accessori e componenti” per biciclette in Unione europea è l'Italia, con un valore annuo di 474 milioni di euro e una quota di mercato del 28%, seguita da Germania e Romania (entrambe al 18% e 300 milioni di euro).

Tra gli alfieri del made in Italy spicca la vicentina Selle Royal Spa, maglia rosa a livello mondiale del settore delle sedute che nel 2002 ha acquisito il competitor inglese Brooks e, cinque anni più tardi, la statunitense Crank Brothers. Negli stabilimenti di Pozzoleone viene plasmata una delle selle più chiacchierate, la Respiro Athletic: il rivestimento Cool cover ne riduce la temperatura di 25 gradi sotto la luce del sole, mentre il Ventilation channel – un foro collegato a una sorta di bocchettone sulla punta – facilita l'aerazione.

Aerazione che, nei mesi più caldi, può fare la differenza anche in materia di caschi e di scarpini. Nel primo caso, e da quasi un secolo, l'eccellenza parla fiammingo: lo Z1 marchiato Lazer (azienda belga di recente passata nelle mani del colosso giapponese Shimano), con 31 prese d'aria e un peso compreso tra i 200 e i 260 grammi a seconda della taglia, consente un'ottima ventilazione, anche a velocità di poco superiori ai 10 km/h. Se poi si è disposti a perdere qualcosa in termini di riciclo dell'aria, pur rimanendo su buoni standard, sul mercato si sta assistendo a una moltiplicazione degli smart helmets: dal Coros LINX, dotato di microfono e bluetooth, al Lumos, con frecce LED e accelerometro integrati, entrambi figli del crowdfunding.

La tecnologia è aria fresca, da capo a piedi. E negli scarpini nulla è più summer friendly della tomaia in microfibra traforata al laser, in un prodotto d'alta come di media gamma. Fi'zi:k R1B Uomo nel primo caso, Gaerne G.Motion nel secondo, entrambi made in Italy, senza tralasciare le Pearl Izumi Pro Leader III: nessun foro sulla parte superiore della scarpa, ma un tessuto ultrasottile di 9 millimetri. E sottile dev'essere anche il tessuto di arm e leg coolers, manicotti e gambali – meglio se bianchi – la cui superficie in IceFil assorbe il calore della pelle abbassandone la temperatura di circa cinque gradi: tra le aziende produttrici svettano la giapponese Sugoi e la canadese Louis Garneau.

In questa volata senza traguardo che è l'innovazione, nemmeno elementi collaterali come gli zaini sono rimasti al palo: dal modello backpack Osprey Radial 26, che grazie alla tecnologia AirSpeed si solleva in corsa facilitando la dispersione del calore, al modello bag Timbuk2 Especial Messenger, dotato di un pannello di raffreddamento posteriore.

E per essere cool fino in fondo, con la Fabric Cageless Water Bottle si elimina una volta per tutte il portaborracce. Assicurarsi che non rimanga a secco, però, è ancora compito nostro. Almeno fino al prossimo Eureka.

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