“Un cambio di epoca, e un cambio di filosofia”. Quando Simon Kidston, il celebre presentatore del Concorso d'Eleganza Villa d'Este ha introdotto lo scorso maggio la Scat 25/35 HP Landaulet-Limousine davanti alla platea di Villa Erba, a Cernobbio sul Lago di Como, ha di fatto annunciato un incredibile balzo nella storia. Di 105 anni per l'esattezza. Era la prima volta che nella competizione di auto d'antan considerata numero uno al mondo veniva introdotta la classe delle vetture conservate al meglio, e questo esemplare del 1913 ha decisamente fatto impennare l'età media delle concorrenti. Ma ancora più dell'anno di costruzione, colpisce la sua integrità: non esiste una singola parte della macchina prodotta dalla Società Ceirano Automobili Torino che non sia originale. Anche perché i pochi, ricercatissimi interventi di restauro che le sono stati applicati sono di tipo conservativo, lo stesso che viene impiegato per i dipinti e le opere d'arte. Non a caso la “oldtimer” ha conquistato il primo premio della sua categoria. Non solo: FIVA, la Fédération Internationale des Véhicules Anciens, ovvero la massima autorità internazionale del settore, le ha conferito il “FIVA Best preserved vehicle award - Partner of UNESCO”.
Credits: Tutte le foto sono di Federico Bajetti
Meccanica, carrozzeria, interni: in una rara foto datata 1913 sulla rivista “Motori Cicli e Sports” – fatta pubblicare dal costruttore per reclamizzare il proprio stand al Salone dell'Auto di Torino – la 25/35 HP, invariata com'è, si riconosce a colpo d'occhio. Persino i due pneumatici anteriori sono ancora dei Pirelli originali anni Venti. Vale a dire gomme centenarie, cambiate dal proprietario originario nel primo dopoguerra e ancora oggi in ottimo stato. E pensare che le distanze che si trovava a percorrere questa grande e lussuosa vettura da viaggio, che monta un motore a 4 cilindri monoblocco da 4.712 cc, non erano certo su suoli confortevoli. Ecco perché, probabilmente, ruote tradizionali in legno, più adatte a circolare nelle campagne, sono state scelte al posto delle nuove smontabili con raggi in metallo che la Scat era in grado di proporre all'epoca.
Tutti i dettagli e gli optional della vettura si trovano elencati nel contratto di vendita, anch'esso conservato insieme al libretto di circolazione. E non sono pochi, dato che la Scat, azienda fondata nel 1906 da Giovanni Ceirano – uno dei famosi fratelli pionieri italiani dell'automobile – costruiva veicoli di qualità elevatissima di cui produceva, fra l'altro, ogni parte. In quel periodo, poi, poteva vantare anche due vittorie consecutive alla Targa Florio, nel 1911 e 1912.
Questo esemplare di 25/35 HP, che era il modello più potente di gamma fra le stradali, è stato realizzato su ordinazione, come usava allora, per il signor Francesco De Leonardis di Radicena.
Il fatto che sia rimasto di proprietà della sua famiglia per lunghissimo tempo ne spiega in parte la longevità e non solo per l'assenza di passaggi di mano ma soprattutto perché all'epoca le macchine venivano controllate e tirate a lucido tutti i giorni dagli autisti.
Che la Scat 25/35 HP fosse registrata in provincia di Reggio Calabria lo si evince dal numero 53 della targa, corrispondente alla zona negli anni Dieci, mentre le ultime due cifre, 67, indicano l'ordine progressivo di iscrizione. Altro fattore determinante del fascino immutato dell'auto è la continua permanenza entro i confini nazionali e al coperto, acquisita prima dal Museo Storico della Motorizzazione Militare di Roma e in seguito da un collezionista che l'ha semplicemente pulita e mantenuta in Toscana per una decina d'anni. Poi, con l'attuale proprietario, è iniziato il processo di valorizzazione che l'ha fatta conoscere, tramite Villa d'Este, quale preziosa testimonianza storica del patrimonio automobilistico italiano. Corrado Lopresto, possessore di una delle più prestigiose e ammirate collezioni di auto storiche del pianeta – celebre per la presenza di molti prototipi, rigorosamente made in Italy – alla fine del 2017 ha dato il via al restauro della Scat con la collaborazione della restauratrice d'arte Giulia Dilecce. Un lavoro certosino che ha esaltato l'unicità di un gioiello tanto raro, in cui nulla è stato cambiato, rifatto, ritrattato. Un reperto di “archeologia dell'auto”, per tornare al Concorso sul Lago di Como, che arriva diretto da un altro secolo con i suoi predellini girevoli esclusivi, i suoi bussolotti per gli alzavetri rivestiti all'uncinetto, l'optional dell'avviamento del motore ad aria compressa e la spia dell'acqua nel San Cristoforo sopra al radiatore. “Un cambio d'epoca”, appunto. Tutta un'altra filosofia. Con i sedili dei passeggeri in tessuto, con i bordi ricamati.