America's Cup (1851-1930), le sfide agli americani
La disfatta subita nel 1851 a Cowes convinse gli armatori britannici a tentare l'impresa di riportare prima possibile in patria l'ex-Coppa delle Cento Ghinee diventata America's Cup. Il primo a crederci fu James Ashbury che nel 1870 attraversò – come da regolamento - l'Oceano Atlantico, in senso contrario a quello seguito da America, per affrontare una nutrita flotta del New York Yacht Club davanti a Staten Island. Cambria concluse decima su 17 partecipanti – il migliore fu Magic - e Ashbury lanciò un'altra sfida per l'anno successivo.
Yacht di Thomas Lipton, Shamrock I, 1899. (Foto di Detroit Publishing Company/Interim Archives/Getty Images)
La vicenda venne avvelenata da discussioni e violente rimostranze (la prima battaglia legale di una serie ormai infinita…). In quell'occasione, l'armatore inglese si consultò con i suoi avvocati e insistette per correre contro un solo yacht e non contro una flotta di avversari. Protestò pure per il sistema di punteggio e per come il Comitato di Regata avesse posizionato il campo di gara. Alla fine tornò a casa deluso per la sconfitta subita dal suo Livonia e amareggiato dalla poca sportività dimostrata dagli americani che a bordo di Columbia e Sappho gli avevano strappato – a suo dire – la vittoria. Le due sfide successive arrivarono dal Canada, ma entrambi i challenger – Countess of Dufferin (1876) e Atalanata (1881) - non riuscirono lontanamente a intimorire il defender (rispettivamente Madeleine e Mischief) e vennero sonoramente battuti.
Lipton, il grande sconfitto
Da qui a fine secolo si corsero altre sei sfide, inclusa la prima lanciata da Sir Thomas Lipton che cambiò la storia della manifestazione. I nomi dei defender hanno poco da raccontare se non il richiamo alla tradizione americana e la superiorità sull'avversario inglese arrivato nelle acque davanti New York. Li citiamo comunque: Puritan (1885), Mayflower (1886), Volunteer (1887), Vigilant (1893), Defender (1895). Ben diverso il ‘peso' di Columbia che si trovò ad affrontare nel 1899 e nel 1901 i due primi Shamrock del già citato Lipton.
Nato in Scozia da famiglia irlandese, il ‘re del tè' lanciò ben cinque sfide tra il 1889 e il 1930: le perse tutte, ma entrò nella storia dell'America's Cup per la grande sportività, l'eleganza con cui accettò le sconfitte e la passione ineguagliabile nei confronti del trofeo che peraltro fu anche un ottimo volano per il suo business internazionale. In pratica, auto-sponsorizzava le sue barche.
La beffa del 1920
Lipton fu sostanzialmente il primo sfidante a costringere gli americani a impegnarsi in modo serio, buttando sul tavolo un mare di dollari e studiando barche moderne. Nel 1903, per non farsi strappare il trofeo dal potente Shamrock III, il sindacato capitanato da William Rockfeller e Cornelius Vanderbilt fece costruire Reliance, un gioiello di tecnica ed eleganza che con i suoi 43 metri di lunghezza resta uno dei racer più imponenti nella storia dell'evento.
Dopo la sosta causata dalla Prima Guerra Mondiale, Lipton si ripresentò a New York con il quarto Shamrock, disegnato da un futuro mito della nautica quale Charles Nicholson: nella sfida del 1920, vinse le prime due regate, quindi si trovò a un passo dal sogno. Ma il defender Resolute riuscì prima a pareggiare il conto e imporsi in quella decisiva. Peraltro, anche qui gli americani mostrarono scarsa sportività, per non dire scorrettezza: la giuria annullò la quinta prova per vento forte (la condizione favorevole a Shamrock IV), nella ripetizione dominò una brezza leggera. Ideale per le qualità del più leggero Resolute.
Arrivano i J-Class
L'ultima avventura del ‘re del tè' segnò il debutto degli spettacolari J-Class – prima classe a rating nell'America's Cup - e di Newport (Rhode Island) come campo di regata. Ma nel 1930, Lipton non azzeccò la scelta tecnica: il suo Shamrock V – che batteva curiosamente bandiera irlandese – era bellissimo ma tradizionale, con ossatura in acciaio e fasciame in mogano. A difendere il trofeo c'era Enterprise, armato da Harold Vanderbilt, realizzato con materiali e tecniche di stampo aeronautico.
Una piccola rivoluzione, a partire dall'albero in alluminio: fu un 4-0 senza pathos, tanto da convincere gli yachtsmen americani a consegnare all'ottantenne Sir Thomas una preziosa coppa in oro – scolpita da Tiffany – con incisa una frase piena di affetto e simpatia. «Al grande sfidante, che fu il più allegro e instancabile incassatore». Lipton si commosse, ribadì che sarebbe tornato presto per una sesta sfida ma morì l'anno seguente, con una piccola grande soddisfazione: era stato ammesso al Royal Yacht Squadron, l'esclusivo club che lo aveva sempre respinto come socio. Incredibile ma vero.