“Alla Grande Pirelli”: sensibilità e intuito, la tecnologia umana
In mezzo all'oceano, servono di più la tecnologia o l'uomo? La risposta è scritta nel secondo posto di Ambrogio Beccaria alla Route du Rhum 2022. Grazie a quel maltempo che ha fatto disalberare altre imbarcazioni e su Alla Grande Pirelli ha danneggiato irrimediabilmente i sensori che misurano intensità e direzione del vento. “Ce n'erano due – spiega Ambrogio – proprio per evitare di rimanere senza e questo spiega quanta importanza dessi a questo strumento”. Ma proprio quel vento che dovevano misurare li ha resi inutilizzabili. Quindi niente più pilota automatico e computer di bordo che analizzano e decidono rotta e vele. Certo, l'elettronica prende decisioni sulla base di tabelle create dallo skipper, però è uno strumento che dà un bell'aiuto. “In mezzo all'oceano non mancano gli scogli” spiega Ambrogio “e prima che ingegneri si deve saper essere dei marinai”. Significa essere capaci di sentire, interpretare, decidere, rischiare. “Quando ho perso entrambi i sensori ho quasi ceduto alla disperazione, temevo che solo con un miracolo sarei potuto arrivare nei primi dieci. Poi ho riportato la mente alla preparazione prima della regata: sapevo che prima di tutto sarebbe stata una battaglia psicologica, contro me stesso. Ero preparato ad affrontare quel momento. Allora ho cominciato a parlare di più con la barca. Anzi, ad ascoltarla di più. Ho cercato di leggere il vento tramite le reazioni della mia “Alla Grande Pirelli” e ho visto che aveva da dire più di quanto immaginassi. Il comportamento sull'acqua era il suo modo di esprimersi, leggere le sue reazioni mi dava le indicazioni di cui avevo bisogno. Come quando sei cieco e devi sviluppare gli altri sensi per poterti orientare”. E così un imprevisto diventa un'opportunità, una regata si trasforma in dieci regate: “in questo modo ho guadagnato un legame quasi viscerale con la mia barca”. Non senza l'aiuto della tecnologia ma riportando l'uomo al centro: “ho cercato di capire come utilizzare gli altri strumenti di bordo in modo diverso, più approfondito, compensando la mancanza dei sensori. Alla fine della regata, confrontandomi con gli altri velisti, ho notato che sono stato l'unico a usare una particolare vela, proprio perché, avendo meno strumenti, ho agito pensando di più. Mi sono reso conto che in qualche modo questo danno mi ha ‘liberato' da certi meccanicismi”.
“Mai mollare” è quello che si deve ripetere un navigatore a vela dal primo all'ultimo miglio di una traversata oceanica. “Sapevo già che la prima settimana sarebbe stata una lotta per la sopravvivenza, che avrei dovuto raggiungere gli alisei con meno danni possibili alla barca. E che la regata vera sarebbe iniziata lì, navigando di lasco verso Point-a-Pitre. E così è stato”. La prossima regata Ambrogio l'affronterà con una consapevolezza chiara: la tecnologia va usata con gli occhi aperti, non alla cieca, fidandosi e affidandosi agli strumenti. “Resta uno sport fatto di sensibilità e intuito, quella ‘tecnologia' umana che ti fa scegliere la giusta rotta, che ti fa fare quel nodo di velocità in più”.
La vela è uno degli sport fra i più legati alle tradizioni, è un settore quasi reazionario dove spesso la tecnologia viene guardata con circospezione. Chissà, forse proprio perché i navigatori sanno che è sempre l'uomo a portare la barca fuori dalle onde.