Tre “gialli” nel record di Alonso
È un weekend speciale per Fernando Alonso, che a Città del Messico festeggia la sua quattrocentesima partecipazione ad un Gran Premio, raggiungendo un traguardo straordinario. Lo è sia per il numero in assoluto che per la longevità sportiva, visto che il debutto dello spagnolo avvenne oltre 23 anni fa, all'inizio della stagione 2001. Basti pensare che tre dei suoi colleghi attualmente titolari – Franco Colapinto, Liam Lawson e Oscar Piastri – non erano nemmeno nati il giorno in cui, il 4 marzo, Fernando si schierò sulla griglia di partenza del Gran Premio d'Australia così come non erano nati due di quelli che ieri hanno partecipato alla prima sessione di prove libere e che l'anno prossimo saranno titolari, Kimi Antonelli e Oliver Bearman. Dei 22 piloti di Melbourne 2001, Fernando è l'unico ancora in pista nella massima serie e oggi si trova a duellare addirittura col figlio di uno di loro, Jos Verstappen.
Il palmarès di Fernando è straordinario – due titoli iridati (2005 e 2006), 32 vittorie, 22 pole positions, 26 giri più veloci e 106 piazzamenti sul podio – ma, probabilmente, avrebbe potuto esserlo molto di più. Per tre volte ha visto sfuggirgli il titolo all'ultima gara – Brasile 2007, Abu Dhabi 2010, ancora Brasile 2012 – per un pugno di punti (rispettivamente uno, quattro e tre) e, forse, altre chance ne avrebbe avute se avesse fatto scelte diverse in termini di squadre ma è inutile piangere sul latte versato e Fernando è il primo a saperlo.
Le statistiche creano sempre discussioni e ci sarà sicuramente qualche specialista del settore pronto ad obiettare sul fatto che sia proprio quello di Città del Messico il Gran Premio numero 400 nella carriera di Fernando. In tre occasioni, infatti, nella classifica finale lo spagnolo risultò fra i piloti non partiti: Belgio 2001, Stati Uniti 2005 e Russia 2017.
Nel primo caso, a Spa-Francorchamps, Alonso fu costretto al ritiro dopo tre giri a causa di un problema alla trasmissione della sua Minardi ma la gara fu interrotta due giri dopo a causa dell'incidente fra Eddie Irvine e Luciano Burti, con la Prost del brasiliano che s'infilò a oltre 250 km/h sotto le gomme alla fine della via di fuga a Blanchimont. All'epoca, in caso di interruzione dopo due giri ma con meno del 75% della distanza totale, la gara riprendeva azzerando tutto ciò che era successo in precedenza e così Fernando non risulta aver esordito quell'anno nel Gran Premio del Belgio, un appuntamento che sarebbe rimasto stregato per lui.
Bisogna fare un salto di quasi quattro anni per arrivare al secondo “giallo” nelle statistiche che riguardano lo spagnolo. A Indianapolis quell'anno andò in scena uno dei Gran Premi più grotteschi della storia della Formula 1, visto che ben 14 piloti sui 20 partecipanti si ritirarono alla fine del giro di formazione. All'epoca non c'era un unico fornitore di pneumatici e alcunie squadre furono costrette a fermarsi per dei problemi agli pneumatici, mentre altre riuscirono a concludere la gara. A nulla valsero tutti i tentativi di compromesso escogitati durante il fine settimana e così la corsa fu disputata solamente da sei vetture. Fernando, all'epoca in Renault e in piena lotta per il titolo, fu costretto al ritiro più singolare della sua carriera ma che non ebbe comunque effetto nella conquista del suo primo Mondiale in Brasile più tardi nello stesso anno, il più giovane pilota di sempre a diventare campione.
Il terzo Gran Premio che potrebbe far storcere il naso agli integralisti delle statistiche è quello svoltosi a Sochi nel 2017. Fernando, che era tornato dal 2015 in McLaren ma non aveva trovato nella partnership con la Honda la competitività che sperava di raggiungere dopo aver lasciato la Ferrari, dovette fermarsi proprio poche centinaia di metri prima di arrivare sulla griglia durante il giro di formazione, tradito dal sistema di recupero della sua power unit: l'ennesima crepa in un rapporto, quello con la casa giapponese, che stava arrivando agli sgoccioli. Peraltro, quasi per dar ragione al cantautore Antonello Venditti, “ Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”: fra poco più di un anno Fernando ritroverà come fornitore della power unit dell'Aston Martin quella Honda che tanto criticò nel suo secondo periodo in McLaren (ricordate il famoso “GP2 engine”, pronunciato in radio a Suzuka nel 2015?): ai giapponesi – oltre che ad Adrian Newey – dovrà infatti affidare molte delle speranze di poter almeno raggiungere quella trentatreesima vittoria in Formula 1 che insegue da più di un decennio.