Stroll merita un posto alla tavola della F1
È l'eroe di casa meno considerato nella storia della Formula 1, probabilmente perché continua a scontare il fardello piuttosto pesante di essere il figlio del padrone. Già, perché la prima cosa che viene in mente a proposito di Lance Stroll è il fatto che è uno dei venti eletti a correre nella massima competizione automobilistica soltanto perché papà Lawrence è arrivato a comprargli prima una squadra – e poi anche una fabbrica di automobili cara a James Bond, la Aston Martin. Essere il figlio di un multimiliardario non aiuta ad attirarsi la simpatia delle masse, tanto meno nel mondo dello sport e in uno sport molto costoso come le corse automobilistiche. Eppure, il venticinquenne di Montreal – è cresciuto a pochi chilometri dal circuito che questo fine settimana lo vede come uno dei protagonisti del Gran Premio del Canada – ha dimostrato coi risultati che un posto a tavola, piaccia o non piaccia, se lo merita.
Tantissimi sono stati i piloti con la valigia nella storia della Formula 1 ma pochissimi sono arrivati comunque a disputare 151 Gran Premi, secondo fra i canadesi solamente a Jacques Villeneuve, fermo a 163 presenze e quindi destinato ad essere superato da Lance già entro la fine di questa stagione, e di essere il pilota del suo Paese con più punti iridati (279) all'attivo.
Tre volte sul podio (Baku 2017, Monza e Sakhir 2020), una volta in pole position (Istanbul 2020), Stroll ha sempre lavorato duramente per dimostrare che i suoi detrattori si sbagliavano, concentrandosi sulle sue capacità di guida e sul suo spirito competitivo e i frutti si sono visti, pur se non in maniera costante.
Terminato però il primo tempo della sua carriera da pilota, quello della crescita, è arrivato per Lance il momento di pensare a cosa vuole diventare da grande ma, soprattutto, cosa gli piacerebbe fare. Perché per quanto possa sembrare strano, ogni tanto da fuori si ha la percezione che il giovane Stroll, da otto anni in questo sport non si diverta poi così tanto a correre in Formula 1. Forse è la sua timidezza che ogni tanto lo fa apparire arrogante, forse è la sua scarsa empatia coi media e con la vetrina dei social, ma la domanda è realmente concreta e il primo a doversela porre è proprio lui.
"Mi piace vedermi performare super bene", ha spiegato Lance qualche giorno fa a motorsport.com. "Sono la prima persona che è dura con me stesso in un giorno in cui le cose non vanno bene e sono ancora eccitato e felice come sempre quando ho una grande giornata, dagli ultimi sette, otto anni che sono stato in Formula 1. Questa sensazione mi spinge ancora a continuare a spingere, ad andare avanti e sì, odio avere giornate storte, proprio come sono sicuro che lo facciano tutti in questo paddock, assolutamente".
La volontà di Lance sembra quindi chiara: continuare a correre in Formula 1, pur sapendo sia che potrebbe fare qualsiasi cosa gli passi per la testa sia che il posto in squadra non sia mai realmente in pericolo: un vantaggio quest'ultimo, non c'è dubbio, ma a volte anche la mancanza della paura di perdere il sedile può trasformarsi in un boomerang. La cosa importante è che lo faccia con gioia: non per soddisfare la curiosità altrui ma per la sua felicità interiore.