Sakhir 2020, la gara pazza: tra beffa Mercedes e primo trionfo di Checo

La pista di Sakhir è ormai diventata un classico per il mondo della Formula 1, con 21 gare disputate dal 2004 in avanti. Quell'anno, si svolse l'edizione inaugurale del Gran Premio del Bahrain che fece da apripista della massima competizione automobilistica in Medio Oriente, tanto che ora i Gran Premi in quest'angolo del mondo sono diventati ben quattro (oltre al Bahrain ci sono quelli, in ordine di calendario, dell'Arabia Saudita, del Qatar e di Abu Dhabi).
Inoltre, in breve tempo il Bahrain International Circuit è diventato una delle sedi preferite per i test, prima scelta su base volontaria dalle squadre – quando ancora le prove di sviluppo erano libere – e poi come sede ufficiale delle poche sessioni previste dal regolamento prima del via del campionato, come avviene dal 2021 in avanti. Soltanto un anno, nel 2011, la gara non si disputò, come conseguenza indiretta dei disordini che si verificarono nel regno nel mese di febbraio, a poche settimane dallo svolgimento dell'evento.

Com'è possibile che siano quindi 21 le gare corse sull'isola del Golfo Persico? Nel 2020, l'anno del COVID – quando la Formula 1 fu l'unico sport a livello mondiale a riuscire ad organizzare un campionato articolato su ben 17 tappe in 12 Paesi, da luglio a dicembre, nonostante le difficoltà logistiche determinate dalla pandemia, un'impresa che un giorno andrebbe raccontata -, si disputarono a Sakhir due gare in due fine settimana consecutivi: il Gran Premio del Bahrain vero e proprio il 29 novembre e quello intitolato proprio alla località dove si trova la pista il 6 dicembre. Era la terza volta – le prime due a Spielberg e a Silverstone – che la Formula 1 faceva disputare due weekend di gara consecutivamente ma in questa occasione fu deciso di variare anche il layout della pista, sfruttando le diverse opzioni offerte dall'impianto bahrainita.
Peraltro, già una volta, nel 2010, fu provata una versione differente del tracciato, lunga 6,299 chilometri, ma non incontrò il favore né dei piloti né della regia televisiva, tanto che nel 2012 si tornò al tracciato originale, mai più lasciato. Per il secondo round del 2020 si scelse invece l'Outer Ring, una versione nettamente più corta (3,543 km), che produsse una gara assolutamente anomala, per lo svolgimento, il risultato finale e per i protagonisti.
Cominciamo dagli assenti. Il terribile incidente della domenica precedente aveva messo fuori causa Romain Grosjean, sostituito nell'abitacolo della Haas da Pietro Fittipaldi mentre il COVID aveva appiedato il fresco sette volte campione del mondo Lewis Hamilton, sostituito da George Russell, cui la Williams dette via libera per rimpiazzarlo con un altro inglese, Jack Aitken. Hamilton interruppe così una striscia di 265 presenze consecutive, che costituiscono ancora oggi un primato: avrebbe potuto essere forse irraggiungibile, visto che da allora l'odierno ferrarista ha corso in altri 94 Gran Premi.

La brevità del tracciato, una sorta di ovale, produsse la pole position più veloce – in termini di tempo assoluto – nella storia della Formula 1. Valtteri Bottas ottenne in Q3 un miglior tempo di 53”377, battendo di oltre cinque secondi il 58”79 di Niki Lauda a Digione nel 1974, alla media di 238,957 km/h. Anche il numero dei giri previsti (87) aveva un gusto un po' retrò: era da Adelaide 1995 che non si facevano così tante tornate in una gara.
La corsa fu a dir poco rocambolesca e a vincerla fu un pilota, Sergio Perez, che al primo giro era finito all'ultimo posto dopo essere stato speronato, insieme a Max Verstappen, da Charles Leclerc. Il messicano, che aveva appena annunciato di non avere nessun contratto per la stagione successiva, riuscì comunque a ripartire dal fondo e a dare vita ad una rimonta incredibile, dando così il primo e unico successo alla Racing Point, che l'anno dopo sarebbe diventata Aston Martin. La squadra di Lawrence Stroll non soltanto ottenne il miglior risultato della sua storia con quel nome ma anche del suo successivo periodo “green”, visto che il figlio Lance colse un bellissimo terzo posto: chissà quanto pagherebbe oggi il patron della Aston Martin per rivedere un risultato del genere. In mezzo ai due piloti della Racing Point si piazzò la Renault del francese Esteban Ocon, al suo primo piazzamento sul podio della carriera. ù

Chi però ricorderà sempre quel Gran Premio come una delle delusioni più forti della sua ancor giovane carriera fu George Russell. L'inglese ebbe in mano l'occasione incredibile di vincere al debutto con la Mercedes ma fu tradito da uno dei rarissimi errori del box della Stella. Al giro 63, in occasione di una neutralizzazione determinata dall'uscita di pista di Aitken, i due piloti della squadra campione del mondo, in quel momento in testa con Russell davanti a Bottas, vennero richiamati ai box per il cambio gomme: solo che all'inglese montarono le gomme del finlandese, il quale dovette poi perdere tempo per un problema di fissaggio ad una ruota. Nel frattempo, Russell fu costretto a rientrare ai box per sostituire nuovamente i pneumatici ed evitare una penalità. Il sostituto di Hamilton riuscì comunque a riportarsi alle spalle del nuovo leader Perez ma una foratura al giro 79 lo costringe ad un nuovo pit-stop. La successiva rimonta fino all'ottavo posto, impreziosita dal giro più veloce in gara (55”404: anche qui un primato assoluto, migliore del minuto secco di Jody Scheckter sempre a Digione 1974), fece capire a tutti di che pasta fosse fatto il giovane inglese.