Quando si correva a Ferragosto... | Pirelli

Quando si correva a Ferragosto...

 

La Formula 1 si sta godendo la pausa estiva forzata – due settimane fra il Gran Premio del Belgio e quello d'Olanda, a scelta delle squadre – imposta dal Regolamento Sportivo della FIA e introdotta a partire dal 2005. Prima di allora non c'erano soste agostane, anche perché il calendario non aveva mai superato i 17 appuntamenti e di solito il campionato si concludeva a fine ottobre o, al massimo, il primo weekend di novembre. A maggior ragione oggi, con un calendario ben superiore ai 20 Gran Premio (teoricamente quest'anno avrebbero dovuto essere 24 e altrettanti sono previsti l'anno prossimo), è fondamentale per le squadre tirare il fiato in mezzo alla stagione.

In sei occasioni fra il 1971 e il 2004 il Gran Premio si disputò proprio la domenica di Ferragosto: tre volte in Austria (1971, 1976 e 1982) e tre in Ungheria (1993, 1999 e 2004). Ecco le cartoline di quelle gare:

Austria 1971

Un Gran Premio passato alla storia più per chi si ritira che per chi vince. Sul circuito dell'Osterreichring domina lo svizzero Jo Siffert che, al volante della BRM, completa il Grande Slam: pole position, vittoria, giro più veloce in gara e tutti i giri percorsi in testa. Siffert coglie così il secondo e ultimo successo della sua carriera imponendosi su Emerson Fittipaldi (Lotus-Ford) e Tim Schencken (Brabham-Ford), quest'ultimo per la prima e unica volta sul podio in Formula 1.

Come spesso accadeva a quei tempi, non sono molti i piloti che tagliano il traguardo – 12 su 22 partenti – e soltanto sette riescono a completare tutti e 54 i giri previsti. Fra i piloti ritirati, ce n'è uno cui non pesa molto il cattivo risultato: Jackie Stewart infatti riesce comunque a laurearsi per la seconda volta campione del mondo con la sua Tyrrell, visto che il suo avversario principale, il ferrarista Jacky Ickx è anch'egli costretto a fermarsi anzitempo. Nella lista dei ritirati c'è anche un giovanissimo pilota austriaco, Andreas Nikolaus Lauda, che fa il suo esordio proprio nella gara di casa, al volante di una March: questa è la sua unica presenza nel 1971 ma dall'anno dopo Niki inizia da titolare il campionato e una carriera che lo vedrà diventare tre volte campione del mondo, nonché uno dei personaggi più carismatici di questo sport.

Austria 1976

Cinque anni dopo a Zeltweg l'eroe di casa e allora campione del mondo – stiamo parlando di Niki Lauda – non c'è: soltanto una settimana prima è uscito dall'ospedale di Mannheim dov'era ricoverato dopo il terribile incidente del Nuerburgring, che gli lascerà un marchio indelebile sul volto. Non solo non c'è il leader della classifica iridata ma non c'è nemmeno la sua squadra, la Ferrari, in segno di protesta per la decisione della FIA di riammettere James Hunt nella classifica del Gran Premio di Spagna di tre mesi prima. Hunt è l'avversario principale di Lauda, in pista e fuori – come raccontato anche ai non appassionati di Formula nel recente film “Rush” – e ha un'occasione ghiotta per accorciare le distanze ma ci riesce solo parzialmente, sprecando la pole position e concludendo soltanto quarto. A vincere in una gara ritardata a causa della pioggia è il nordirlandese John Watson che dà alla Penske motorizzata Ford il primo e unico successo in Formula 1, nonché l'ultimo di una squadra americana nella massima competizione automobilistica. Sul podio salgono anche Jacques Laffite (Ligier-Matra) e Gunnar Nilsson (Lotus-Ford). Per Watson la vittoria significa il taglio della barba per una scommessa con il caposquadra Roger Penske. A Zeltweg si chiude anche la carriera in Formula 1 di Lella Lombardi, seconda e ultima donna a correre in un Gran Premio della massima categoria, l'unica ad aver conquistato un piazzamento a punti (sesto posto nel Gran Premio di Spagna 1975.

Austria 1982

Trascorrono sei anni e il Gran Premio d'Austria torna a corrersi la domenica di Ferragosto e anche stavolta la Formula 1 ci arriva dopo un weekend drammatico in Germania. Il Nurburgring è territorio off limits per la massima competizione automobilistica quindi la gara tedesca si è corsa a Hockenheim dove, nelle prove libere del sabato, la Ferrari di Didier Pironi ha tamponato la Renault di Alain Prost, è volata in aria ed è ricaduta sul musetto, disintegrandolo. Il francese, leader del mondiale, è rimasto gravemente ferito e così la Scuderia si presenta a Zeltweg con un solo pilota, Patrick Tambay, a sua volta arrivato dopo Imola per sostituire lo scomparso Gilles Villeneuve. Con quattro gare alla fine è un'occasione per tutti gli inseguitori di Pironi per accorciare le distanze e chi ne approfitta di più è Keke Rosberg, che si piazza secondo per un soffio: i 50 centesimi che lo separano dal vincitore, Elio de Angelis (Lotus) gli costano tre punti ma nelle restanti gare il finlandese riuscirà comunque ad accumularne a sufficienza per superare il ferrarista e laurearsi campione del mondo. In Austria Tambay coglie un buon quarto posto portando a casa tre punti che saranno preziosi per la Ferrari, almeno per aggiudicarsi il titolo Costruttori.

De Angelis conquista un successo alla vigilia totalmente insperato, anche perché la sua Lotus dispone ancora del motore Ford aspirato nell'anno che vede i turbo dimostrare chiaramente la loro superiorità prestazionale: peraltro anche gli altri due colleghi sul podio – il già citato Rosberg e il francese Jacques Laffite -  hanno vetture non sovralimentate.

Ungheria 1993

Dal 1986 la Formula 1 ha attraversato la Cortina di Ferro e ha piantato la sua bandierina all'Hungaroring, un tracciato tortuoso dove i sorpassi sono merce rara: la gara si disputa sin dall'inizio in piena estate e prende il posto dell'Austria come un classico di metà agosto. Nel 1993 il muro di Berlino è caduto, l'Unione Sovietica è collassata e Budapest assomiglia sempre più a una capitale occidentale ma c'è ancora un po' nell'aria la sensazione di andare dall'altra parte, vuoi per la lingua vuoi perché i tifosi spesso vengono da Paesi diversi, come Finlandia e Polonia, attirati da un'offerta turistica ancora a buon mercato. Il 1993 è, come il precedente, un anno di dominio assoluto della Williams, con Alain Prost, tornato dopo un anno sabbatico, in predicato di vincere il quarto titolo iridato della sua carriera. A Budapest il francese arriva con ben sette vittorie all'attivo nelle prime dieci gare della stagione: solo Senna, con tre successi, prova ad opporsi ma con relativo successo. I due grandi avversari stavolta però rimangono entrambi a secco, ritirandosi l'uno (Senna) al giro 17 e l'altro (Prost) finendo dodicesimo e ultimo a sette giri dopo essere rimasto fermo al via del giro di formazione partendo dalla pole position. Ne approfitta così il compagno di squadra di Prost, l'inglese Damon Hill, che vince il suo primo Gran Premio, imponendosi su Riccardo Patrese (Benetton) e Gerhard Berger (Ferrari). Hill vincerà anche le due gare successive (Spa e Monza) e prenderà il volo per una carriera che lo porterà, nel 1996, a diventare la prima coppia di piloti padre e figlio a laurearsi campione del mondo: il padre Graham si era imposto nel 1962 con la BRM e nel 1968 con la Lotus, Damon lo farà con un'altra squadra inglese, la Williams.

Ungheria 1999

Nel 1999 la Formula 1 arriva in Ungheria con un leader della classifica del tutto inaspettato. Non tanto per la squadra in cui milita, quella Ferrari che ormai da tre anni è tornata a lottare per il Mondiale, ma perché è il numero 2, il nordirlandese Eddie Irvine, costretto dagli eventi – Michael Schumacher è fuori gioco dopo l'incidente di Silverstone – a prendere le redini del Cavallino Rampante. Eddie, che già si era imposto in Australia nella gara iniziale della stagione, ha reagito alla grande e ha vinto due gare consecutive, in Austria e in Germania e si presenta a Budapest con un vantaggio di otto punti su Mika Hakkinen. In qualifica il finlandese della McLaren, campione in carica, conquista la pole ma Irvine non è lontano e conquista la prima fila. Al via però Hakkinen s'invola e non ha avversari, conquistando un successo fondamentale. Irvine deve più che altro preoccuparsi di difendere il secondo posto dagli attacchi di Coulthard e sembra riuscirci, almeno fino al giro 63 dei 77 previsti, quando a causa di un errore alla curva 5 si lascia superare dallo scozzese e chiude al terzo posto. Il sogno mondiale del ferrarista comincia a sgretolarsi proprio lì, in Ungheria, anche se il verdetto finale è rimandato a Suzuka, ultima gara dell'anno, dove arriva di nuovo in testa alla classifica: ma questa è un'altra storia.

Ungheria 2004

L'ultimo Gran Premio ferragostano si disputa nel 2004, in una stagione colorata di rosso Ferrari. Michael Schumacher vi arriva sull'onda di undici vittorie su dodici: solo a Monaco un pilota diverso, Jarno Trulli, è riuscito a salire sul gradino più alto del podio. Un anno prima Michael e la Ferrari avevano subito all'Hungaroring una batosta formidabile con l'onta del doppiaggio subito dal campione tedesco per mano di Fernando Alonso e, nonostante la corsa ai titoli iridati nel 2004 sia senza avversari, c'è gran voglia di rivincita. Michael è “on fire”: conquista la pole e accanto a lui in griglia c'è il compagno di squadra Rubens Barrichello. La gara non ha storia, con i due ferraristi che dominano in lungo e in largo e arrivano alla bandiera a scacchi separati da meno di cinque secondi. L'avversario più vicino, Alonso, è terzo con un distacco abissale (44”). Con questo successo la Ferrari si assicura il titolo Costruttori (il sesto consecutivo) e la certezza che sarà uno dei suoi due piloti a diventare campione del mondo: la pratica verrà sbrigata due settimane più tardi a Spa, quando Michael, secondo dietro Raikkonen, diventa iridato per la settima volta nella sua carriera. Già tre anni prima la Scuderia di Maranello aveva vinto i titoli a Budapest e tutti in squadra si aspettano di celebrare il nuovo trionfo nella capitale ungherese ma Jean Todt è di tutt'altro avviso: vuole che la festa si faccia a Maranello, insieme a tutta la Gestione Sportiva, così fa organizzare in fretta e furia un ricevimento per mille persone sulla pista di Fiorano per il giorno successivo. Qualcuno in Ungheria avrebbe preferito restare sulle rive del Danubio ma nessuno osa mettere in discussione la scelta!