On this week #4 - Hawthorn, un campione del mondo inseguito dalla morte
Il 22 gennaio 1959 moriva, vittima di un incidente stradale nel Surrey (Inghilterra), Mike Hawthorn, campione del mondo di Formula 1 nel 1958. Nato a Mexbourough (Inghilterra), il 10 aprile 1929, il pilota inglese si era ritirato dalle corse pochi mesi prima, proprio al termine della stagione che lo aveva visto trionfare nella massima competizione iridata al volante di una Ferrari. Una malattia incurabile al fegato gli lasciava comunque pochi anni di vita ma il destino agì in maniera diversa.
Nel campionato 1958 Hawthorn vinse solamente un Gran Premio, quello di Francia, ma dimostrò una straordinaria regolarità, ottenendo punti in tutte le altre nove gare disputate: nella classifica finale superò di appena un punto Sir Stirling Moss (Vanwall), che di Gran Premi ne aveva vinti ben quattro. Nell'ultima gara, il Gran Premio del Marocco, decisivo fu l'aiuto del suo compagno di squadra, l'americano Phil Hill, che lasciò passare l'inglese che finì così il Gran Premio al secondo posto alle spalle di Moss, piazzamento sufficiente a garantirgli il titolo.
Hawthorn disputò in totale 45 Gran Premi, con un bilancio di tre vittorie, quattro pole position, sei giri più veloci in gara e 18 piazzamenti sul podio. I tre successi arrivarono tutti alla guida di una Ferrari: due a Reims (Francia), nel 1953 e nel 1958, e uno a Barcellona, nel 1954.
Nel palmarés di Hawthorn figura anche un successo con la Jaguar nella 24 Ore di Le Mans in quell'edizione 1955 funestata da un terribile incidente – innescato involontariamente proprio da una manovra dell'inglese – che provocò la morte del pilota francese Pierre Levegh e di 83 spettatori, uccisi dai detriti della sua Mercedes e dalle fiamme in cui fu avvolta la vettura.
Un'altra tragica morte che segnò la carriera di Hawthorn fu quella del suo compagno di squadra Luigi Musso, finito fuori pista nel tentativo di superarlo durante quel Gran Premio di Francia del 1958 che fu l'ultima vittoria dell'inglese. “Su quell'incidente con Mike Hawthorn pochissimo si è scritto e abbastanza si è detto” -scrisse Enzo Ferrari nel suo libro ‘Piloti, che gente' – “Resta un fatto: quando l'ansia della vittoria pervade un pilota generoso, è facile ch'egli affronti rischi non calcolabili, soprattutto quando l'antagonista diretto è animato dalla medesima ostinata volontà di successo. […] In quella curva si trovarono due uomini, compagni di scuderia, al volante di due vetture ugualmente potenti, con una identica ansiosa volontà di vincere”.
Noto per correre sempre con un elegantissimo papillon nero, Hawthorn era, sempre nelle parole di Enzo Ferrari, “un pilota sconcertante per le sue possibilità e la sua discontinuità. Un giovane capace di affrontare e risolvere qualunque situazione con un coraggio freddo e calcolato, con una prontezza eccezionale, ma incline anche a cadere vittima di paurosi cedimenti. […] Occorre aggiungere, a suo maggior merito, che la sua salute non era pari alla sua figura fisica. Ma era uno svagato intelligente e con l'intelligenza suppliva alle sue lacune”.