On this week #39: Mika Hakkinen | Pirelli

On this week #39: Mika Hakkinen

 

Il 28 settembre 1968 nasce a Vantaa, in Finlandia, Mika Hakkinen, due volte campione del mondo in Formula 1 (1998 e 1999). Figlio di un operatore radiofonico e tassista e di una segretaria d'azienda, il piccolo Mika iniziò molto presto ad appassionarsi ai kart, dimostrando di avere un talento notevole. I crescenti successi, prima a livello nazionale e poi in Scandinavia e nel resto d'Europa, cominciarono a distoglierlo presto dagli studi finché, nel 1986, attirò l'attenzione di Keke Rosberg, campione del mondo di F1 nel 1982, che si offrì di fargli da manager e mentore nell'approccio alle corse con le monoposto. In un paese dove il rally era sempre stato lo sport automobilistico nazionale per eccellenza, Rosberg aveva aperto una breccia diventando il primo pilota finlandese a correre stabilmente, e a vincere, in Formula 1: con la sua guida, il giovane Mika nel 1986 iniziò a competere in Formula Ford con una Reynard acquistata dal connazionale JJ Lehto, più grande di lui di un paio d'anni – nelle serie scandinave di questo campionato – Finlandia, Svezia e Nordic – vincendole tutte e tre.

Nel 1988 Mika vinse il campionato Opel Lotus Euroseries e, due anni dopo, il titolo in quel campionato britannico di Formula 3 che, all'epoca, era una delle porte principali per entrare in Formula 1. Sempre nel 1990 si era guadagnato sul campo la sponsorizzazione della Marlboro, entrando a far parte del World Championship Team grazie alla velocità dimostrata in un test davanti ad un gruppo di selezionatori di cui, fra gli altri, facevano parte Ron Dennis e James Hunt. Alla fine di quell'anno il finlandese si scontrò – anche di fatto – per la prima volta con quello che qualche anno dopo sarebbe diventato il suo avversario più grande: Michael Schumacher. Il palcoscenico fu quello affascinante e prestigioso di Macao, dove si svolgeva il Gran Premio di Formula 3 più importante dell'anno: nella seconda e ultima gara Mika, nel tentativo di superare Michael e di vincere così la classifica aggregata tamponò all'ultimo giro la monoposto del tedesco e finì contro le barriere, lasciandogli la gloria del successo.

Il 1991 vide il finlandese fare il suo debutto in un test di Formula 1 con una Benetton ma, dubbioso sulle sue prospettive nel team italo-inglese, si lasciò attirare dall'offerta pluriennale della Lotus e debuttò così nella massima serie a Phoenix. La squadra non era però più competitiva come fino a pochi anni prima e aveva intrapreso un declino inarrestabile quindi i risultati non furono commisurati al talento di Hakkinen. Ciononostante, la sua velocità non rimase ignorata, soprattutto da quel Ron Dennis che già lo aveva conosciuto da vicino. Mika, dal canto suo, cominciava a sentirsi stretto nel team e iniziò a trattare con la Williams e poi con la Ligier ma, per motivi legali e commerciali, non riuscì a concludere con nessuna delle due squadre. Ci riuscì, infine, proprio con la McLaren e grazie alla fiducia che Dennis gli aveva dato, impegnandosi anche in una disputa con la Lotus risolta solamente davanti al Contract Recognition Board: dal 1993 divenne un pilota della squadra di Woking e lo sarebbe rimasto fino al ritiro, alla fine del 2001.

Il primo anno però Mika lo trascorse a lungo in panchina, subentrando proprio nel finale all'americano Michael Andretti. Per le ultime tre gare della stagione Mika si trovò quindi a fianco di un mito come Ayrton Senna che, proprio in quelle settimane, stava chiudendo la sua gloriosa storia in McLaren prima del passaggio alla Williams. Non si fece però impressionare dal tre volte campione del mondo, tanto che all'esordio all'Estoril si permise di stargli davanti in qualifica (terzo tempo Hakkinen, quarto Senna) e poi salì insieme a lui sul podio la gara dopo a Suzuka (primo il brasiliano, terzo il finlandese).

Partito Senna, il 1994 fu per la McLaren un anno di transizione, con un matrimonio con il motorista Peugeot che stentò a decollare consumandosi già al primo anno. Mika divenne la prima guida e salì altre sei volte sul podio ma si distinse anche per la sua irruenza e per una serie di incidenti che, alla fine, gli valsero un Gran Premio di squalifica. Nel 1995 la McLaren iniziò il lungo e fruttuoso sodalizio con la Mercedes ma la vettura non era ancora all'altezza, tanto che i podi stagionali di Mika scesero a due, a Monza e a Suzuka, ma il peggio arrivò alla fine. Durante le prove libere ad Adelaide, l'ultima tappa, alcuni detriti provocarono una foratura che fece perdere al pilota il controllo della vettura, che volò a più di duecento all'ora contro le barriere di protezione. L'impatto fu terribile e le squadre di soccorritori trovarono Hakkinen che perdeva copiosamente sangue dalla bocca e aveva gravi difficoltà di respirazione: i medici, guidati da Sid Watkins, eseguirono sul posto una tracheotomia che gli salvò la vita. Ci volle tempo per recuperare dal punto di vista fisico e i dubbi sul suo futuro agonistico non tardarono ad arrivare. Un test privato organizzato al Paul Ricard (Francia) dalla McLaren all'inizio del 1996 li spazzò via: Mika era veloce come prima.

Il biennio successivo fu caratterizzato da una crescita lenta ma costante del pacchetto Hakkinen-McLaren-Mercedes, ancora costellata da qualche incidente di troppo e da qualche problema di affidabilità che, come a Silverstone, Spielberg e Nürburgring nel 1997, sembravano congiurare per impedire al finlandese di vincere il suo primo Gran Premio. Dovette aspettare la sua novantanovesima presenza in un Gran Premio per sfatare il tabù e non lo fece in modo particolarmente glorioso: a Jerez, in quel Gran Premio d'Europa passato alla storia per la collisione fra Michael Schumacher e Jacques Villeneuve, fu proprio il canadese, cui bastava comunque arrivare terzo, a lasciar passare il finlandese (e anche il suo compagno di squadra David Coulthard) all'ultimo giro, anche in virtù di un patto non scritto di collaborazione fra Williams e McLaren in funzione anti-Ferrari.

Da lì in avanti, iniziò una nuova fase della carriera per Mika. La McLaren 1998 era una vettura straordinaria e il finlandese la fece rendere al meglio: otto vittorie, nove pole position e undici piazzamenti sul podio lo portarono dritto al titolo iridato, nonostante la strenua resistenza di Schumacher, che portò comunque avanti la sua battaglia fino all'ultimo Gran Premio a Suzuka. Proprio la magica pista giapponese sarebbe diventata il luogo simbolo della rivalità fra i due piloti in quel triennio di fine millennio. Nel 1998 a Michael serviva vincere e mettere anche almeno un altro pilota fra sé e il finlandese ma il ferrarista fece spegnere la sua monoposto alla partenza e a nulla valse la successiva rimonta: l'esplosione di uno pneumatico lo costrinse al ritiro e consegnò il titolo a Hakkinen. Nel 1999 Schumacher fu messo fuorigioco dalla lotta iridata dall'incidente di Silverstone ma il suo compagno di squadra, Eddie Irvine, arrivò in Giappone in testa alla classifica con quattro punti di margine sul finlandese e, soprattutto, con il supporto di uno Schumacher tornato in forma splendida dalla convalescenza, come si era visto due settimane prima in Malesia in un Gran Premio comunque caratterizzato dalle polemiche per il deflettore della Ferrari, prima giudicato irregolare e poi riammesso in appello, con conseguente restituzione della doppietta e rinvio all'ultima gara della lotta per i due titoli. Il campione in carica doveva vincere per essere sicuro del bis e, nonostante Schumacher si fosse aggiudicato la pole position, mise subito in chiaro le cose bruciandolo in partenza e andandosene in fuga. Alle sue spalle, Michael non riuscì più a metterne in discussione il successo, tirando i remi in barca nel finale: troppo importante arrivare in fondo per lui e per la squadra, portando a Maranello almeno il titolo Costruttori.

Nel 2000 Suzuka non fu però altrettanto favorevole per Hakkinen. La Ferrari finalmente aveva una vettura competitiva ai massimi livelli e, con un inizio di stagione fulminante, Schumacher si portò nettamente in testa al Mondiale. Poi, all'inizio dell'estate, un blackout di risultati (zero punti in quattro gare, da Montreal a Hockenheim) riportò sotto Hakkinen che in Ungheria tornò in testa e poi, grazie ad uno dei sorpassi più famosi di tutta la storia della Formula 1 – quello sul rettilineo del Kemmel a Spa, col doppiato Zonta superato a sinistra da Schumacher e con il finlandese che passò entrambi in un colpo solo passando a destra – prese un margine di otto punti con quattro gare da disputare. La risposta di Schumacher e della Ferrari fu allora decisiva: vittoria a Monza davanti ad Hakkinen e successo ad Indianapolis nel ritorno della F1 negli USA, col finlandese costretto al ritiro per un problema al motore. A Suzuka, stavolta penultima gara, il tedesco aveva il primo match-point e, nonostante ancora una volta Hakkinen fosse stato più bravo di lui alla partenza pur partendo dalla seconda posizione, stavolta la rimonta si completò, dando così al tedesco il suo terzo titolo e alla Ferrari la possibilità di interrompere un digiuno di 21 anni.

Nel 2001, la superiorità di Maranello divenne più netta e, nei fatti, la McLaren poté far poco per contrastarla. Hakkinen vinse comunque due gare ma il suo fuoco per le corse cominciò ad affievolirsi, tanto che alla fine della stagione annunciò che si sarebbe preso un anno sabbatico per passare più tempo con la famiglia, poi trasformatosi nove mesi più tardi in un ritiro, perlomeno dalla Formula 1. Infatti, nonostante alcune voci che saltuariamente riemergevano in base alle traversie in casa McLaren, il finlandese tornò sì a correre ma in competizioni a ruote coperte. Dopo un paio di apparizioni nei rally, Hakkinen entrò stabilmente nella squadra ufficiale della HWA nel DTM dove rimase per tre stagioni, con un discreto successo (tre vittorie e altri cinque podi).

Oggi Mika frequenta ancora di tanto in tanto il paddock dei Gran Premi ed è sempre circondato da un grandissimo rispetto e considerazione, dai tifosi, dai media e, soprattutto dai suoi colleghi, sia quelli del passato che quelli oggi in pista. Più che le parole, per il “Finlandese Volante” hanno parlato i risultati: oltre ai due titoli mondiali, 20 vittorie, 26 pole position, 51 piazzamenti sul podio, 25 giri più veloci in gara. Negli undici anni di carriera in Formula 1 soltanto un pilota ha fatto meglio di lui e si chiama Michael Schumacher.