Nostalgia e speranza: il Brasile aspetta un nuovo pilota
La parola “saudade” è un termine portoghese, centrale nella cultura brasiliana, che rappresenta un sentimento profondo e complesso di nostalgia, malinconia e desiderio. È spesso associata alla mancanza di qualcuno o qualcosa che non è più presente, o a un momento felice che non può essere rivissuto. La “saudade” va oltre la semplice nostalgia; implica anche un senso di speranza, un'intensità emotiva e un'attesa, come se la distanza o la perdita fossero accompagnate dalla speranza di un ritorno, anche se questo è improbabile.
Se c'è uno sport in Brasile dove la “saudade” si fa sentire in maniera più acuta è proprio la Formula 1. Sono sette stagioni che non c'è più un pilota brasiliano titolare in un team – l'ultimo è stato Felipe Massa in Williams nel 2017 – e sono passati 1.429 giorni dall'ultima volta in cui ce n'è stato uno sulla griglia di partenza di un Gran Premio (Pietro Fittipaldi con la Haas nel Gran Premio di Abu Dhabi 2020).
È un'assenza pesante, per quello che rappresenta il Brasile per la Formula 1 e viceversa. Dal 1970 al 2017 sono stati ventisette i piloti che hanno corso nella massima competizione automobilistica, accumulando in totale 778 presenze. Soprattutto, hanno conquistato otto titoli iridati (due con Emerson Fittipaldi, tre ciascuno con Ayrton Senna e Nelson Piquet), 101 vittorie, 126 pole position e 293 piazzamenti sul podio. Un pezzo fondamentale della storia di questo sport è nato in Brasile ma da anni non sventola più nessuna bandiera brasiliana per supportare un pilota verdeoro. E dire che nel 2010, non un'era geologica fa, ce n'erano ancora quattro – oltre al già citato Massa allora alla Ferrari Rubens Barrichello alla Williams, Lucas di Grassi alla Virgin e Bruno Senna alla HRT. Da lì in avanti la linfa si è esaurita progressivamente e non è bastata certamente a tenerla viva il ruolo di pilota di riserva della Haas di Pietro Fittipaldi, nipote di Emerson, peraltro nato a Miami e con passaporto USA.
È un problema non soltanto in Brasile ma per tutto lo sport. Perché il peso del paese sudamericano in termini di audience è molto rilevante. Per tanti anni, quando i Gran Premi erano trasmessi in chiaro su Rede Globo, il Brasile è stato il mercato televisivo più grande, cosa che non è più così da quando, nel 2021, i diritti sono stati acquisiti da TV Bandeirantes con un contratto poi rinnovato fino al 2025. Intendiamoci, Band TV assicura un'ottima copertura, in termini di qualità e di quantità di ore di trasmissione – queste ultime superiori a quelle di Rede Globo – ma il bacino d'utenza non raggiunge le vette della rete televisiva che ha reso il telecronista Galvao Bueno famoso nel motorsport quasi quanto Murray Walker, entrambi diventati delle icone ben oltre i confini della loro nazione.
Non c'è dubbio che nella scelta di Rede Globo di lasciare alla concorrenza i diritti televisivi della F1 abbia pesato anche la mancanza di un pilota brasiliano in pista. Così come non c'è dubbio che un'audience più limitata abbia, a lungo termine, influito non tanto sulla pura passione per lo sport – oggi la F1 si fruisce sempre di più anche attraverso altre piattaforme, soprattutto social – quanto sull'interesse di potenziali sponsor, fondamentali per far crescere una platea di giovani piloti nelle categorie da cui far emergere i migliori talenti e accompagnarli fino alla vetta. È una specie di circolo vizioso: non ci sono piloti, cala l'audience, calano gli sponsor, non crescono talenti, nessuno arriva in Formula 1.
A tenere in vita, almeno parzialmente, la passione dei brasiliani per la F1 è stato in questi ultimi anni un pilota che, curiosamente, ha inflitto ai tifosi una delle delusioni sportive più cocenti: Lewis Hamilton, proprio colui che, il 2 novembre di 16 anni, fa strappò via a Felipe Massa il sogno di essere il quarto campione del mondo del suo Paese, assaporato per quasi quaranta secondi.
“Quando si ritirò Felipe mi dissero che avrei dovuto smettere di fare la giornalista di Formula 1 perché senza un pilota brasiliano nessuno avrebbe più seguito questo sport. Eppure, sono ancora qui!” – racconta Julianne Cerasoli, l'unica giornalista brasiliana sempre presente in pista in tutti i Gran Premi – “E' vero che non c'è più un nostro pilota ma è altrettanto vero che quando Lewis si è avvolto nella bandiera brasiliana nel Gran Premio del 2021, alla fine di una delle vittorie più belle della sua carriera, ha suscitato delle emozioni incredibili ed è come se fosse diventato uno di noi. La sua connessione con il Brasile era lì, latente, ma quella vittoria l'ha fatta esplodere in maniera straordinaria”.
Non è un caso che, un anno dopo, il parlamento brasiliano abbia concesso a Lewis la cittadinanza onoraria però, per quanto forte sia questo rapporto – già immaginiamo i brividi che proveranno i tifosi sabato dopo le qualifiche nel vedere il sette volte campione del mondo girare con la McLaren con cui Ayrton vinse il titolo nel 1990 – sarebbe tutta un'altra cosa se ci fosse un pilota brasiliano di nuovo in Formula 1. Come ricordato all'inizio, nella parola “saudade” è insito un senso di speranza. E la speranza, oggi, ha un nome e un cognome: Gabriel Bortoleto.
Da poco più di due settimane ha compiuto vent'anni ed è la migliore chance che il Brasile ha di tornare in F1. Vincitore del titolo in F3 lo scorso anno, Gabriel è in testa al campionato di F2 in questa stagione con 4.5 lunghezze di vantaggio sul francese Isack Hadjar, uno dei talenti del programma giovani della Red Bull, quando mancano due round – Qatar e Abu Dhabi – alla fine. Bortoleto fa parte dell'accademia della McLaren, un team che ha due piloti titolari ancora molto giovani e già affermati come Lando Norris e Oscar Piastri. È quindi abbastanza naturale che ci si interroghi su quale possa essere il suo futuro, visto che se dovesse vincere anche in F2 non potrebbe continuare a correre nella categoria. Il suo nome è associato sempre più frequentemente a quello della Sauber – conseguente, della Audi – che deve ancora ufficializzare chi sarà accanto a Nico Hulkenberg nel 2025.
Nella sua città natale Gabriel ha ricevuto giovedì una bella spinta da due possibili futuri colleghi. “Sta facendo un ottimo lavoro. Se vinci da rookie in F3 e sei vicino a ripeterti in F2 meriti di essere in F1” – ha detto Oscar Piastri – “Sono passato attraverso l'esperienza di non riuscire a trovare un sedile e spero per lui che non accada lo stesso.”
“Se fossi nella Sauber, lo avrei già messo sotto contratto” – ha aggiunto Max Verstappen – “Con il grande cambiamento di regolamento fra due anni è sempre meglio abituarsi ad una squadra, fare i tuoi errori qui e là, integrarsi, conoscere la macchina. Così ti senti molto più preparato e a tuo agio quando si riparte nel 2026”.
Farebbe la differenza per il Brasile quindi avere Bortoleto in griglia a Melbourne l'anno prossimo? “Sicuramente! Basta vedere quello che sta succedendo in Argentina con Colapinto” – conclude Cerasoli – “Pensa cosa potrebbe accadere da noi nel prossimo futuro…”