Gp di Silverstone: le curve più veloci della F1
In soldoni: siamo di fronte alle curve più veloci della Formula 1. E quindi delle corse. Non è una novità, a essere sinceri. Fin da quando nel 1950 il circuito inglese ospitò la prima gara del nascente Mondiale F1, la sua caratteristica numero uno era la velocità folle consentita dalla sua conformazione. Nasceva, del resto, da un aeroporto militare. Da quei rettilinei di asfalto, soltanto cinque anni prima, decollavano i Wellington bomber della RAF che portarono alla vittoria anglo-americana che chiuse la Seconda Guerra Mondiale. Nell'immediato dopoguerra bastò raccordare con qualche curva pezzi di quelle piste aeronautiche ed ecco bell'e pronto un circuito dove sfogare la voglia di velocità su quattro ruote, una passione storica d'oltremanica.
Da allora, da subito, Silverstone ha significato velocità. Non come a Monza, dove da quasi sempre si superano clamorosamente i 300 all'ora nel rettilineo davanti ai box ma dove vere curve da brivido (specialmente da quando negli Anni Settanta comparvero le chicane) non ce ne sono più. A Silverstone è proprio in curva, che si vola. Curve larghe, su un asfalto non sempre piatto come un biliardo ma che consente varie traiettorie e correzioni, si è scritta la storia dei Gran Premi. Pagine e pagine di monoposto con carico aerodinamico limitato, ali piatte e tanto ottimismo da parte del pilota che si trovava quasi a surfare al volante di F1 ultre veloci ma anche leggere e sensibili al minimo colpo di vento, con derive laterali da correggere con controsterzi da manuale.
Nel 1987, ovvero la bellezza di 32 anni fa, la Williams motorizzata dal prepotente turbo Honda portò Nelson Piquet a firmare una pole position quasi paradossale: 256,315 kmh! Fu un colpo quasi da KO per l'orgoglio da corsa inglese: l'altra Williams era nelle mani dell'eroe di casa Nigel Mansell, che il GP Gran Bretagna (ma a Brands Hatch) aveva dominato l'anno precedente e che ora era in lizza per il titolo iridato sfuggitogli l'anno prima a causa di un pneumatico esploso nel bel mezzo dell'ultima gara, in Australia.
Questo diede vita a uno dei più indimenticabili Gran Premi di sempre. Attardato in gara da un problema a una ruota, Mansell si ritrovò in quel 1987 con il compito proibitivo di recuperare manciate di secondi sul compagno-nemico Piquet. E a pari monoposto! Vi riuscì. Raggiunta finalmente la Williams del brasiliano, in preda a una vera e propria furia agonistica e con il computer di bordo che lo avvisava di come a quel passo il carburante non gli sarebbe bastato per arrivare alla bandiera a scacchi, Nigel sverniciò Piquet con un sorpasso da cineteca a oltre 250 al'ora alla curva Stowe. Quindi, nel tripudio delle tribune impazzite andò a vincere non senza un record sul giro a oltre 246 all'ora, a oggi il giro in gara più veloce di sempre a Silverstone, salvo poi piantarsi in mezzo al circuito appena dopo la bandiera a scacchi. Benzina finita, appunto.
E siamo a oggi. La Silverstone attuale misura 5891 metri, contro i 4778 di allora. Colpa di una serie infinita di chicane e curvette lente che hanno sfigurato il circuito da aerei con ruote che era a quei tempi. Eppure, nonostante un chilometro abbondante in più di asfalto, la pole position di un anno fa (Hamilton, Mercedes) è maturata a oltre 246 chilometri l'ora. Proprio come il giro più veloce in gara segnato da Mansell 32 anni fa. E dato che la Formula 2019 sta dimostrando di essere sempre più veloce di quanto fosse un anno fa, il dato potrebbe essere ritoccato verso il basso.
Tutto questo, come si diceva, con tratti lenti e chicane in più rispetto a quel passato di sei semplici rettilinei raccondate da curve da brivido. Ma alcune di quelle curve folli ci sono ancora, ed evidentemente le si affronta a velocità ancora più folli di un tempo. Capito perché sono definite le più esigenti della stagione?...