F1, Hungaroring. Divieto di sorpasso ma non sempre | Pirelli

F1, Hungaroring. Divieto di sorpasso ma non sempre

F1, Ungaroring. Divieto di sorpasso ma non sempre 01
F1, Ungaroring. Divieto di sorpasso ma non sempre 01

 

All'Hungaroring non si sorpassa. Che è un po' come dire che a Londra piove sempre, o che non ci sono più le mezze stagioni. Ma se ragioniamo su grandi numeri, l'affermazione non è troppo lontana dal vero. 

Su 33 edizioni disputate fino a tutto il 2018, 15 volte ha vinto chi è partito dalla pole position e in altre sei occasioni ha trionfato chi è partito dalla seconda piazza in prima fila sullo schieramento. Non è una dimostrazione matematica del nostro assunto, ma senza dubbio chi in Ungheria parte davanti a tutti ha un bel po' di possibilità in più di tenere tutti dietro fino alla bandiera a scacchi. Ma come in quasi tutte le storie di tendenza, anche in questo caso l'eccezione è dietro l'angolo, e a volte regala pagine di grandissimo automobilismo.

Partiamo dal 1986, anno d'esordio della gara di Budapest nel campionato mondiale. Già la gara è un evento in sé: la Formula 1 ha perforato quella che a quei tempi è ancora definita Cortina di ferro. A poche centinaia di chilometri il Muro di Berlino, il separatismo comunista di paesi quali Romania e Bulgaria raccontano ancora di un Est europeo diviso con la scure dal resto d'Europa molto più filo occidentale. I giornalisti di mezzo mondo che approdano nella capitale magiara raccontano di vetrine dei negozi ancora desolatamente vuote di articoli, anche se meno che nelle nazioni vicine già accennate. A due passi dal Ponte delle Catene, simbolo storico sospeso sul Danubio, fanno ancora mostra di sé muri di palazzi storici con buchi di artiglieria risalenti alla Seconda Guerra Mondiale. Ma a nord-est di Budapest, in mezzo alla campagna ondulata attorno all'abitato quasi rurale di Mogyoròd, sorge il circuito dell'Hungaroring: massima concessione al consumismo e alla moda occidentale, anche se capo del servizio stampa per i giorni del Gran Premio viene messo un militare. Anzi, una militare: Erika Laszlo, che dirige a bacchetta decine di collaboratori che sanno a malapena che cos'è un fax. I pc per scrivere e trasmettere, infatti, erano infatti parte della futurologia della comunicazione.

 

F1, Ungaroring. Divieto di sorpasso ma non sempre 02
F1, Ungaroring. Divieto di sorpasso ma non sempre 02

 

Ma concentriamoci sulla gara. Senna in pole position con la Lotus, e questa non è una sorpresa dato che il giovane pilota brasiliano è già il punto di riferimento quando si tratta del giro volante. La Williams di Piquet accanto a lui in prima fila. Al via Senna saluta tutti e se ne va al comando. La sua Lotus è visibilmente meno veloce della Williams di Piquet, ma la conformazione del circuito gli dà una bella mano. L'Hungaroring, infatti, non è soltanto un circuito pieno di curve a raggio abbastanza stretto, nessuna veloce dove -come si dice in gergo- fare andare via la monoposto e giocarsela su traiettorie larghe al limite dell'adenrenza. In curva, infatti, la traiettoria di asfalto pulito è unica e stretta: uscirne per avventurarsi in un tentativo di sorpasso significa iniziare a scivolare, spesso in quel tipico caldo ferragostano che fa sembrare tutto appiccicoso. Senna, comunque, domina per 31 giri. Alle sue spalle Piquet si agita ma non trova un varco: neanche il quasi chilometro del rettilineo in discesa davanti ai box lo aiuta a trovare quello spunto per attaccarlo nel curvone in fondo al dritto, largo ma in contropendenza e quindi pericolosissimo. 

Alla fine del giro 31, comunque, Piquet ci trova. Senna è bravissimo a difendere l'interno e la Williams si avventura in una traiettoria esterna a velocità follemente sopra le righe, tant'è che il pilota deve gestirla con uno controsterzo di stampo rallistico e comunque Senna riesce a difendere e a mantenere la leadership. Sembra che basti così: Piquet ha rischiato moltissimo e gli è andata bene; meglio rassegnarsi. Ma i campioni hanno un DNA diverso, e al giro successivo nuovo attacco. Identico. Sempre all'esterno; sempre in controsterzo folle ma questa volta riuscendo a tenere il pedale del gas imbullonato verso il basso e a completare un sorpasso da cineteca. A memoria, Senna non ne subirà mai più uno così. E non riuscirà più a reagire, accontentandosi del secondo posto sotto la bandiera a scacchi.

Se si ricorda con tutti questi dettagli quel sorpasso e quella vittoria, è perché in Ungheria di sorpassi se ne vedono davvero abbastanza pochi. Ma nel 1989, altra eccezione. Il Mondiale è targato Williams e McLaren, e infatti Patrese e Senna le rappresentano conquistando rispettivamente la pole e il secondo posto al via. Ma dalla sesta fila scatta Nigel Mansell, con una Ferrari abbastanza moscia in qualifica: due secondi e due decimi rimediati dalla pole, anche se l'altra Rossa parte con Berger dalla sesta piazza grazie a un tempo di oltre mezzo secondo più veloce del compagno inglese. In gara, però, altra musica. Patrese domina: 52 giri indisturbato al comando finché la sua Williams inizia a fare le bizze e lo costringe a cedere il primo posto a Senna. Ma il vero spettacolo è dietro. Mansell è indemoniato: la sua Ferrari vola e gli consente sorpassi in tutti i punti del circuito, con traiettorie tutte sue e spesso al di là delle costrizioni di una pista lentissima e scivolosa. Al 57mo giro Nigel arriva come un tornado in scia alla McLaren di Senna. La avvicina all'inizio della lunga salita dietro i box, dove di solito i cavalli del turbo Honda costituiscono una garanzia assoluta. 

Ma la Ferrari vola. Quando Senna se le vede grande negli specchietti, è già troppo tardi. Tenta la mossa disperata di sfruttare in salita anche la scia della Onyx di Stefan Johansson in odore di doppiaggio. Mansell intuisce e si piazza a mezzo metro dalla ruota posteriore destra della McLaren, che quando raggiunge la Onyx scopre di non avere più spazio per buttarsi a destra ed è costretta a mollare il gas per evitare il tamponamento. 

Il resto è delirio rosso. Mansell sfila e va vincere con quasi mezzo minuto di vantaggio. Al muretto Ferrari non ci si capacita di una vittoria quasi epica: la più insperata. Quando Mansell scende dal podio con la coppa il team e soprattutto il direttore sportivo Cesare Fiorio lo travolgono in un abbraccio al limite del soffocamento.