Emerson Fittipaldi, il primo campione F1 brasiliano | Pirelli

On this week #50: Emerson Fittipaldi

 

Il 12 dicembre 1946 nasce a San Paolo del Brasile Emerson Fittipaldi. Origini italiane dal lato paterno – per la precisione della Basilicata - la famiglia Fittipaldi è da sempre legata allo sport. Il padre, Wilson, come poi sarà anche chiamato il primo dei figli, è un giornalista sportivo con la passione per le moto da corsa. Il motociclismo è la prima naturale palestra da corsa per il quindicenne Emerson ma rimane sempre a contatto con le quattro ruote grazie all'impegno nei kart del fratello maggiore, a cui fa da meccanico. Il padre non è intenzionato a finanziare le avventure sportive dei due figli ma loro si rendono autonomi fondando una loro officina per preparazioni sportive e permettendosi così di gareggiare nei campionati locali. Nel 1967 Emerson vince il titolo in Formula Vee con le monoposto preparate dalla loro azienda e il crescente successo lo mette di fronte ad un'alternativa: continuare gli studi di ingegneria in Brasile o tentare la scommessa delle corse tentando l'avventura in Inghilterra, la terra promessa all'epoca per ogni giovane speranza.

Solo e senza conoscere la lingua, Emerson arriva in Inghilterra e si dà da fare: compra una Formula Ford e inizia a vincere e lo stesso accade quando inizia a correre in Formula 3, dove conquista il titolo pur avendo perso le prime gare della stagione, tanto che Colin Chapman lo mette sotto contratto per correre per la Lotus in Formula 2 nel 1970.

Da lì in avanti i passi successivi sono sempre più veloci. Già a metà stagione, col debutto a Silverstone, Chapman inizia a schierarlo in Formula 1 con una terza monoposto, a fianco dei titolari Jochen Rindt e John Miles, ed Emerson in Germania inizia a ripagarlo con un ottimo quarto posto. A Monza, un tragico incidente si porta via Rindt e anche Miles, sconvolto, abbandona tanto che Emerson rimane praticamente il primo pilota del team. Il suo contributo è decisivo per dare all'austriaco un titolo iridato purtroppo postumo: alla penultima gara stagionale, a Watkins Glen, Emerson vince il Gran Premio degli USA dopo una rimonta impressionante, e impedisce a Jacky Ickx di dare corpo ad una rimonta che nemmeno il belga desidera completare.

Emerson diventa così il primo pilota brasiliano a vincere un Gran Premio valido per il Mondiale.

Per il suo Paese è qualcosa di incredibile. Già, perché fino ad allora la Formula 1 non ha mai suscitato un grande interesse in Brasile, al contrario di quanto avveniva in Argentina grazie alle imprese di Juan Manuel Fangio negli anni Cinquanta. Non è un caso che prima di Emerson soltanto tre piloti brasiliani – Chico Landi, Gino Bianco e Fritz d'Orey - avevano corso in un Gran Premio iridato, mettendo insieme soltanto 13 presenze senza mai salire sul podio.

Già nel 1971 il nome Fittipaldi è di traino per tutto il Brasile, che infatti punta ad avere un suo GP, obiettivo che si concretizzerà per la prima volta due anni dopo, a Interlagos. Il clima in Lotus è cambiato. Chapman si intestardisce nello sviluppo di una monoposto a turbina tanto rivoluzionaria quanto fallimentare e Fittipaldi non va oltre due terzi posti (Francia e Gran Bretagna), concludendo il mondiale al sesto posto, a grande distanza dal secondo titolo conquistato da Jackie Stewart. Sulla stagione influisce anche un brutto incidente stradale in cui viene coinvolto mentre attraversa la Francia insieme alla moglie Maria Helena, nel quale riporta delle ferite piuttosto serie.

Il 1972 è però l'anno buono. Con una Lotus molto migliorata e competitiva ai massimi livelli, vince cinque Gran Premi (Spagna, Belgio, Gran Bretagna, Austria e Monza) e si laurea campione con due gare di anticipo consentendo anche alla squadra di vincere il titolo Costruttori. A 26 anni non ancora compiuti diventa il campione iridato più giovane di sempre, un primato che Fernando Alonso gli toglierà soltanto nel 2005. A questo punto Emerson è una celebrità in Brasile, che gli tributa anche un film biografico dal titolo più che evocativo: “O fabuloso Fittipaldi”.

Nel 1973 Colin Chapman sceglie un giovane svedese per correre accanto al brasiliano: si chiama Ronnie Peterson. Emerson si accorge che è velocissimo, tanto che Peterson ottiene nove pole position contro una sola del campione in carica. Anche in gara Peterson vince di più (4 a 3 il conto delle vittorie) però Fittipaldi è più costante e riesce a prevalere in classifica ma non basta per il titolo, che va a Jackie Stewart.

Tanto in pista che fuori, il brasiliano si rivela molto analitico e capace di fare le scelte giuste, sia tattiche che strategiche. In un ambiente già pieno di prime donne, è un personaggio fresco e senza pretese, tanto da accattivarsi le simpatie di pubblico e stampa. È anche furbo e capisce che in Lotus la rivalità crescente con Peterson può essergli nociva e così accetta con entusiasmo la lucrosa offerta della McLaren per la stagione 1974. Mossa azzeccata, perché al volante della M23 Fittipaldi vince tre volte (Brasile, Belgio e Canada), sale sul podio in altre quattro occasioni e finisce in zona punti in altre tre gare: in un campionato equilibratissimo come quello gli sono sufficienti, grazie anche agli errori della Ferrari, per vincere il suo secondo titolo iridato e per dare alla McLaren il primo dei suoi nove titoli iridati.

Anche la stagione successiva vede la coppia Fittipaldi-McLaren competitiva ma stavolta la Ferrari è superiore tecnicamente e non commette sbagli ed Emerson deve cedere il passo ad un altro giovane austriaco, Niki Lauda. Il brasiliano vince due volte – in Argentina e in Gran Bretagna – ma nessuno può immaginare che quella di Silverstone sarà la sua ultima vittoria in Formula 1. Dopo due mondiali, 14 vittorie, sei pole position e 34 piazzamenti sul podio, Emerson decide a sorpresa di lasciare la McLaren per imbarcarsi in un'avventura al limite della temerarietà: creare una squadra brasiliana di Formula 1 insieme al fratello Wilson, la cui carriera in F1 non è stata altrettanto ricca di successi. La base sono i soldi della Copersucar, un'azienda che produceva e commercializzava zucchero per uso alimentare e come combustibile. Il progetto è un flop: nonostante il talento di un due volte campione del mondo, in cinque anni la Copersucar non arriva a raccogliere che un solo piazzamento sul podio (a Rio de Janeiro nel 1978). Non basta il cambio di nome in Fittipaldi nel 1980 a dare nuova linfa, nonostante la fusione di ciò che resta della Wolf, anche perché i soldi dello zucchero finiscono. Emerson in quell'anno abbandona il volante (in totale i Gran Premi disputati in carriera sono saliti a 144) per dirigere il team e cercare sponsor ma non basta a tenere in vita un sogno che, nel 1982, finisce definitivamente.

È l'anno del ritorno in patria e della fine del suo viaggio in Formula 1. Non però di quello nelle corse, perché nel 1984 Emerson debutta nel campionato americano CART (l'attuale IndyCar) e presto diventa nuovamente un idolo del pubblico. Con i colori del team Patrick Racing vince molto: nel 1989 addirittura la mitica 500 Miglia di Indianapolis e il titolo CART. Diventa Emmo, veneratissimo in America. Ripete la vittoria alla 500 Miglia 1993 e resta un mito delle corse a stelle e strisce fino al '96, quando un terribile incidente lo costringe a lasciare definitivamente il volante con una monoposto.

Dopo Wilson ed Emerson altri due Fittipaldi correranno in Formula 1: Christian, figlio di Wilson, pareciperà a 40 Gran Premi fra Minardi e Footwork dal 1992 al 1994, e il nipote Pietro, due volte al volante di una Haas per sostituire Romain Grosjean nel finale di stagione 2020.