Due gioielli della Corona | Pirelli

Due gioielli della Corona

 

Che cos'hanno in comune un circuito stretto e tortuoso lungo meno di quattro chilometri che si snoda sulle stradine di un Principato europeo affacciato sulla costa del Mediterraneo con uno ovale con sole quattro curve per un totale di due miglia e mezzo alle porte di una città quasi nel mezzo degli Stati Uniti? La risposta è triplice: il prestigio, la data e l'appartenenza a una corona.

 

Il Gran Premio di Monaco di Formula 1 e la 500 Miglia di Indianapolis sono, insieme alla 24 Ore di Le Mans, le singole corse più prestigiose nella storia dell'automobilismo sportivo e, ancora una volta, anche quest'anno si svolgono lo stesso fine settimana. Del resto, per entrambe le gare esiste una tradizione consolidata che vuole che siano organizzate il primo nel fine settimana successivo alla ricorrenza religiosa dell'Ascensione di Gesù e il secondo il giorno precedente al Memorial Day, la giornata in cui tutti gli Americani ricordano i caduti nella difesa della nazione. 

 

La coincidenza di date ha spesso imposto ai piloti di compiere scelte difficili, come fu il caso di Jim Clark nel 1965 quando rinunciò a correre a Monaco per provare a vincere, riuscendoci, per la Lotus la 500 Miglia o, in tempi molto più recenti, nel 2017, Fernando Alonso nel suo molto più infruttuoso tentativo di provare a imporsi in America con la McLaren. Eppure, c'è stato un decennio, fra il 1950 e il 1960, quando le due gare erano entrambe parte del Campionato del Mondo Piloti: all'epoca però erano rarissime le incursioni oltreoceano delle squadre, tanto che si contano veramente sulle dita delle mani i piloti di Formula 1 che hanno corso la 500 Miglia e quelli americani che hanno disputato Gran Premi in Europa. Si spiegano così, ad esempio, tanti nomi decisamente poco conosciuti per gli appassionati europei che popolano la lista dei piloti che hanno conquistato una gara – sono i dieci vincitori delle undici edizioni della 500 Miglia dal 1950 al 1960 (solo uno, Bill Vukovich, riuscì a fare il bis) e il fatto che gli USA sono la nazione che ha fornito più piloti (173) alla massima competizione automobilistica.

 

Il terzo elemento in comune è l'appartenenza delle due gare ad un record ufficioso, quello definito della Tripla Corona, il cui nome è mutuato dall'ippica: soltanto chi può fregiarsi della vittoria sulle stradine del Principato, nell'ovale più famoso degli States e nella 24 Ore più affascinante dell'automobilismo è considerato degno di portarla, virtualmente, sulla testa. 
Fino ad oggi, soltanto un pilota, Graham Hill, è riuscito nell'impresa. L'inglese vinse a Monaco ben cinque volte (1963-1965, 1968-1969), primato superato soltanto da Senna, e s'impose a Indianapolis nel 1966 e a Le Mans nel 1972. Altri sette piloti (Tazio Nuvolari, Maurice Trintignant, A. J. Foyt, Bruce McLaren, Jochen Rindt, Juan Pablo Montoya e Fernando Alonso) hanno conquistato due dei gioielli ma uno gli è sfuggito. L'unico di questi sette che ha ancora una chance è lo spagnolo e, conoscendone la sua determinazione, non è da escludere che quando avrà terminato la sua avventura con l'Aston Martin possa pensare di riprovare a portarsi a casa una Corona che sicuramente appagherebbe almeno un po' la sua sete di successi.