Cinque curiosità sul Gran Premio del Giappone
La Formula 1 arriva in Oriente
Il Gran Premio del Giappone ha esordito come una competizione per macchine sportive a Suzuka nel 1963, vinta dal pilota britannico Peter Warr, alla guida di una Lotus 23. Qualche anno dopo, la gara venne spostata nel circuito del Fuji e divenne una competizione per veicoli a un posto: innanzitutto, per il campionato Formula 2000 (oggi meglio noto come Super Formula) prima che la Formula 1 arrivasse in Giappone per la corsa finale nella stagione del 1976. Questa competizione passò alla storia perché la corsa decisiva, che vedeva sfidarsi Niki Lauda e James Hunt, si tenne in condizioni di bagnato piuttosto inaspettate: dopo il ritiro di Lauda, Hunt si aggiudicò il titolo di campione e l'anno successivo vinse la gara. Ma sarebbero passati circa dieci anni prima che la F1 ritornasse in Giappone. Da quello che dicono molte persone, quello giapponese sembrerebbe essere il miglior circuito di Formula 1 del mondo.
La storia del circuito di Suzuka
Quando la F1 tornò in Giappone nel 1987, lo fece stabilendosi a Suzuka e da allora il circuito ha ospitato il Gran Premio del Giappone – ad eccezione delle stagioni 2007 e 2008, che si tennero nel circuito del Fuji. Quello di Suzuka nacque nel 1962 come tracciato da utilizzare nei test della Honda e fu progettato dall'olandese John Hugenholtz. La sua conformazione a otto è rimasta unica nella storia della F1 e ha subìto soltanto lievi cambiamenti nei sessant'anni successivi – come, ad esempio, l'aggiunta della chicane “Casio Triangle” per far rallentare le macchine prima che entrino nel rettilineo principale. Suzuka mantiene ancora oggi un'atmosfera “vecchia scuola”, il che lo rende un vero e proprio tracciato da brivido.
Le curve più famose
Il fatto che il tracciato si intersechi in un determinato punto significa che i punti dove la pista sollecita maggiormente la macchina sono più o meno equamente bilanciati tra il lato sinistro e quello destro. La curva a forma di S che serpeggia all'inizio del giro aiuta molto in questo senso. Ci sono altre due curve famose sulla sinistra: la Spoon Curve, con i suoi due punti di corda, e la velocissima 130R, così chiamata per il suo raggio di 130 gradi, da prendere a tutta velocità. Poi ci sono le Degner Curves a metà del giro: curve veloci sulla destra, subito seguite da una stretta con un raggio di 90 gradi, che devono il loro nome al motociclista tedesco Ernst Degner, che si schiantò in quel punto con la sua Suzuki nel 1963.
I disagi causati dalla pioggia
Il weekend in cui si svolge il Gran Premio del Giappone è spesso soggetto ad un clima piovoso. La sua data sul calendario – di solito tra la fine di settembre e gli inizi di ottobre – coincide con la stagione dei tifoni in Giappone, che in passato ha avuto delle conseguenze importanti sull'evento. Tutto ciò però cambierà a partire dal 2024, quando la competizione sarà spostata al mese di aprile, secondo il piano di regionalizzazione che supporta i temi della sostenibilità e della logistica. Le pessime condizioni climatiche hanno causato lo spostamento delle qualificazioni alla domenica mattina in tre occasioni: nel 2004, nel 2010 e nel 2019 – invece la competizione del 2022 è stata ridotta a causa delle piogge torrenziali.
Eroi in patria
I piloti locali hanno rivestito un ruolo importante nella storia del Gran Premio del Giappone. Noritake Takahara, Masahiro Hasemi e Kazuyoshi Hoshino furono i primi piloti giapponesi a partecipare alla prima competizione di F1 nel circuito del Fuji. Aguri Suzuki fu il primo in assoluto a salire sul podio della F1, classificandosi terzo a Suzuka con il team Larousse nel 1990, mentre Kamui Kobayashi replicò l'impresa aggiudicandosi il suo unico primo posto sul podio della F1 nel 2012. Oggi, Yuki Tsunoda mantiene alto lo stendardo giapponese, guidando per AlphaTauri.