A Montreal la Formula 1 offre il suo volto più bello | Pirelli

A Montreal la Formula 1 offre il suo volto più bello

 

Due settimane fa a Monte-Carlo se non fosse stato per il successo dell'eroe di casa Charles Leclerc si sarebbero levati altissimi gli strali di tutti per proclamare il de profundis per la Formula 1: praticamente nessun sorpasso, i primi dieci della griglia di partenza arrivati alla bandiera a scacchi esattamente nelle stesse posizioni. Fortunatamente, la vittoria del ferrarista ha attenuato le critiche, anche perché la squadra di Maranello sembrava finalmente aver trovato la forza per incrinare la superiorità del binomio Verstappen-Red Bull che dura ormai dall'estate del 2022. 
Quindici giorni dopo siamo qui a raccontare una storia completamente opposta. La cinquantatreesima edizione del Gran Premio del Canada è stata una delle più belle gare degli ultimi anni, incerta fino alle ultime battute, piena di sorpassi – alcuni strepitosi, come quello doppio di Alex Albon o quello dal sapore tutto particolare di Russell su Hamilton – e di quel tipo di azioni – la scelta delle gomme, la capacità di saper scegliere il momento giusto per il pit-stop, l'istinto di cogliere ogni opportunità – che rendono la Formula 1 uno sport straordinario, sia individuale che di squadra.

Chi fra dieci anni sfoglierà – digitalmente, immaginiamo: di libri di carta da leggere ce ne saranno purtroppo pochi… – l'almanacco dei risultati della stagione 2024 troverà ancora una volta il nome di Max Verstappen alla prima riga dell'ordine d'arrivo di questa gara e, magari, sbufferà pensando all'ennesima gara dominata dall'olandese della Red Bull. Invece, questa corsa è stata qualcosa di speciale anche per chi è arrivato, a nemmeno ventisette anni, alla sessantesima vittoria nella massima competizione automobilistica. Perché mai come ieri in quest'era di dominio Red Bull a fare la differenza è stato il pilota. A Montreal, com'era peraltro già accaduto a Monaco, la squadra di Milton Keynes non è stata assolutamente la più forte sul piano tecnico perché McLaren e Mercedes si sono dimostrate più competitive ma, alla fine, a passare per primo sotto la bandiera a scacchi è stato lui, il tre volte campione del mondo

Nessuna esitazione, freddezza nei momenti topici come quando si è trovato fianco a fianco a Norris che usciva dalla pit-lane con le gomme fredde ma forse il vero capolavoro lo ha fatto nella seconda ripartenza, peraltro uno degli aspetti della guida in cui è praticamente imbattibile. Il modo in cui l'ha preparata, scaldando gli pneumatici nella maniera più efficace mentre, al tempo stesso si avvicinava con studiata lentezza all'ultima chicane ha ricordato l'avvicinamento di un leopardo alla preda: acquattato nella savana, ha aspettato il momento giusto per scattare e scavare subito un piccolo, decisivo solco alle sue spalle. In quel cinquantanovesimo giro Max si è lasciato Norris a quasi due secondi, mettendosi così al riparo da qualsiasi velleità l'inglese della McLaren potesse nutrire grazie all'aiuto del DRS, e poi ha gestito giro dopo giro il suo vantaggio, lasciando che gli inseguitori si scannassero fra di loro. Sono mosse come questa che rendono la preda, intesa come vittoria, ancora più succulenta.