Un triatleta per Pirelli
A inizio marzo è tornato a gareggiare nelle World Series dopo un anno di assenza. E l'ha fatto montando un paio di tubolari Pirelli sulla sua bicicletta. Alessandro Fabian, triatleta padovano classe '88 con alle spalle 12 titoli italiani, 3 europei e un decimo posto alle Olimpiadi, ha scelto la nostra azienda per cominciare la seconda fase della sua carriera, dopo un quadriennio olimpico faticoso dal punto di vista fisico e mentale e ripartire verso Tokyo 2020 senza porsi limiti né aspettative. Un cambio di prospettiva e strategia che spingerà sopra un paio di PZero.
Come Pirelli abbiamo deciso di lavorare con te perché rappresenti l'eccellenza del triathlon in Italia. È vero che gli sponsor scelgono gli atleti, ma è vero anche il contrario. Cosa significa per te poter lavorare con un'eccellenza italiana e azienda leader nel campo degli pneumatici e quali sono i motivi per cui hai deciso di scegliere Pirelli?
Sono sinceramente felice di questo accordo. Ho sempre guardato a Pirelli con ammirazione e poi sono interista ed è carino portare lo stesso sponsor della mia squadra. Al di là di questo per me è sempre stato importante lavorare con il made in Italy. Sono un'atleta della Nazionale, rappresento un Paese che ha diverse eccellenze. Portare in giro il made in Italy è un biglietto da visita diverso e valorizza ancora di più quello che io rappresento, che è il mio Paese.
Nel 2017 hai gareggiato meno del solito, limitandoti a poche gare. Quest'anno hai ricominciato da Abu Dhabi. Quali sono state le tue sensazioni in gara?
Lo scorso anno avevo gareggiato di meno perché il quadriennio che mi aveva portato a Rio 2016 mi aveva risucchiato molte energie. Volevo portare modifiche al mio approccio e ho dovuto partire dai fondamenti, dall'allenatore al sistema di allenamento. Volevo partire in sordina anche quest'anno ma poi ho pensato: “Perché?”. Stavo bene, mi alleno con il campione del mondo e tutti i ciclisti più forti, sono pronto. Così sono entrato subito nel massimo circuito ed è stato molto bello. Le sensazioni sono state buone, un po' perché ho ritrovato ciò che ho sempre fatto e un po' perché ho visto che è cambiato l'approccio. Questo mi ha fatto piacere, mi ha fatto assaporare in maniera diversa la gara. È il frutto del lavoro che ho messo in gioco dal 2016 a oggi.
Tre medaglie europee, 12 titoli italiani, un decimo posto alle Olimpiadi. A 30 anni possiamo fare un primo bilancio della tua carriera?
Potrei farlo ma non mi va, non voglio soffermarmi sul passato, porta via troppe energie. Fino allo scorso anno pensavo di doverlo fare, arrivavo da due cicli olimpici e la voglia era scesa, l'ultimo quadriennio l'avevo vissuto molto difficilmente soprattutto dal punto di vista mentale. Invece dallo scorso anno direi proprio il contrario, la linea della mia carriera non è ancora tirata, non me la sento ancora, il passato è passato, di presente e futuro ne ho ancora. Dipende solo da che stimoli metto in gioco e da cosa ho voglia di tirar fuori ancora da me stesso.
Quali sono i sogni ancora da realizzare?
L'obiettivo a Rio era migliorare il decimo posto di Londra. Può essere ancora questo, ma non mi pongo più un semplice risultato o una prestazione singola come obiettivo. Il risultato è la parte più oggettiva di un atleta, è vero, e io voglio migliorarmi ma soprattutto migliorare me stesso e l'approccio con cui lavoro giorno per giorno. Il mio allenatore dice sempre che bisogna gioire del processo, lo impari con l'età che non è tanto il risultato a essere importante, anche se ti può cambiare la vita e ti dà la benzina giusta per andare avanti, ma quello che importa è il viaggio che ti separa dal momento presente alla gara. Se non impari a goderti il presente difficilmente gioirai il giorno della gara. Questa è la sfida più importante, il risultato viene come conseguenza.
Come si allena un triatleta di vertice? Come si suddividono i programmi tra le tre discipline su cui ti misuri?
Dipende dal periodo della stagione: lontani alle gare facciamo più quantità, vicini alle gare più qualità e ritmo. La settimana tipo prevede da due a quattro allenamenti al giorno. Il monte ore settimanale è intorno alle 30 ore complessive. Sono più o meno 15 ore di bici, 6 ore e mezza di nuoto e 8 di corsa.
Che rapporto hai con la bicicletta? La usi anche fuori dal contesto agonistico?
Mi piace molto usarla fuori dal contesto agonistico. Lo faccio in maniera diversa, divento una tartaruga, vado molto più lentamente. Mi piace la bici perché ti permette di esplorare, che sia o no allenamento, è un mezzo che ti permette di star bene e vedere cosa c'è in giro a una velocità che non è quella della macchina. Con una bici, se sei in una pista ciclabile ti puoi godere anche il paesaggio.
Il tuo rapporto con Pirelli non è solo di sponsorship ma anche di sviluppo prodotto. Ci spieghi come lavoreremo insieme e come è impostato il programma di sviluppo? Quali sono le metodologie di testing?
Il triathlon dà la possibilità di testare i materiali e ho sempre portato avanti questo discorso con le varie aziende che mi sponsorizzano. Lo sviluppo di un prodotto è continuo, alle spalle c'è la ricerca per farlo diventare sempre più performante. In allenamento utilizzerò gli pneumatici per testarli ad alta velocità, stressarli su un lungo periodo e negli allenamenti più specifici, vicini alla gara, metteremo sotto stress parecchio le coperture, tenendo ritmi elevati su circuiti molto veloci e tecnici. In questi contesti lo pneumatico diventa molto importante perché nei settori tecnici se non ne hai uno che garantisce prestazioni ottime rischi di perdere secondi preziosi e fare sforzo in più.
Noti delle differenze con programmi di sviluppo che hai portato avanti in passato?
È la prima volta che collaboro con un'azienda che fa pneumatici e sono contento che sia Pirelli. È un'avventura nuova che penso porterà esperienza tanto a me quanto a loro.
Lo sviluppo quindi è già iniziato. Come sono andati i primi test dei tubolari in gara e dei copertoncini in allenamento?
Devo dire che le due cose mi hanno piacevolmente sorpreso. Nei test ho stressato lo pneumatico, prima in allenamento con lo PZero Velo 4S, il copertoncino che mi avevano dato da testare e che ho messo a dura prova. Ha una mescola morbida e tra gennaio e febbraio alla Canarie la pavimentazione è molto aggressiva, ma nonostante questo mi ha permesso di sentirmi a mio agio negli allenamenti e nella parte più tecnica di preparazione verso la gara. La prova in Coppa del Mondo, poi, è stata ottima, ho testato la qualità del materiale del tubolare. Eravamo in una pista di Formula 1, su un circuito bagnato, ed è stato interessante vedere come riuscivo a essere più performante nelle curve rispetto ad altri avversari.
Quali sono le figure di Pirelli con cui ti confronti e qual è il tipo di rapporto con loro?
Mi confronto soprattutto con Samuele Bressan, product manager, e Filippo Galli, responsabile dello sviluppo tecnico dei prodotti, perché sono coloro che mi danno indicazioni sui prodotti che mi forniscono e mi aiutano a scegliere quelli più adatti alle diverse condizioni in cui mi alleno e gareggio. Sono poi io che fornisco a loro tutte le informazioni su come mi sono trovato, cosa è successo, come è andata e tutti i feedback sul materiale.
Quali risultati ti aspetti nei prossimi mesi?
Mi aspetto consistenza nei risultati. Il mio obiettivo era quello di tornare ad alto livello e farlo con una certa regolarità, però in questo momento non tengo aspettative su me stesso nel senso che sto facendo dei passi diversi rispetto agli altri anni, non so cosa posso aspettarmi e non voglio avere aspettative perché quando impari a procedere passo per passo e hai la consapevolezza giusta il risultato viene da sé. Questa credo che sia la cosa che mi porterò appresso nel prossimo periodo: migliorarmi è il motivo per cui ho cambiato approccio e filosofia di allenamento.