Il fascino eterno delle Dolomiti | Pirelli

Il fascino eterno delle Dolomiti

Il secondo passaggio attraverso La Villa, poche case acquattate sui fianchi della montagna e un mucchio di strade che s'inerpicano senza temere le vertigini, sembrerebbe un preludio al meritato riposo, alla festa. Corvara in Badia, storica sede di arrivo della Maratona delle Dolomiti, dista appena quattro chilometri di statale da La Villa. A Corvara c'è lo striscione, gli altoparlanti, il campanile di San Vigilio illuminato dal sole alto dei pomeriggi estivi, così diverso da quello incerto di qualche ora prima, quando la Maratona era transitata dal luogo dei corvi per un saluto e una benedizione, ed era partita. Ma Corvara può attendere ancora un pochino. Anziché imboccare la Statale, il percorso devia verso la parte alta de La Villa, dove in pieno Rinascimento l'imperatore Ferdinando I autorizzò la costruzione di un maniero.

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PZeroVeloSi chiama Castel Colz, è un cubo gotico su uno sperone di dolomia, e fa da guardia all'ultima salita della Maratona: il Muro del Gatto misura appena 360 metri, ma è tagliente e inaspettato come il graffio di un felino, sicché viene il dubbio che l'arrampicata si chiami così per via dell'artiglio che disegna sulle cartine altimetriche, e invece il Muro deve il suo nome al fatto che gli abitanti del borgo qualcuno li chiama ancora gatti. Oltre 13% di pendenza media; 18-19% nel tratto duro: il Muro del Gatto più che una strada è una rampa. Strava dice che i più bravi la completano in un minuto o poco più; ai meno bravi invece il Muro, che è un po' il mostro dell'ultimo livello, può presentare il conto della lunga abbuffata di su e giù. Perché il menu della Maratona delle Dolomiti non racconta certo di un pranzo frugale: è il banchetto più lauto del ciclismo amatoriale.

I maratoneti si tuffano nell'antichissimo oceano delle Dolomiti al mattino presto. Durante il Triassico i luoghi dolomitici sono stati un mare per davvero, tropicale, simile all'attuale barriera corallina delle Bahamas. I monti pallidi che attirano le biciclette come magneti sono a ben vedere un accumulo di conchiglie, alghe e coralli che lo scontro tra i continenti ha elevato fin oltre i 3000 metri e l'azione di venti e ghiacci ha modellato in guglie e pinnacoli inverosimili. I ciclisti hanno poco tempo per chiedersi, insieme a Buzzati, se quelle che li accerchiano siano pietre o invece nuvole, realtà oppure sogno: la prima salita, il Campolongo, comincia subito. Meno di sei chilometri, pendenza media del 6%, il Campolongo è antipasto perfetto. Introduce e già disvela, imposta il ritmo del percorso, tutto accelerazioni e rallentamenti. 

Una discesa veloce, subito Arabba, poi la sagoma inconfondibile del Pordoi. La strada del Pordoi si arrampica panoramica e costante fino ai 2239 metri. Per 13 volte è stato il passaggio più alto del Giro, trampolino di lancio per le imprese di Gino Bartali e soprattutto di Fausto Coppi, celebrato in cima al Passo da un monumento commemorativo. Una delle meraviglie della Maratona delle Dolomiti è la possibilità, offerta a circa 9000 partecipanti ogni anno, di diventare parte del mito sportivo inscindibilmente associato alla geografia dei monti pallidi. La Maratona allora, quando passa sul Pordoi, diventa una specie di rito di restituzione della montagna agli avventurieri che l'hanno resa celebre: i ciclisti.

Il successivo attacco al passo Sella segna l'ingresso nel cuore della Maratona. Il Sella è la chiave di volta altimetrica e agonistica: è il picco più elevato. Sta in mezzo al Gruppo di cime che porta il suo nome e che una volta è stato un'unica, immensa barriera corallina. La salita procede a strappi per 5 chilometri e mezzo: nei tratti più duri è difficile trovare la forza di guardarsi intorno, ma durante quelli più pedalabili è possibile far respirare se non le gambe almeno gli occhi, e scorgere gli alpinisti arrampicarsi sulle pareti nude. Lo scollinamento del Sella è un duplice premio: intanto, la presa di coscienza che l'impresa è possibile; poi, da lassù, una delle viste più incantevoli delle Dolomiti si apre sotto le ruote già puntate verso valle.

Dopo il Sella, rimane un'ultima asperità prima di completare la filastrocca della Sellaronda: Campolongo-Pordoi-Sella-Gardena. Suonano bene uno dopo l'altro: Campolongo-Pordoi-Sella-Gardena. Ed eccolo il Gardena, infine: 6 chilometri al 4.3%; in mezzo, sotto al Mür Frëit, un tratto in pianura, l'unico della Maratona. Più che il placarsi delle pendenze, lo spirito è rinfrancato qui dalla finestra naturale sull'Alta Badia, indimenticabile. Per chi sceglie il percorso breve, la Maratona delle Dolomiti finisce in trionfo con la picchiata dal Passo Gardena a Corvara. Per gli altri, gli infiniti intrecci delle strade dolomitiche invitano a deviare verso il Falzarego e, per i più temerari, fin sopra il Giau. Il Giau è la salita più arcigna di tutte: 10 chilometri con pendenza media superiore al 9%, massima del 15%. In alto dominano Nuvolau e Averau, si superano di nuovo i 2000 metri, gli abeti lasciano strada al rododendro, al silenzio e al pino mugo, che resiste alle bufere di neve. 

Dopo il Giau è fatta, rimangono solo la gioia e il Muro del Gatto, quello che apriva quest'articolo e che conclude la Maratona delle Dolomiti. La Maratona, prima edizione nel 1987, è cresciuta, è diventata un simbolo del ciclismo così come le sue montagne sono diventate simbolo dello splendore del nostro pianeta: dal 2009 le Dolomiti sono Patrimonio dell'umanità UNESCO. Da La Villa, sede di partenza, a Corvara, sede di arrivo, ci sono appena 4 chilometri di Statale. La Maratona delle Dolomiti, lunga 55, 106 o 138 chilometri compie un prodigio: prolunga smisuratamente la bellezza.