Alle pendici dell'Etna
Alla fase di sviluppo di uno pneumatico ne succede sempre, inevitabilmente, una di testing. Sono momenti fondamentali che servono a capire a che punto e a che livello è arrivato il prodotto che si sta per immettere sul mercato. In questa fase la possibilità di tollerare un errore non soltanto si riduce ma viene quasi annullata, è un fatto di necessità. Pirelli si affida in questo passaggio alla lucidità e la competenza di un team di 35 persone guidate dal Testing Director Salvatore Pennisi, di base a Giarre, alle pendici dell'Etna. Proprio il territorio rappresenta una variabile fondamentale nella crescita e la definizione degli standard dei nuovi pneumatici Velo. La Sicilia, gli asfalti che dell'Etna sono spesso emanazione, le condizioni atmosferiche con cui interfacciarsi.
Pennisi è un'entusiasta, lo si percepisce dalla voce e dal flusso di parole che gestisce ad ogni risposta: «Io lavoro in Pirelli da 30 anni, ho sempre seguito le attività di testing occupandomi anche del marchio Metzler. Il mio team è composto da 35 persone, ma ovviamente non è soltanto a noi che si devono i risultati ma sopratutto ai protocolli di prova, agli approcci metodologici fidati e in continuo sviluppo nel settore moto, che abbiamo potuto reinterpretare per il settore bici». Pennisi è uomo dalla voce onesta, che non pare mentire. Quando dice che «abbiamo la fortuna di poter disporre di collaudatori semi-professionisti di altissimo livello», parla un po' come il padre che riconosce ai propri figli la bontà dei propri risultati. «A loro è stato chiesto di calarsi nel mondo della sperimentazione, quindi non solo a dover esprimere un banale “mi piace non mi piace”, ma sopratutto di interfacciarsi con i nostri tecnici di ricerca e sviluppo per poter parlare la stessa lingua. Soprattutto gli abbiamo chiesto di essere focalizzati sulle stesse necessità e gli stessi scopi di prova».
Poi arriva il momento della riconoscenza al territorio, che è un aspetto non secondario. In un processo che alle volte può sembrare freddo come la produzione di uno penumatico da gara, c'è una componente di sensualità restituita dai luoghi in cui questi test prendono forma: «Noi siamo qui a Giarre, proprio alle pendici dell'Etna. È fondamentale il luogo perché ci dà la possibilità di utilizzare dei campi di prova giornalieri, potendo così lavorare 12 mesi l'anno per 365 giorni, outdoor. È un grossissimo vantaggio che oltre alla Sicilia, soltanto le isole spagnole hanno, ma soprattutto possiamo contare su dislivelli importantissimi appena fuori dalla porta di casa. In pochi possono lavorare sull'Etna con le sue 6 diverse possibilità di ascesa dai diversi versanti. I percorsi che quest'anno sono stati terreno di prova del Giro d'Italia, sono anche quelli utilizzati di noi come terreni di prova». Questo ha consentito per esempio a Pirelli e al team di testing di effettuare verifiche pressorie partendo dal livello del mare, arrivando fino a 2000 metri in pochissimo tempo. Ma c'è un altro aspetto fondamentale: «La Sicilia ci fornisce una varietà di asfalti che non troviamo altrove. Questo perché sulla parte Nord etnea si usano, per produrre gli asfalti, degli inerti basaltici che derivano dal vulcano e restituiscono strade estremamente abrasive, nere e con grossa aderenza. Così possiamo sviluppare dei test unici in fatto di resistenza al rotolamento e grip, su abrasività e resistenza alla lacerazione. Verso sud invece, nella zona di Siracusa, anche questa una zona di grande ciclismo, ci sono asfalti con inerti calcarei bianchi, molto simili a quelli spagnoli. Qui resistenza al rotolamento e grip sono molto bassi, specie quando piove». La Sicilia come grande campo di prova, le strade di Vincenzo Nibali che diventano anche quelle di Pirelli: un sinonimo di garanzia.
Ogni test è super controllato, con la possibilità di utilizzare il circuito di prova della vicina Acireale ma anche, naturalmente quello storico di Vizzola Ticino, come impianto da irrigare artificialmente per lavorare su definitissimi spessori d'acqua, grana e coefficiente d'aderenza dell'asfalto. Siamo di fronte a test estremamente sofisticati, con prove che vengono poi validate da tentativi su strada con le reali condizioni d'utilizzo. «Per quanto concerne le prove di frenata, chiaramente, ci avvaliamo degli sviluppi sofisticatissimi che abbiamo in fatto di acquisizione dei dati strumentali. Grazie all'esperienza fatta nel moto, e potendo contare anche su sviluppi enormi in fatto di hardware riguardante la sensoristica, le piattaforme inerziali e accelerometri, con dimensioni talmente ridotte da non influenzare in nessun modo il peso. Riusciamo ad avere delle acquisizioni assolutamente affidabili e facili da interpretare che sono diventate veri riferimenti per le nostre fasi di sviluppo».
Un altro aspetto a cui Pennisi dedica un'importanza di un certo tipo è la vicinanza d'approccio nei test rispetto al settore moto. Per portare avanti i test su strada dei nuovi pneumatici Velo, ci sono dei dogmi comuni a cui non si può rinunciare. Quello che è stato più importante è stata l'indagine svolta tenendo ben presenti quegli elementi fondamentali in fatto di revisione di un comportamento corretto. Le difficoltà maggiori? La velocità con cui le cose vanno lavorate: «Sulla bici diventa tutto più rapido e reattivo rispetto alla moto. Sulla bicicletta non c'è una sospensione che filtra le sollecitazioni dell'asfalto o che approccia una curva con contenimento. È tutto più immediato. Tutto molto più demandato al pneumatico come interfaccia tra cerchio e strada. È molto importante avere una modalità di collaudo che vada ad interpretare ogni singola reazione come effetto di cause che possono essere endogene, come frenata o spostamento del corpo, o esogene come le sollecitazioni dell'asfalto da particolare condizioni». Bisogna sapere filtrare ogni dato e capire quale delle varianti rilevate restituisce l'effetto che è stato registrato.
C'è della comunanza rispetto all'approccio del collaudo per moto ma la bici presenta delle complessità maggiori. «La concentrazione richiesta in un test in bicicletta che cerca di spingere al limite è veramente spaventoso. Fare una selezione di 5 specifiche di comportamento, su una bici che corre in discesa sull'Etna non è semplicissimo. Noi abbiamo dovuto anche impostare un lavoro di questo tipo pensando a tutte le attività di contorno che devono garantire al collaudatore una serenità di giudizio totale». Qui entra in gioco la professionalità Pirelli e il livello di cura e dettaglio delle situazioni di contorno. Per mettere i tester nella miglior condizione possibile in fatto di prestazioni, vengono messi a disposizione fisioterapisti, sedute di recupero funzionale, nutrizionisti sempre al seguito e preparatori atletici dedicati. «In questo la Pirelli, in questo momento, è all'avanguardia perché ha impostato un lavoro di collaudo sul settore bici tenendo conto non solo delle risposte tecniche, ma anche degli step necessari per mettere in grado la macchina uomo di rendere al meglio». La macchina uomo la chiama Pennisi, con una velata impronta futuristica che viene fuori in maniera forse inconsapevole.
Ci sono degli aspetti del comportamento di uno pneumatico da bici che sono abbastanza facili da individuare (reattività alle manovre e in particolare in frenata), cose che un buon collaudatore riconosce abbastanza in fretta. Quello che il gruppo di lavoro ha voluto e dovuto fare è stato andare oltre la semplice prestazione: «Abbiamo voluto trovare il giusto bilanciamento generale. In particolare ci interessava che, a parametri come resistenza al rotolamento e peso, potessero essere aggiunte quelle caratteristiche di comportamento che ne fanno un elemento vincente. Capacità di guida sincera, omogenea, una controllabilità di livello. Una prevedibilità delle reazioni per portare il prodotto a un livello di comfort subliminale che lo rende gradevole alla fine di una pedalata. Il nostro P Zero Velo oltre a prestazioni elevatissime, ti comunica subliminalmente un livello altissimo di controllabilità, di comfort, di capacità di gestione delle traiettorie. Alla fine, senza accorgertene, sei arrivato ancora molto fresco alla fine della pedalata».
Il livello di soddisfazione finale è elevatissimo. Tutti i dati sono stati parametrati rispetto ai migliori competitor sul mercato, dividendoli area per area. Abbiamo individuato degli standard minimi da eguagliare, e da questo siamo partiti. Abbiamo tenuto alta l'asticella, soprattutto rispetto alla concorrenza. Abbiamo individuato caratteristiche di guida da eguagliare prima e superare poi. È stato facile per noi avere precisissimi riferimenti da superare e farlo è stato un grande stimolo». Uomo, tecnologia, intelligenza artificiale e naturale hanno lavorato fianco a fianco per rendere Velo un pneumatico irrinunciabile. Pennisi chiude la nostra intervista in maniera categorica, con una certezza che ha fatto sua in mesi di lavoro: «Stiamo entrando sul mercato per essere un riferimento. Il nostro è un prodotto irrinunciabile. Ora siamo noi ad essere il nuovo metro di paragone in fatto di performance e scorrevolezza».