Una Ferrari alla Pechino-Parigi, a bordo l'entusiasmo di Giorgio Schon e Enrico Guggiari
Quattordicimila chilometri tra il deserto del Gobi, le praterie russe, i paesaggi europei, a bordo di auto prodotte prima del 1976. Partenza all'ombra della Muraglia Cinese e arrivo, trentasei giorni dopo, in Place Vendôme: la Pechino-Parigi è la gara di endurance su macchine d'epoca più spettacolare al mondo. La prima volta, nel 1907, fu corsa per dimostrare che l'uomo con l'auto poteva andare ovunque. C'erano cinque equipaggi in gara e vinsero il principe Scipione Borghese e il pilota Ettore Guizzardi, guidando una Itala 35/45 Hp con a bordo anche Luigi Barzini, le cui corrispondenze per il Corriere della Sera sono diventate un libro di avventura – La metà del mondo vista da un'automobile – ancora oggi molto letto. Quest'anno, nella settima edizione della Pechino-Parigi, per la prima volta correrà anche una Ferrari, la 308 GT4, preparata da Rossocorsa e guidata da Giorgio Schon e Enrico Guggiari.
Un doppio set di pneumatici Pirelli accompagna i due piloti nella spedizione. In Europa, dove correranno molti circuiti, monteranno delle gomme da asfalto, mentre nella prima parte, principalmente sterrata, useranno le Scorpion ATR: «Sono gomme straordinarie, sulla terra tengono benissimo» dice Giorgio Schon, classe '46, imprenditore nel mondo della moda, collezionista d'auto, fondatore di Rossocorsa (concessionaria di Maserati e Ferrari) e soprattutto pilota in tutti i principali rally e corse su strada del mondo. «Con Pirelli abbiamo trovato una gomma robusta anche sullo sterrato. Ha la spalla alta, per consentirci di alzare la macchina, e soprattutto impiega molto a consumarsi. E per la seconda parte della gara, su strade asfaltate, le gomme saranno delle CN36 Pirelli Collezione, lo stesso modello che era disponibile all'epoca della 308 GT4» racconta l'altro pilota, Enrico Guggiari, classe '47, consulente e amministratore delegato soprattutto nel settore energetico, campione d'Europa di sci nautico, appassionato di skeleton (slittino con la testa in avanti). Anche lui in auto ha corso in tutti i continenti.
Sono due uomini eleganti, spiritosi e competitivi. «Ci siamo conosciuti nel 1989 in Kenya al Safari-Rally, siamo amici da molto tempo. Soprattutto, siamo entrambi sordi – scherza Guggiari – quindi sicuramente andremo d'accordo». Schon ha corso la Pechino-Parigi anche nel 2016: «Un'avventura molto lunga, si guida su strade uniche, con prove speciali in cui ti devi inventare la strada a 100 all'ora di media». Le tappe solitamente sono lunghe dai 350 ai 600 chilometri, ma «dopo qualche giorno stare in macchina diventa la tua vita, ti abitui. La fatica più grande per me è stata arrivare dai 400 chilometri di sterrato in Mongolia e dover piantare la tenda. Per fortuna quest'anno l'organizzazione ne monta quaranta e sono riuscito ad accaparrarmene una» racconta Schon, mentre il socio Guggiari prova la Ferrari sullo sterrato della Maggiora Offroad Arena, in provincia di Novara.
I due, dopo aver fatto due-tre giri insieme, si alternano alla guida e quando si avvicendano si scambiano sempre pareri sull'auto con cui il 2 giugno lasceranno Pechino per partire all'avventura. «Una macchina sincera e molto solida – dice Guggiari appena sceso dalla 308 GT4, con il giubbotto Pirelli da cui si intravede una cravatta rossa. Da sempre ho la passione per la velocità. Nel 1973 ho battuto il record Pola-Cervia su sci d'acqua: mi piace arrivare prima degli altri». Da 10 anni corre sulle auto d'epoca: «Non capisco chi le modifica troppo. Io alle mie non ho cambiato nemmeno un bullone, sono di scuola anglosassone in questo: voglio tirar fuori le macchine e farle girare, non vincere a tutti i costi».
Comunque, per questa Pechino-Parigi l'obiettivo dichiarato è arrivare alla fine, ma quello vero è farlo davanti agli altri 110 team. Come si vince quindi una gara del genere? «Bisogna preparare bene l'auto, pensare che un piccolo problema qui potrebbe diventare insormontabile in mezzo al deserto» dice Schon, che nel 2016 con Tonetti era primo all'ultimo giorno di Mongolia su un'Alfa Romeo Giulia super del 1971. «Vince chi non rompe – osserva Guggiari – quindi non bisogna subito partire a razzo. Per fortuna abbiamo abbastanza esperienza da non forzare nei primi due giorni». In questo momento preferirebbero ritrovarsi a Pechino il 2 giugno o a Parigi il 7 luglio? «A Parigi, con macchina e tutto» dice sicuro Guggiari e anche Schon sembra d'accordo: «Intanto vorrei avere più tempo per sistemare la macchina. Poi, devo dire che la partenza da Pechino non è esaltante, mentre l'arrivo nella capitale francese è spettacolare, l'altra volta ho festeggiato come fossi primo anche se ero 32esimo».
Tra preparazione della macchina, rapporti con gli sponsor e tutta la burocrazia (dallo stoccaggio dei pezzi di ricambio ai Visa per i paesi che si attraversano), «da un mese passo le giornate in Rossocorse», dice Guggiari, che nel tempo libero gioca anche a golf. Schon invece ama la pesca e la vela: «Non so perché ho sempre vissuto a Milano, visto che vorrei svegliarmi a cinquanta metri dal mare ogni giorno».
Anche se «in molti pensano che siamo dei folli», entrambi hanno l'esperienza, la passione e l'ambizione per guidare la Ferrari 308 Gt4 a Parigi davanti a tutti. E dopo la fatica dei 14mila chilometri in oltre dieci paesi, che prospettive hanno i due piloti? Di sicuro non il ritiro: «Quando sono arrivato a Place Vendôme tre anni fa ho detto che non avrei rifatto la corsa, ma dopo due mesi avevo già cambiato idea – confida Giorgio Schon – avevo troppi bei ricordi. Questa sicuramente sarà l'ultima (ride, ndr), però quello che ha vinto le due edizioni precedenti quest'anno sarà di nuovo al via a 86 anni…». Anche Enrico Guggiari, seppur assorbito dalla preparazione di questa spedizione, è già proiettato al futuro e alle prossime sfide al volante: «So che organizzano una bellissima corsa in Sud America, da Lima a Capo Horn e mi piacerebbe molto farla». Nel 1907 il raid Pechino-Parigi voleva far vedere di cosa fosse capace l'uomo a bordo di un'auto. Oggi Giorgio Schon ed Enrico Guggiari sono pronti a dimostrarlo ancora una volta.