Inter, 110 anni di unicità
«Essere interisti è bellissimo: siamo diversi da tutti gli altri». Javier Zanetti i colori dell'Inter li ha tatuati sul cuore, nessuno più dell'ex capitano nerazzurro può legittimare un senso di appartenenza a qualcosa di unico come l'Inter. Potrebbe esserci proprio il suo volto sulla Hall of Fame nerazzurra che verrà presentata il prossimo 9 marzo all'Hangar Bicocca, in occasione dei festeggiamenti per i 110 anni del Biscione. Verranno premiati i primi 4 vincitori della HoF e sarà assegnato uno Special Hall of Fame award, un premio speciale consegnato direttamente da Pirelli. Sarà un'occasione per ripercorrere la storia dell'Inter, un cammino costellato di trionfi e record che restituiscono l'idea di una squadra non solo vincente, ma unica nel vero senso della parola. L'unica a non essere mai retrocessa in Serie B, l'unica italiana ad aver vinto il Triplete (campionato, Coppa nazionale, Champions League), la prima italiana a vincere una Coppa Intercontinentale. A renderla unica è anche la partnership che la lega a Pirelli: la più longeva del calcio italiano, una delle più antiche e vincenti dell'intero panorama europeo. La P lunga si è detta orgogliosa di essere parte integrante di questi 110 anni di storia nerazzurra con una sponsorship che dura ormai da 23 stagioni piene di trofei e di successi.
La storia dell'Inter è anche quella che racconta la sua ricca bacheca, quella dei diciotto scudetti, delle tre Champions League e tre Coppe Uefa, poi ancora sette Coppe Italia, cinque Supercoppe di Lega e due Coppe Intercontinentali. Più dei trofei, nella storia del calcio c'è anche il segno indelebile dell'unico club italiano dalla vocazione davvero internazionale. Un marchio riconoscibile come quello lasciato, ad esempio, dall'Inter di Helenio Herrera, “Il Mago” che durante gli anni Sessanta portò la Grande Inter sul tetto del mondo, facendo della formazione nerazzurra la prima a vincere una Coppa dei Campioni senza subire neppure una sconfitta (sette vittorie e due pareggi). Quell'Inter non era solo una corazzata inarrestabile, era anche un laboratorio tattico all'avanguardia in cui il talento imprevedibile di Luisito Suárez e Sandro Mazzola si sposava con il primo esperimento di terzino fluidificante, quindi con le discese sulla fascia sinistra di Giacinto Facchetti.
Ma essere unici vuol dire esserlo sempre, per questo l'Inter ha regalato storie emozionanti a tutte le generazioni di tifosi, e la rosa di nomi che meritano un posto speciale nella storia inevitabilmente si tinge di nero e di azzurro: da Zenga a Toldo, da Bergomi a Zanetti, da Matthaus a Djorkaeff, da Klinsmann a Vieri, Ronaldo fino a Ibrahimovic e ai campioni che hanno vinto tutto nel nuovo millennio, ce n'è per tutte le epoche e tutti i ruoli.
Proprio negli ultimi anni i tifosi hanno potuto abbracciare i successi di un'altra Inter straordinaria, quella guidata da Mancini prima e da Mourinho poi, quella che ha dominato il campionato italiano nella seconda metà degli anni Duemila. I nomi di chi ha riportato il club al vertice della Serie A – Samuel, Cambiasso, Milito, Stankovic, Sneijder, insieme a tutti gli altri – sono scolpiti nella memoria come quelli dei grandi campioni del passato. Sono loro gli eroi che hanno posizionato sulla linea del tempo un momento speciale che tutti gli interisti conservano gelosamente: 22 maggio 2010, Madrid, stadio Santiago Bernabéu, finale di Champions League, la doppietta di Milito che ha regalato ai nerazzurri il terzo successo nella massima competizione europea. L'ultima affermazione di un'italiana sul palcoscenico internazionale. Il momento più emozionante di una primavera che, di fatto, ha chiuso in maniera trionfale uno dei cicli più gloriosi della storia del calcio.