Guardare la Streif a testa in giù
L'idea che le gare di Coppa del Mondo di sci si svolgano sulla neve è per certi versi bizzarra. La superficie su cui gareggiano gli atleti e scorrono i loro attrezzi non ha niente a che vedere con la neve così come ce la immaginiamo: niente fiocchi morbidi, leggeri e ariosi. Gli atleti impegnati nelle gare di discesa libera sciano su piste appositamente preparate, dandosi battaglia su una superficie dura, ghiacciata e traslucente sulla quale un normale sciatore dotato di un paio di sci acquistati in negozio farebbe fatica perfino a rimanere in piedi.
Tra tutte gare di discesa libera dei circuiti di Coppa del Mondo, quella di Kitzbhuel, in Austria, è certamente la più attesa, prestigiosa e temuta. La Streif – questo il nome della pista da downhill più famosa del mondo – è un budello lungo 3312 metri con 860 metri di dislivello. Le pendenze raggiungono in alcuni tratti l'85% e gli sciatori impiegano poco meno di due minuti a percorrerla per intero. La velocità di punta più alta mai registrata da una delle speed-trap poste sul percorso è di 153 km/h, ma se questo non fosse abbastanza per comprendere le difficoltà del tracciato, è importante sapere che la pista è disseminata di salti, compressioni e contropendenze.
La Mansuefalle è la sezione più celebre e ripida della pista con una pendenza che supera i 40° e viene affrontata dagli sciatori a circa 100 km/h. Questo tratto, che gli atleti sorvolano per quasi la metà della sua lunghezza, è di circa 80 metri. Fu il leggendario sciatore Toni Sailer, uno dei più celebri discesisti di tutti i tempi a battezzarla così paragonandola a una trappola per topi, dato che gli atleti affrontandola si lanciano nel vuoto verso l'abisso senza sapere esattamente dove andranno a finire.
È in questo clima di massima eccitazione per la velocità e per la performance agonistica sugli sci, che nelle settimane che precedevano la competizione di Coppa del Mondo di discesa libera un atleta e ambassador Pirelli ha caparbiamente lavorato al proprio progetto sportivo. Fabio Wibmer ha percorso la Streif con la sua bicicletta da downhill. Esatto: niente sci ai suoi piedi ma una bicicletta su cui pedalare. Fabio ha utilizzato una bici da downhill appositamente preparata da Canyon e gommata con pneumatici Pirelli della serie Scorpion muniti di chiodi.
“La discesa libera di Kitzbühel è sempre stata qualcosa di speciale, per me. Sono nato e cresciuto a poco meno di un'ora dalla Streif e da bambino sognavo di essere uno dei campioni in gara”, ha spiegato Fabio. “La settimana della gara di Coppa del Mondo era – e continua a essere – uno dei momenti più attesi ed eccitanti dell'anno, il climax dell'intera stagione invernale. A un certo punto, ho cominciato a sognare anche io di poter percorrere la Streif in discesa, ma a modo mio: in bicicletta e aggiungendo qualche ostacolo lungo il percorso”.
Fabio Wibmer, ventottenne specialista del freestyle e del downhill, non si è limitato a percorrere il tracciato in bicicletta ricalcando le linee dei campioni sugli sci, ma ha lavorato ad un vero progetto sportivo e cinematografico che celebrasse la leggenda della Streif e allo stesso tempo esprimesse in pieno la sua idea di downhill. “Io e il mio team abbiamo lavorato per due anni a questo progetto. Le prime difficoltà tecniche da superare erano legate alla neve, alla difficoltà della pista e soprattutto alla necessità di disporre di pneumatici in grado di fare presa su un ghiaccio di diverse consistenze”. Fabio ha lavorato a stretto contatto con Pirelli, che ha fornito gli pneumatici e con Franky Zorn, leggenda dello speedway su ghiaccio che si è occupato di trovare la corretta lunghezza e il giusto mix di chiodi metallici fissati a mano sui tasselli in gomma. La scelta delle coperture è ricaduta sul modello Scorpion Race DH M, uno pneumatico che è parte di una serie iconica in molte discipline del Motorsport nella quale Pirelli ha trasferito tutto il suo know-how tecnologico accumulato in anni di competizioni in tutte le discipline.
Tra le difficoltà maggiori affrontate da Fabio Wibmer, c'è stata senz'altro quella di riuscire a mantenere il controllo della bicicletta infilando le giuste traiettorie di curva e trovando l'equilibrio sulla superficie difficilmente scalfibile della pista ghiacciata. Un atleta con gli sci ha varie opzioni per controllare direzione e velocità: gli attrezzi possono essere condotti sulle lamine, o sterzare tramite il movimento dei piedi, oppure è possibile controllare la forza centrifuga creata in curva consentendo lo sbandamento laterale degli sci. “Con la bicicletta, il controllo della velocità e della direzione dipendono interamente dal contatto pneumatico-terreno”, ha spiegato Fabio. “La bici con le ruote chiodate è più difficile da far sbandare o da correggere rispetto alla guida su terra o sul fango. Le mie ruote erano dotate di 288 chiodi ciascuna, in diverse lunghezze fino a raggiungere un massimo di 8mm al centro. La cosa davvero complicata, però, è stata imparare a leggere la superficie della neve e capire il limite di tenuta degli pneumatici, dato che grip e sprofondamento dei chiodi variano continuamente, metro per metro lungo la pista”.
Oltre alle difficoltà legate alla velocità raggiunta (Fabio ha toccato i 107 km/h lungo il percorso), il progetto intendeva spingersi oltre e celebrare la storia e i luoghi della discesa libera più temuta del pianeta. “La velocità sulla Streif è l'elemento essenziale, ma non è l'unico”. La discesa è complessa e va studiata e preparata in ogni piccolo dettaglio, non c'è spazio per l'improvvisazione. Il coraggio da solo non basta. “Non volevo soltanto scendere dalla pista con la bici, volevo celebrare la Streif, la sua storia e gli atleti che qui si sono dati battaglia”, continua Fabio. “Uno dei momenti più iconici della storia recente della competizione, un ideale punto d'incontro tra velocità e freestyle, è il tratto percorso da Bode Miller nel 2008 scivolando sugli striscioni a bordo pista. È stato uno dei momenti che mi hanno davvero ispirato e ho voluto rendergli omaggio, imitandolo con un wall-ride nello stesso tratto di pista”.
Non è mancato un backflip sull'Hausbergkante, un altro dei tratti iconici della pista, ma il tratto più adrenalinico e anche complesso dal punto di vista tecnico è stato il passaggio nella Mausefalle, una vera prova di coraggio e di abilità di guida che andava affrontata con il necessario rispetto e la dovuta preparazione. “Ogni metro percorso in bici sulla Streif è stata gioia pura ma il salto nella Mausefall è stato davvero difficile, qualcosa di unico. È un vero e proprio tuffo nel vuoto, il salto si affronta a grande velocità e non si vede dove si va ad atterrare”. Sono serviti alcuni giorni di allenamento e presa di confidenza con la bici prima di trovare il coraggio necessario ad affrontare il salto più difficile del tracciato. Infine, il momento della verità, davanti allo sguardo dei cameramen eccitati e sbigottiti e al termine di un percorso di meticolosa preparazione e messa a punto, è finalmente arrivato.
“Io e la mia squadra abbiamo lavorato tantissimo per questo progetto ed essere riusciti non solo nella discesa ma anche nella produzione cinematografica è stata un'enorme soddisfazione, un modo per ispirare altri in futuro a essere altrettanto audaci e creativi”.
Audacia e creatività. Punto di congiunzione tra sport della neve e bike-downhill, tra preparazione tecnica e improvvisazione, tra velocità pura e controllo, il progetto di Fabio Wibmer sulla Streif di Kitzbuel è ora un video documentario che rimarrà per sempre a testimoniare questa vera e propria divagazione creativa sulla pista da sci più temuta del mondo.
Guardate le immagini e lasciatevi ispirare.