Con la barca “Alla grande” il made in Italy naviga attorno al mondo
Edoardo Bianchi e Gianluca Guelfi sono costruttore e progettista del Class 40 che guiderà Ambrogio Beccaria nella sfida attorno al mondo. Una barca vitruviana, costruita e realizzata attorno a chi la utilizzerà e con una forte attenzione alla natura che la circonderà
Raccontare una barca vuol dire raccontare l'uomo che la governa, il velista, la persona che più di tutte dovrà viverla. Progettarla vuol dire pensarla su misura per lui, come se fosse un vestito da indossare: deve aderire perfettamente, non essere troppo né troppo poco, deve garantirgli la comodità e deve anche rispecchiare il suo stile. Progettare “Alla grande”, un Class 40 che dovrà fare una regata oceanica, è stato una sfida, perché costruire una barca “user-friendly” per Ambrogio Beccaria vuol dire rispondere alle esigenze di un velista che sa sempre esattamente quello che vuole e quello che cerca quando naviga.
«È una barca che potremmo definire “vitruviana”, nel senso che è progettata e realizzata pensando al velista che la utilizzerà, quindi pensando ad Ambrogio. È un'opera a sé, che vuole rispondere alle esigenze specifiche e al modo di navigare del committente», dice Edoardo Bianchi, 36 anni, ingegnere e costruttore già responsabile delle imbarcazioni foiling di Luna Rossa, nonché ex velista azzurro della classe Tornado alle Olimpiadi di Atene 2004 e Pechino 2008.
Nel suo cantiere Sangiorgio Marine, Bianchi ha combinato le proprie competenze con quelle di Gianluca Guelfi, progettista specializzato in Class 40, per dare a Beccaria la barca migliore possibile rispetto al suo modo di vivere il mare.
Il punto di partenza del progetto non era tanto una certezza assoluta quanto un'ambizione, astratta e positiva: «Sapevamo che nella progettazione di questo tipo di barche oceaniche c'erano aspetti non completamente studiati, mancavano delle tecniche di analisi e di previsione. Abbiamo voluto individuare cosa mancava ai Class 40, cosa ancora non era stato studiato, cosa rimaneva da scoprire e da indagare, quali nuove tecniche di analisi e di simulazione era necessario sviluppare per fare un passo in più verso la comprensione del sistema fluidodinamico estremamente complesso di una barca a vela che plana tra onde oceaniche», spiega Guelfi.
C'era bisogno di disegnare una barca che potesse affrontare le sfide che si troverà davanti Ambrogio Beccaria, che ha chiesto una barca che potesse partecipare a una regata intorno al mondo: per esigenze di questo tipo le barche devono avere dei requisiti di sicurezza supplementari. «Il limite alla performance in regate oceaniche in solitaria è quello umano quindi era fondamentale per noi disegnare una barca nella quale Ambrogio fosse il più possibile protetto dalle condizioni atmosferiche, per questo abbiamo disegnato un pozzetto molto profondo e quasi completamente chiuso in cui sono rinviate la totalità delle manovre», aggiunge il Guelfi.
“Alla grande” ha una prua a scow, arrotondata e fuori dall'acqua, per trovare il miglior passaggio sulle onde; la posizione inclinata dell'albero serve per ottenere migliori performance e più controllo ad alte velocità,; il pozzetto riparato di cui parla Guelfi ha soli 4 winch e timoni basculanti che si sganciano automaticamente verso poppa in caso di urto contro un oggetto galleggiante.
Inoltre la linea della coperta è particolare rispetto ad altre barche: si nota la presenza di un doppio spigolo che ha il duplice scopo di irrigidire longitudinalmente la barca e ottimizzare la posizione del centro di gravità rispetto al limite di stazza imposto dalla Class 40.
Uno dei dettagli più interessanti della barca è nella sostenibilità ambientale. La vela, per sua natura, è uno sport con una forte componente ecologica. È inevitabile: in mare aperto la natura circonda il velista da ogni parte, e con lei bisogna fare i conti per prima. «Navigare a vela – dice Edoardo Bianchi – ti consente di immergerti completamente nell'ambiente con un impatto contenuto su di esso. Oggi siamo alla ricerca di soluzioni che possano rendere ancora più sostenibile la navigazione a vela oceanica, senza nulla togliere alla performance, che è poi il fulcro, ovviamente, della competizione». Non è un caso che il cantiere Sangiorgio Marine stia lavorando da tempo su sinergie con il mondo del fotovoltaico e del riciclo della materia prima composita, quindi sull'ottimizzazione delle fonti energetiche e sul recupero e il riutilizzo dei materiali.
Con “Alla grande”, Beccaria porterà intorno al mondo una barca tutta italiana, con una buona dose di orgoglio nazionale. Non è un dettaglio marginale, per lui: quando ha vinto la Mini-Transat nel 2019 è diventato il primo italiano ad aggiudicarsi una competizione tradizionalmente francese, dimostrando di saper navigare nell'Atlantico come e meglio dei bretoni. Un tipo di ambizione che si cerca di emulare nella progettazione e nella realizzazione della barca. «Fino ad oggi la tradizione oceanica ha avuto quasi un unico punto di riferimento a livello costruttivo – conclude Bianchi – ed erano i cantieri bretoni: la grande sfida di “Alla grande” è quindi quella di far emergere l'Italia anche nel campo della vela oceanica. Per questo motivo sono molto fiero della scelta di Ambrogio di costruire la barca in Italia (e in Sangiorgio Marine), vuol dire aver scelto non solo l'eccellenza italiana in termini di design e stile, ma anche in termini costruttivi, con il coinvolgimento di un cantiere italiano, anzi genovese, nella corsa verso l'Oceano. Finalmente possiamo portare il valore della manifattura italiani attraverso gli oceani del mondo.
il valore del made In Italy in giro per gli oceani».