All'apparenza, le smart cities sono la risposta a molti dei più pressanti problemi urbani che affliggono il pianeta. Dalla gestione dell'inquinamento e delle congestioni, alla pianificazione delle risorse, fino alla riduzione della criminalità. La tecnologia che rende le città “smart” promette di rivoluzionare il modo in cui viviamo e lavoriamo e si basa principalmente sui dati raccolti dai sensori in rete, collegati praticamente a tutto: dai veicoli del trasporto pubblici, alle infrastrutture, fino ai contatori di elettricità e consumo dell'acqua, all' illuminazione stradali, ai parchimetri e, perfino, nei contenitori della spazzatura. La raccolta dei dati da questa “Internet of Things” (IoT) permette ai city planner di gestire le risorse nei modi più disparati; ad esempio, possono elaborare percorsi di raccolta dei rifiuti che permettano di risparmiare tempo e denaro, oppure è possibile informare i conducenti circa i parcheggi liberi più vicini.
Pressioni urbane
E proprio perchè oggi la maggior parte delle città del mondo sta fronteggiando seri problemi in termini di risorse, che molte hanno messo a piano progetti pilota per città più “smart”. Man mano che la popolazione cresce, la congestione delle strade e dei servizi di trasporto pubblico porta alle paralisi urbane così come la riduzione esponenziale delle risorse naturali. Un esempio su tutti è Città del Capo, che a inizio del 2018 si è pericolosamente trovata prossima all'esaurimento totale delle sue risorse idriche. Trovare modi per gestire in modo più efficace le limitate risorse urbane e per ottimizzarne l'uso da parte dei cittadini non è più uno lusso tecnologico ma, spesso, necessità assoluta. La tecnologia IoT promette di infondere nuova vita ai vecchi modelli di approvvigionamento e di offrire un rapido ritorno sugli investimenti nelle infrastrutture cittadine; resta il fatto che la sua implementazione è ben più difficile di quanto non risulti sulla carta. Anche le città più all'avanguardia stanno scoprendo che tradurre sperimentazioni tecnologiche pilota in veri e propri programmi che si rispecchino in politiche pubbliche realmente al servizio dei cittadini, è un compito arduo. A Barcellona, da sempre considerata smart city pioniera, questi progetti pilota sono di portata enorme: 500 km di fibra ottica a banda larga ultra elevata, Wi-Fi gratuito implementato attraverso l'illuminazione stradale, un'ampia varietà di sensori che monitorano qualsiasi cosa, dai contenitori dei rifiuti fino alla qualità dell'aria, tra gli altri. E già si vedono i primi risultati: i parcheggi cittadini, ad esempio, utilizzano meno acqua, problema critico in una conurbazione dove le risorse idriche scarseggiano. I servizi degli autobus sono diventati più affidabili, con sistemi di obliterazione semplificati e il miglioramento del sistema di aggiornamento degli orari pubblicati alle fermate.
Il bene pubblico
Per ora non ci si può lamentare ma come dichiarato da Francesca Bria, chief technology officer e digital commissioner di Barcellona, al Financial Times in un'intervista del 2017: “Il comune ora è sovrastato da un'incredibile massa di dati e informazioni da gestire ma non siamo ancora effettivamente in grado di interpretarli per adottare decisioni migliori per il bene pubblico o per assegnare ai cittadini la titolarità di tali dati”.
E l'utilizzo dei dati è uno dei problemi puù diffusi nei vari progetti delle smart cities; anche ad Amsterdam, altra smart city pioniera di alto profilo, per creare la piattaforma dei dati per gli oltre 80 progetti pilota della smart city, si è dovuto per prima cosa archiviare 12.000 set di dati in 32 dipartimenti cittadini, come attestato da un case study del 2016 condotto da MIT Sloan Management Review. Questi progetti sono un vero e proprio atto di fede, visto che nel breve termine ripagano in modo molto limitato. Inoltre, come affermato dal chief technology officer di Amsterdam, Ger Baron: “si tratta di un lavoro veramente noioso”.
Altre problematiche, tipiche dei progetti di city con l'IoT, emergono invece non appena la tecnologia viene implementata. Per tornare a Barcellona, ad esempio, i parchimetri intelligenti si sono di mostrati limitati nell'utilizzo; nella maggior parte delle città, i parcheggi liberi vengono candidamente accalappiati nel giro di un istante da conducenti di passaggio, rendendo quindi i sistemi automatizzati per i conducenti in cerca di parcheggi liberi ampiamente ridondanti. Altri progetti sono stati criticati in quanto insufficientemente inclusivi. In India, ad esempio, dove si era promesso di costruire 100 smart cities entro il 2020, sono state adottate poche disposizioni all'interno dei piani per i quartieri con cittadini a reddito misto, per le case popolari, per i venditori ambulanti, per la sicurezza delle donne e dei bambini, secondo quanto affermato da un report altamente critico.
I problemi come questi rispecchiano una delle più controverse verità sulle città. Per quanto buona possa essere la tecnologia, spesso esse sono semplicemente troppo grandi e troppo confusionarie anche per i progetti pilota meglio implementati, affinché possano tradursi in benefici diffusi per i cittadini. Le difficoltà persistono anche nelle città costruite ex novo con il concetto smart in mente, ad es. Songdo in Corea del Sud o Masdar City ad Abu Dhabi. Entrambe sono state concepite con grandi ambizioni, ma faticano ad attirare cittadini e attività necessarie per portarle a compimento. Le città normalmente descritte come “inspiegabilmente tranquille” non corrispondono certo a queste city.
Potere alle persone
Quindi, in che modo le smart city soddisfano meglio le necessità delle persone e adempiono alle promesse tecnologiche? Qualche risposta arriva da Londra, dove Transport for London, fornitrice dei servizi di autobus e metropolitana con copertura di tutta la città, ha gratuitamente aperto i propri set di dati a favore di sviluppatori esterni. Il risultato è un set altamente innovativo e in rapida crescita di app e servizi che contengono le informazioni di viaggio per i cittadini in tanti modi creativi. Questo permette alle persone di decidere autonomamente come sfruttare il tessuto smart della city.
Naturalmente, questi approcci aperti e focalizzati sul mercato non sono certo una novità. Il prodotto Google Maps è diventato la vera piattaforma per un vertiginoso ventaglio di servizi basati sulla smart city, grazie in particolare al fatto che è a disposizione di tutti; inoltre, funziona anche nell'altro senso. È quindi possibile individuare il percorso più rapido con i mezzi di trasporto locali oppure prenotare Uber direttamente all'interno di Google Maps. Questo rende più labile il confine tra servizi pubblici e privati in un modo che, all'atto pratico, costituisce un vantaggio reale per i cittadini. Per ora, questo è probabilmente il modo più smart di essere per le nostre città, facilmente percorribili e scopribili. Dopo tutto, poter fare qualcosa non vuole dire necessariamente che si debba farlo. Questa è una lezione che gli smart city planner del mondo dovrebbero imparare, se desiderano veramente che i loro progetti spicchino il volo.