Jean Todt è uno dei personaggi più noti e conosciuti dell'automobilismo mondiale. Dopo 15 anni di brillante carriera come co-pilota di rally, è diventato direttore di gara per Peugeot, aggiudicandosi diversi titoli, tra cui il World Sportscar Championship, o Campionato del mondo sport prototipi.
Nel 1993 ha assunto la guida della divisione gare di Ferrari, portandola a sei titoli piloti, di cui cinque vinti con Michael Schumacher. È il Presidente della FIA, l'organo direttivo dell'automobilismo mondiale, e nel 2015 è stato nominato inviato speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per la sicurezza stradale. La sua missione è il miglioramento della sicurezza delle strade in tutto il mondo.
Come è nato il suo interesse per la sicurezza stradale?
La gente mi chiede spesso come è possibile che “Mr Speed” sia un promotore della sicurezza stradale. Per tutta la vita sono stato molto vicino al mondo automobilistico e negli anni ho purtroppo assistito a incidenti gravi e mortali. Sono esperienze che mi hanno profondamente ferito e una volta che le hai vissute, desideri veramente fare qualcosa per impedirle.
In base alla sua esperienza, quali sono le cause principali degli incidenti sulle strade pubbliche?
Non esiste una singola causa, ma esistono diversi fattori concorrenti: tuttavia, tre elementi in particolare contribuiscono al verificarsi di incidenti gravi o mortali. Non formiamo e istruiamo i conducenti in maniera sufficiente. Non rispettiamo abbastanza le norme stradali. Infine non abbiamo una risposta di emergenza adeguata in caso di incidente, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
Le Nazioni Unite hanno stabilito l'obiettivo di dimezzare il numero delle vittime stradali, ma noi cosa possiamo fare ora per avvicinarci sempre di più a questo obiettivo?
Si tratta sicuramente di un obiettivo ambizioso, ma proviamo ad esaminarlo nel suo contesto: in tutto il mondo le persone che perdono la vita in incidenti stradali sono oltre un milione all'anno. Prendiamo per esempio il mio Paese, la Francia, per fare un confronto. Durante gli anni '70 in Francia morivano circa 18.000 persone ogni anno a causa di incidenti stradali. Il governo decise perciò di rendere la sicurezza stradale una priorità ed oggi, nonostante sulle strade circoli il triplo dei veicoli, il tasso di incidenti mortali è stato ridotto in maniera drastica. Ciò che dobbiamo fare ora è dimostrare la stessa volontà di affrontare il problema a livello mondiale.
Che cosa può fare un'organizzazione come le Nazioni Unite per realizzare il cambiamento?
Le Nazioni Unite sono molte attive nel settore della sicurezza stradale: hanno incluso la sicurezza stradale tra gli Obiettivi di sviluppo sostenibile ed hanno stabilito l'obiettivo di un trasporto sicuro, accessibile ed economico, compreso il trasporto pubblico, a disposizione di ciascun cittadino entro il 2030. Anche le imprese sono tenute a dare il proprio contributo: esse possono infatti fornire la tecnologia necessaria per rendere i veicoli più sicuri e possono aiutarci a reperire i finanziamenti per potenziare la consapevolezza e l'impatto della sicurezza stradale. Pirelli è stata proprio una delle prime imprese private ad effettuare una donazione all'UN Road Safety Trust Fund.
C'è qualche cosa di semplice che i governi potrebbero fare per realizzare un forte impatto?
Ce ne sono tantissime. Circa il 40 percento delle vittime di incidenti stradali che si verificano nei Paesi in via di sviluppo è costituito da pedoni, ma un'illuminazione migliore e indumenti con catarifragenti potrebbero rendere i pedoni molto più visibili, ad esempio. Tutti i governi potrebbero rendere le cinture di sicurezza obbligatorie e fare valere la legge. I motociclisti potrebbero indossare caschi protettivi idonei e omologati. Se l'obiezione è che il problema è il prezzo, noi in FIA abbiamo contribuito allo sviluppo di un casco di sicurezza totalmente conforme che è in vendita a meno di 20 Euro e che risponde ai requisiti minimi di sicurezza delle Nazioni Unite.
C'è qualcosa che possiamo imparare dall'industria automobilistica in merito alla sicurezza stradale?
Possiamo imparare moltissimo, soprattutto se consideriamo i progressi fatti negli ultimi 50 anni nel settore automobilistico. È sufficiente analizzare come i tassi di incidenti e gli infortuni siano diminuiti a seguito di una migliore progettazione dei circuiti e di dispositivi di protezione più efficaci. Sistemi di controllo della stabilità, caschi migliori, cinture di sicurezza più efficaci sono prima stati introdotti nell'ambiente delle gare automobilistiche, quindi inseriti nella normale guida quotidiana.
Ci può dire qualcosa sulla campagna per la riduzione della velocità #Love30 nell'ambito dell'edizione di quest'anno dell'UN Global Road Safety Week?
È una campagna che intende sensibilizzare le persone sull'importanza dei limiti di velocità e ad aiutarle a vedere ciò che essi hanno di positivo, soprattutto in presenza di traffico misto e utenti della strada vulnerabili. È risaputo che un incidente stradale a 30 km/h ha esiti ben diversi dallo stesso incidente a 50 km/h. Inoltre, nell'ambito di questa campagna tentiamo di cambiare la mentalità e di fare capire alle persone che l'idea che non avranno mai un incidente perché non ne hanno mai avuto uno è assolutamente sbagliata. Le persone sottovalutano le conseguenze degli incidenti, non solo per se stesse e le loro famiglie, ma anche per le persone attorno ad essi.
Come dovremmo utilizzare la nuova tecnologia per rendere più sicuro il futuro dell'intera mobilità?
La nuova tecnologia digitale avrà di sicuro un impatto, ma serve tempo. Dobbiamo ricordare che nel mondo in via di sviluppo l'età media di un veicolo da strada supera i 20 anni, e questo tipo di veicoli non possiede alcun tipo di tecnologia. Perciò, prima di pensare alla tecnologia, dobbiamo pensare a soluzioni semplici, dirette e immediate. Prendiamo ad esempio l'applicazione delle leggi, che è in grado di generare un impatto immenso e immediato. Ad esempio, oggi mi trovo in Svizzera, che è un paese dove le sanzioni per le violazioni delle norme stradali sono molto alte. E credetemi, gli svizzeri guidano rispettando le regole. Non vi è motivo per cui ciò non possa valere anche altrove.
Ha motivo di credere che il messaggio sulla sicurezza stradale sia percepito in tutto il mondo?
Io spero di sì, e ne sono convinto. Perché se visitate un luogo come l'Africa, dove potete vedere i terribili rischi corsi dalle persone per il semplice fatto di spostarsi da un posto ad un altro, vorrete poi fare qualcosa di concreto. Le Nazioni Unite hanno dichiarato che la sicurezza stradale è un diritto umano e ciascun cittadino deve godere di questo diritto. Tuttavia possiamo far valere tali diritti se siamo tutti bene istruiti. Una cosa che mi soddisfa è quando vedo come i giovani possano istruire i più anziani sulla sicurezza stradale, quando ad esempio qualcuno dice: “Papà, non hai allacciato la cintura di sicurezza”. Bene, è ora di allacciare la cintura di sicurezza, indipendentemente dalla vostra età.