Un team di ingegneri dell'Università del Wisconsin-Madison, in collaborazione con colleghi cinesi, ha sviluppato un metodo che sfrutta gli pneumatici delle automobili per la generazione di energia.
Questo metodo prevede il rivestimento di piccole sezioni di ciascuna ruota con uno strato polimerico sottile e flessibile che lo rende idoneo a catturare gli elettroni. Questa funzionalità è importante poichè la maggior parte delle superfici stradali è in grado di rilasciare abbondantemente queste particelle. La loro unione è in grado di creare un efficace circuito che permette alla carica di fluire, formando così la base del generatore di energia, comunemente chiamato generatore triboelettrico.
Il termine triboelettrico suona un pò strano, ma in realtà il suo significato è molto comune in quanto “tribo” deriva dal greco e significa strofinio. Provate a spazzolare i capelli con un pettine: ad un certo punto sentirete un rumore simile ad un crepitio, che è appunto la carica triboelettrica. Lo strofinio vigoroso di un palloncino con un maglione di lana e il fatto che in seguito il palloncino rimanga attaccato ad una parete verticale sfrutta lo stesso effetto.
Il movimento della spazzolatura o lo strofinio riesce a trasferire la carica tra i due materiali e questo fenomeno è stato osservato per la prima volta dagli antichi Greci. Gli studiosi hanno poi realizzato che l'effetto era particolarmente intenso quando si utilizzava l'ambra; non per niente il termine ambra in greco si traduce con elektron.
Anticipazione
Il punto essenziale per il funzionamento del generatore di energia che sfrutta gli pneumatici è la struttura del polimero flessibile. Formalmente parlando lo si definisce nano-generatore triboelettrico per via della tecnologia di micro-ingegneria che è necessaria per comprenderne il funzionamento.
La maggior parte dei nano-generatori triboelettrici operano grazie all'unione dei due materiali in grado di dare origine allo scambio di elettroni. Ciò non si verifica con gli pneumatici delle automobili in quanto il peso del veicolo schiaccia e comprime i due materiali e ne distrugge rapidamente le proprietà di generazione di energia. Il Professore Xudong Wang dell'Università UW-Madison, a capo della ricerca, sostiene tuttavia che una notevole quantità di energia all'interfaccia tra lo pneumatico e l'asfalto venga sprecata. Circa il 10 percento del carburante di un veicolo viene consumato per superare la frizione causata dalla gomma a contatto con la strada.
Le prime prove sul generatore hanno dimostrato che esso è in grado di alimentare con successo sei LED di un'automobilina giocattolo. Ogni volta che le lunghezze del polimero toccavano la superficie stradale, le piccole spie a bassa potenza lampeggiavano. La ricerca suggerisce pertanto che veicoli più grandi che viaggiano a velocità più elevate dovrebbero essere in grado di recuperare una maggiore quantità di energia.
“Sulla base dell'energia di frizione consumata dalle auto e dell'efficienza di conversione dell'energia triboelettrica, lo sfruttamento dell'energia della frizione dalla rotazione dello pneumatico potrebbe idealmente migliorare l'efficienza del carburante di circa il cinque percento” spiega il Professor Wang.
Si tratta di un incremento notevole che potrebbe andare ad aggiungersi agli altri metodi utilizzati dalle auto elettriche ed ibride per recuperare energia. Alcune di queste tecniche, come ad esempio la frenatura a recupero, funzionano al meglio se i freni vengono azionati lentamente e gentilmente, mentre il funzionamento del generatore di potenza dagli pneumatici è più regolare.
Alti e bassi
Il Professor Wang ammette tuttavia che la ricerca è ancora agli albori ed i test sui veicoli più grandi devono ancora essere eseguiti. “Ho sviluppato il concetto nel mio laboratorio, ma non dimentichiamo che integrare il componente del generatore in uno pneumatico vero e proprio è una cosa totalmente diversa,” ammette. “Questa integrazione richiede la progettazione e l'inserimento dei materiali dell'elettrodo nello pneumatico, oltre allo sviluppo del circuito.”
Il Professor Wang aggiunge anche che in presenza di finanziamenti idonei, questi problemi dovrebbero essere risolti in maniera agevole. Insieme ai colleghi, egli continua infatti ad approfondire la propria attività, migliorando l'efficienza e potenziandola.
In tutto il mondo vi sono numerosi gruppi di ricerca che cercano di utilizzare i generatori triboelettrici per sfruttare o ricavare l'energia che altrimenti andrebbe persa. Questa attività ha rapidamente migliorato l'efficienza di sfruttamento dell'energia di numerosi materiali potenziali. In soli due anni un importante gruppo del Georgia Institute of Technology negli Stati Uniti è riuscito ad aumentare la densità della potenza di uscita dei materiali candidati da soli 300 milliwatt a metro quadrato a 500 watt.
Oltre le sfide
Tuttavia, non tutti sono convinti che i materiali che possono essere strofinati o spremuti per generare energia saranno per forza una conquista. “In effetti la quantità di energia da recuperare è modesta,” spiega il Dottor Paul Mitcheson, assistente all'Imperial College di Londra in materia di conversione dell'energia elettrica ed esperto di sostanze dalle quali è possibile ricavare energia.
Il Dottor Mitcheson ritiene che esistano dei limiti fondamentali sulla qualità del funzionamento di alcuni dei sistemi proposti poichè essi spesso riguardano solamente una minima deformazione o movimento indotto dalla vibrazione. Esiste un limite alla quantità di energia che il sistema può originare.
“Anche se i materiali hanno un buon isolamento, essi tendono a fare parte di un sistema intero e questo fattore potrebbe contribuire ad esaurire una parte di tale efficienza” spiega.
Le prime applicazioni per questi materiali hanno generato solamente una quantità di energia sufficiente per il funzionamento di piccoli sensori. Tuttavia, ciò significa che vengono raccolte maggiori informazioni che potrebbero contribuire a fare funzionare dispositivi più grandi, che si tratti di auto o di telefoni, con un minor dispendio energetico.
“Tale efficienza aggiuntiva non deriva solamente dall'energia che lo sfruttamento genera” spiega sempre il Professor Mitcheson. “Essa proviene anche dalle informazioni aggiuntive che si hanno sulla modalità di funzionamento."