L'80% del commercio mondiale dipende dalle catene di approvvigionamento: quando si chiede a un'azienda di ridurre le emissioni delle sue attività bisogna risalire a chi fornisce le materie prime, a chi si occupa della logistica, a chi assembla le componenti, fino a completare, pezzo dopo pezzo, l'intero mosaico. Le emissioni prodotte in questo modo rientrano nella categoria Scope 3, che raggruppa i gas a effetto serra (Ghg) generati da operazioni di business da fonti che non sono direttamente possedute o controllate da un'impresa, come la catena di fornitura, il trasporto, l'acquisto di beni e servizi, le attività relative alla produzione di energia, lo smaltimento dei prodotti. Sono le più difficili da misurare e da ridurre: richiedono alle organizzazioni di cercare, individuare e stimare casi di emissioni di carbonio che non rientrano nella loro impronta di carbonio diretta e di quantificarli attraverso la catena del valore non soggetta al loro controllo diretto. Per questo lo Scope 3 è particolarmente sfidante per tutti.
La decarbonizzazione è un processo complesso, specialmente dove le filiere sono molto articolate. È per questo che le grandi aziende più impegnate nel ridurre il loro impatto sul pianeta devono investire molto più che in passato per intervenire su questo specifico segmento. Pirelli è un esempio virtuoso in questo senso, mantiene un dialogo attivo con i suoi fornitori, con cui condivide obiettivi e percorsi, e prova a tenerli tutti allineati alla sua strategia di decarbonizzazione. «Il percorso di Pirelli verso una maggior attenzione all'ambiente è iniziato da tempo, grazie a innovazione, ricerca e sviluppo che riguardano prima di tutto i materiali e i processi produttivi», dice Silvia Marangon, Sustainability & Decarbonization Specialist dell'azienda.
Marangon è intervenuta durante il panel “Decarbonizzazione e Scope 3: l'impegno delle imprese, il ruolo dei fornitori”, nell'ambito del Salone della CSR e dell'innovazione sociale – un appuntamento culturale che da 12 anni promuove occasioni di confronto e aggiornamento tra le imprese e altri player. Pirelli ha raggiunto gli obiettivi relativi a Scope 1, 2 e 3 con due anni di anticipo rispetto ai piani iniziali e ora ha definito un nuovo piano di decarbonizzazione che è il più ambizioso nel settore degli pneumatici. Con i target validati da Science Based Targets Initiative (Sbti) di agosto, l'azienda si impegna a ridurre le emissioni di Scope 1 e 2 dell'80% entro il 2030 rispetto all'anno base 2018 e le emissioni di Scope 3 del 30% nello stesso arco di tempo. è stato, inoltre, stabilito un obiettivo di Net Zero per l'intera catena del valore, che prevede una riduzione del 90% delle emissioni di Scope 1,2 e 3 entro il 2040 rispetto al 2018, in linea con gli obiettivi dell'Accordo di Parigi.
«L'86% delle emissioni totali di Pirelli derivano dallo Scope 3 e la gran parte è rappresentata dai fornitori di materie prime, poi c'è una piccola parte legata ai trasporti inbound e outbound», spiega Marangon. «Abbiamo riscontrato una notevole eterogeneità nella maturità climatica dei nostri fornitori, per questo motivo è stato fondamentale sviluppare un solido programma di coinvolgimento personalizzato ed adattabile alle diverse tipologie di fornitori. Inizialmente ci siamo concentrati sui fornitori considerati principali emettitori, per poi estendere i requisiti di decarbonizzazione a tutti, non ci focalizziamo solo sulla raccolta dei dati: noi chiediamo che si allineino alla nostra strategia di decarbonizzazione e li incoraggiamo a stabilire obiettivi di riduzione delle emissioni e ad adottare pratiche più sostenibili. Questo fa sì che l'intera catena di approvvigionamento sia sostenibile».