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“Blue Forest”: la foresta in fondo al mare

L’iniziativa di One Ocean Foundation per la salvaguardia dei fondali marini, supportata da Pirelli

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È una missione delicata: proteggere le componenti fondamentali del nostro capitale naturale blu attraverso la salvaguardia degli ecosistemi marini. One Ocean Foundation – realtà non profit italiana operante a livello internazionale per la salvaguardia dell'oceano – è impegnata in questa missione di tutela e ripristino degli ecosistemi marini con la piantumazione di Posidonia oceanica, una pianta molto importante per il Mar Mediterraneo perché in grado di assorbire il doppio dell'anidride carbonica rispetto alle foreste terrestri. Diffusa solo nel nostro bacino e sopravvissuta all'era glaciale, la Posidonia oceanica sta progressivamente scomparendo, a causa del cambiamento climatico, dell'inquinamento, della pesca a strascico e di altre infinite variabili.

Nel contesto internazionale dell'Agenda 30x30 delle Nazioni Unite, Jan Pachner, segretario generale di One Ocean Foundation, racconta lo stato di salute di ciò che esiste in fondo all'oceano e delle azioni volte a preservarlo, come l'ultima iniziativa della fondazione: “Blue Forest”, il progetto lanciato a tutela della Posidonia che vede anche Pirelli tra i suoi partner. L'obiettivo è letteralmente una distesa di praterie sottomarine, un vero e proprio polmone verde del mare.

“Blue Forest” è l'ultima iniziativa di One Ocean Foundation. Di cosa si tratta?

Come Fondazione ci occupiamo principalmente di tre tematiche. La prima è la parte di sensibilizzazione nelle scuole e nelle università per aumentare la consapevolezza sull'importanza dell'oceano. Ci sono poi le attività e i progetti di rilevanza scientifica, come appunto la riforestazione delle piante marine oppure la raccolta di campioni di acqua per verificarne lo stato di inquinamento e la presenza di specie aliene e di fattori di stress. Infine il terzo settore è la cosiddetta blue economy, aiutiamo cioè le grosse industrie a rendersi conto dell'impatto che le loro attività hanno sull'oceano: l'80% delle pressioni sull'ambiente marino sono infatti conseguenza di ciò che facciamo sulla terraferma. Ed eccoci dunque a “Blue Forest” che nasce con l'intento di proteggere le foreste marine, perché – anche se non ce ne rendiamo conto visto che viviamo fuori dall'oceano – sono indispensabili per la vita dell'uomo. Da qui il progetto di piantumazione della Posidonia oceanica.

Quali sono dunque i principali benefici che le foreste marine, e la Posidonia oceanica, possono apportare?

Ci aiutano a combattere il cambiamento climatico. Riescono ad assorbire il 50% dell'anidride carbonica prodotta nell'atmosfera pure occupando solo l'1% del fondale. Hanno una resa migliore di qualsiasi pianta che si trova sulla terraferma, anche meglio delle foreste amazzoniche. Nel caso della Posidonia invece, è la tipologia di pianta più diffusa nel Mar Mediterraneo. Si stima sia responsabile addirittura dell'80% della produzione costiera di ossigeno. Si tratta infatti di una pianta di terra finita nel mare al termine dell'era glaciale. È inoltre indispensabile per la biodiversità nell'oceano, è un “hotspot”, il termine tecnico per indicare un'area dove al suo interno si trovano oltre 350 specie diverse.

Come si presenta la situazione attuale? Come stanno andando avanti le vostre iniziative?

Abbiamo iniziato con i progetti sulla Posidonia circa due anni fa, proprio a livello di riforestazione. È un processo molto costoso e molto lento. Non è come piantare un albero sulla terraferma: bisogna andare sott'acqua con del personale qualificato, mappare il fondale per trovare i punti ottimali per la sua crescita e la sua conservazione. In più Posidonia è una pianta con una crescita lenta, di circa un centimetro all'anno, quindi richiede costante monitoraggio. Oggi, grazie all'attività che facciamo in collaborazione con l'Università di Genova, abbiamo piantato e ripristinato circa 200 metri quadrati di foresta marina, con un tasso di sopravvivenza delle piante superiore all'80%.

In che modo immaginate l'ecosistema marino da qui a dieci anni? E qual è il suo stato di salute?

In miglioramento. Rispetto a 50 anni fa il trend sta proseguendo in una direzione positiva. Oggi c'è più consapevolezza dell'importanza dell'oceano, dell'impatto che ha. Grazie anche al piano 30x30, ossia preservare almeno il 30% dell'oceano e farlo entro il 2030, ci sono molte più politiche di ripristino del capitale naturale a cui le industrie devono sottostare, esempio pratico installando dei dispositivi di pulizia delle acque. Piano piano stiamo riuscendo nell'intento di limitare i danni e di tutelare il patrimonio naturale esistente, per quanto il Mediterraneo sia un'area molto sensibile visto che l'essere un bacino chiuso lo rende particolarmente esposto al cambiamento climatico e all'attività umana lungo le coste. Però, anche se lentamente, da qui a dieci anni ci immaginiamo un progressivo e regolare miglioramento.

Qual è il ruolo della singola persona nella protezione delle foreste marine?

Chiaramente l'azione maggiore è quella che viene dalle più grandi industrie, serve che siano loro a fare un passo in questa direzione. Anche il singolo però può dare il suo contributo. Per questo ci troviamo a organizzare un lavoro di educazione e informazione sulle foreste marine di cui parlavo prima: magari limitando le uscite in barca o con il gommone, soprattutto nel periodo estivo, oppure segnalando alle autorità competenti la presenza di discariche abusive lungo le coste o raccogliendo e gettando via i rifiuti che si trovano sulle spiagge, un po' come tanti hanno l'abitudine di fare in montagna. E allora perché limitare queste pratiche alla montagna? Un piccolo gesto serve a sensibilizzare e aumentare la cultura e il rispetto per l'ecosistema marino, che anche se conosciamo molto poco fa tantissimo per la lotta al cambiamento climatico.

E allora come possono partnership importanti, come anche quella con Pirelli, aiutare a portare avanti la missione?

In tanti, infiniti modi. La partnership con aziende come Pirelli, che spesso sono eccellenze in ambito sostenibilità nel loro settore, ci offre non solo maggiore visibilità, ma ci permette di diffondere il progetto a tanti altri brand dello stesso settore e aumentarne così la sua credibilità. In questa missione abbiamo capito che non basta più la sola filantropia, siamo noi in prima linea a doverci muovere verso le grandi aziende, per aumentare la capillarità e la consapevolezza della tutela dell'ecosistema marino.

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