In principio fu Ronaldo. O' Fenomeno, quello de “La potenza è nulla senza controllo” e del paso doble che ubriacava i migliori difensori del mondo. Poi venne il turno di Adriano, l'Imperatore dal sinistro che buttava giù le porte. Poi, ancora, Maicon e Lucio, ministri della difesa dell'Inter del Triplete e ultimi testimoni di quel filo che unisce il Brasile a Milano, il Maracanã a San Siro, i raggi del sole che illuminano il Corcovado alla nebbia che avvolge Piazza del Duomo alle prime ore del mattino. Fino ad oggi. Fino all'arrivo del nuovo figlio prediletto di San Paolo dall'apelido importante. Perché che Gabriel Barbosa Almeida sia soprannominato “Gabigol” dice già tutto di quel che è stato è e sarà.
A partire da quel che combina durante la trafila nelle giovanili del Santos: c'è chi dice che, tra il 2004 e il 2012, abbia segnato non meno di 400 reti nell'academy del Peixe, nella quale entra da autentica leggenda del futsal della nativa favela di Parque Seleta. E' proprio durante una partita di calcio a cinque che, all'età di 8 anni, viene notato dal leggendario Zito. Che ci mette pochissimo ad accordarsi con il padre, tifosissimo della squadra di Vila Belmiro e fortemente determinato a non lasciare che il figlio si accasi ai rivali storici del Sao Paulo, con i quali c'era già una bozza d'accordo.
Così come non ci vuole molto perché i maggiori club europei si accorgano di lui: Paris Saint Germain, Real Madrid, Barcellona e naturalmente Inter, anche in virtù del rapporto sempre più stretto tra Pirelli (main sponsor nerazzurro dalla stagione 1995/1996) e il Brasile, terra nella quale l'azienda è presente da 87 anni con quattro stabilimenti e dove risulta top of mind tra il pubblico maschile brasiliano appassionato - e non - di calcio.
Ma per il ragazzo il Santos ha progetti importanti: nel 2012 fissa una clausola rescissoria da 50 milioni di euro, record assoluto per un calciatore minorenne. Il motivo è presto detto: è lui l'erede designato di quel Neymar che sta per sbarcare in Europa. Il passaggio di consegne avviene il 26 maggio 2013: O'Ney ha da poco annunciato il suo passaggio al Barcellona e, in occasione del match contro la Fluminense (terminato 0-0), Gabigol fa il suo debutto in prima squadra. Tempo un paio di mesi e arriva anche la prima rete, un sinistro velenoso nel 2-0 contro il Vitoria, sei giorni prima del suo diciassettesimo compleanno. E' solo il primo passo di un percorso che lo porta ad insidiare da subito i record di precocità di Neymar: tra il 2013 e il 2016, saranno 56 i gol in 154 partite tra Brasilerao, Copa do Brasil e Paulistao, torneo che il Santos vince per due volte consecutive nel 2015 e nel 2016 e che, il 1 febbraio 2014 (vittoria per 5-1 ai danni del Botafogo), vede Gabigol realizzare la rete numero 12.000 dei meninos da vila nella storia della competizione.
In pochissimo tempo diventa uno dei calciatori più rappresentativi del Brasile: estro e sinistro al servizio di un fisico compatto (1.78 per 68 kg), in un giusto mix di tecnica e potenza che lo rende utilizzabile praticamente ovunque sul fronte d'attacco. Qualità che gli valgono l'esordio in Nazionale (con gol, ovviamente) il 29 maggio nell'amichevole contro Panama e la convocazione per la successiva Copa America del centenario. E anche nel torneo più importante del Sudamerica il nostro trova il tempo di lasciare il segno, apponendo la sua firma nel 7-1 della seconda partita contro Haiti.
I verdeoro, però, vengono eliminati già nel girone, ma Gabigol trova comunque il modo di farsi perdonare. Tempo un mese e, insieme a quel Neymar che gli aveva passato il testimone al Santos, è tra i protagonisti del primo oro olimpico nella storia del calcio brasiliano ai Giochi di Rio. Quando, nella notte della finale contro la Germania, gli spettri di Maracanaço e Mineiraço vengono allontanati dalla gioia e dal sollievo di un intero popolo. Per Gabriel la soddisfazione di uno dei massimi riconoscimenti per uno sportivo e la consapevolezza di avervi contribuito in maniera determinante grazie alla doppietta contro la Danimarca (gara terminata 4-0) che è valsa il passaggio ai quarti di finale del torneo.
Poi la giostra del calciomercato, le richieste da mezza Europa e il matrimonio con l'Inter che si concretizza il 30 agosto. E non poteva essere altrimenti: come Pirelli, che da tempo è impegnata in un importante progetto di Talent Review per individuare i profili migliori cui affidare le sorti future dell'azienda, anche l'Inter ha deciso di puntare su giovani di talento in un processo di crescita sportiva a medio-lungo termine, dando loro la possibilità di crescere, migliorare e migliorarsi. Nel calcio come nella vita, con il primo che è spesso metafora della seconda e con una delle più grandi comunità italiane all'estero a fare da ponte tra due paesi così lontani e così vicini allo stesso tempo.
Un ragazzo come Gabigol, cresciuto nella povertà di una favela di San Paolo e arrivato con le sue sole forze in uno dei campionati più importanti del mondo, incarna perfettamente questa filosofia. A lui il compito di guidare l'Inter presente e futura verso nuovi traguardi. Con un apelido che è già tutto un programma e con Milano e il Brasile ancora più unite di quanto si possa immaginare.