Ronnie Kessel non sa se esista un mondo senza le auto da corsa. A sei mesi, nel passeggino, viene spinto dalla madre nei box dei circuiti dove si svolgono le gare del padre, pilota di Formula 1. Respira un mondo di trionfi, delusioni, auto scintillanti, alettoni e tanto asfalto. Per Ronnie la musica dei motori è da subito una sorta di lingua madre, una sinfonia che lo rasserena e lo culla, al punto che nelle notti in cui ha difficoltà ad addormentarsi i genitori gli fanno ascoltare il rombo basso di un motore a dodici cilindri. È forse in quelle notti che comincia a sognare la vita che lo aspetta. Di fatto, oggi quella ballata a dodici cilindri raggiunge l'orecchio di chi si mette in contatto telefonico con la Kessel Auto, in Svizzera, e resta in attesa per parlare con gli esperti. Dalla morte del padre, nel 2010, Ronnie guida il gruppo Kessel, fondato nel 1976. La dimessa officina di Lugano diventata presto una carrozzeria e poi una celebre concessionaria, negli anni non ha mai smesso di trasformarsi e ingrandirsi, alimentata da visioni e intuizioni sul futuro delle auto. Da quando Ronnie ha preso in mano l'azienda, poco più che ventenne, il gruppo ha continuato ad assumere e ora i dipendenti sono centoventi. La concessionaria svizzera - Ferrari, Maserati e Bentley - è un luogo di pellegrinaggio per amanti di auto d'epoca, collezionisti di gioielli a quattroruote e adepti del culto dei vecchi bolidi.
“Tra gli otto e i dodici anni ho sviluppato una sorta di distacco, una forma di resistenza dal mondo delle macchine. Avevo paura che mio padre si facesse male durante le gare. Tanto che quando mi regalarono un go-kart preferii non usarlo”. Il desiderio di correre in pista però, pur non incoraggiato, si sviluppa segretamente e viene a galla anni dopo. “A quattordici anni andai da mio padre e gli dissi che mi sarebbe piaciuto correre con le auto”. Gli unici ostacoli sono l'età e il corpo: è talmente giovane - Ronnie resta il più giovane pilota al mondo ad essere sceso in pista al volante di una Ferrari GT - che i piedi non arrivano a spingere sui pedali. Rimandati i primi brividi, resta la promessa che appena sarà il momento potrà posizionarsi sulla griglia di partenza. Così supera il test, prende la patente e a sedici anni corre la prima gara. Al volante delle granturismo marchiate Ferrari, partecipa ai campionati Ferrari Challenge e mette insieme un bel numero di successi.
Da allora, il mondo delle Granturismo, delle domeniche passate in pista accanto a missili luccicanti, dei meccanici e dei piloti, non lo ha più lasciato. Come capita a tutte le vite professionali perfettamente realizzate, anche quella di Ronnie è segnata da sacrifici e rinunce. Le sue giornate sono sempre state molto impegnative: da adolescente rinuncia alle feste e seleziona poche amicizie, quelle che ancora restano. La passione per i motori diventa un vero business grazie anche agli anni universitari e al master in management. Difficile tracciare una linea tra lavoro e piacere. Come si può capire se una professione è davvero una passione? Basta sapere come si occupa il tempo libero: nei weekend senza impegni lavorativi, Ronnie va al velodromo “senza il team da seguire”.
In questi anni, tra corse, prove su pista, auto acquistate e vendute, esistono ancora delle auto che non ha avuto occasione di provare. “Ci sono delle Ferrari, per restare in famiglia, che per mancanza di tempo ancora non sono riuscito a guidare. Non ho mai guidato per esempio la Ferrari 512 BB, o una Ferrari F50”.
Per gestire un'attività così complessa e diversificata come il gruppo Kessel c'è bisogno non solo di energia e di abilità imprenditoriali, ma anche di doti caratteriali cruciali. Dalla famiglia, Ronnie non ha ereditato soltanto passioni, competenze e autosaloni, ma una particolare attitudine alla vita, un'indole, un temperamento: “da mio padre - dice Ronnie - ho ereditato una sua caratteristica: la freddezza. Aveva freddezza nell'affrontare ogni tipo di situazione. Se non hai freddezza quando a duecento chilometri all'ora di trovi un'auto di traverso, e può capitare, ti farai prendere dall'agitazione”. Nel caso del padre, freddezza voleva dire tanto lucidità quanto capacità di non farsi abbattere dalle avversità. “Ricordo che una volta c'è stato un incendio nella nostra concessionaria, causato da una scintilla. Avvertirono mio padre, e quando arrivò, aveva un'espressione normalissima, sembrava che non fosse accaduto nulla. Era già pronto per ricominciare”.
Nel 2017 l'azienda va ancora avanti grazie all'impulso originario di Loris Kessel, che vide in anticipo dove sarebbe andato il mondo sportivo. “Molte cose le faccio per passione, ma mio padre è ancora fonte di grande motivazione. So che sarebbe contento di vedere che proseguo con la sua attività e che l'azienda sta crescendo”. Ogni volta che arriva il momento per festeggiare un traguardo raggiunto e stappare una bottiglia di spumante, durante il brindisi Ronnie solleva lo sguardo verso il cielo. Come segno di affetto e di ringraziamento.