Chiedete alle grandi aziende se oggi si trovano ad affrontare la crisi delle skill; è altamente probabile che la risposta che riceverete sarà affermativa. In base a un sondaggio condotto dai consulenti McKinsey all'inizio di quest'anno, l'87% delle imprese in tutto il mondo ha affermato che se ne sta occupando in questo momento o che prevede di farlo nel giro dei prossimi anni. Solo il 6% ha affermato di non essere interessato dal problema.
Cosa implica esattamente una mancanza di skill? Per le aziende, si tratta di un problema che va a toccare ogni angolo del settore economico. La maggior parte delle persone avrà probabilmente notato che diversi negozi, hotel, ristoranti non sono riusciti a riaprire completamente dopo la pandemia da Covid, semplicemente perché non hanno trovato personale idoneamente formato. In alcune città come Londra, è in corso una guerra aperta tra i ristoranti di fascia alta per i servizi dei migliori chef e sommelier; l'offerta di stipendio per il personale è aumentata del 25% e oltre per poter accaparrarsi le migliori risorse umane disponibili.
Indisponibilità per tutto il settore economico
Ma il problema è molto più profondo, come attestato dai numeri dei posti di lavoro vacanti in tutto il mondo sviluppato. Ad esempio, proprio in questo momento, si registrano quasi 11 milioni di posti di lavoro vacanti negli Stati Uniti e più di un milione di posti di lavoro in attesa di essere occupati da lavoratori nel Regno Unito; si tratta di numeri decisamente straordinari per economie che sono appena riemerse da una lunga fase di recessione. Non tutti questi posti sono vacanti a causa dell'indisponibilità delle skill, ma senz'altro per molti è questa la ragione.
Secondo la ricerca condotta da Search, recruiting agency del Regno Unito, la crisi coinvolge tutto il settore economico, in quanto i settori ingegneristico, manifatturiero, servizi finanziari e sanitario sono tutti colpiti da indisponibilità delle skill. In tutti i settori, le skill più ricercate sono quelle legate alle tecnologie digitali.
Ad esempio, le 10 skill maggiormente richieste, secondo la classifica stilata di recente dalla rivista Forbes, erano tutte correlate alla tecnologia. Tra di esse: maching learning, intelligenza artificiale, tecnologie IoT, cybersicurezza e applicazioni cloud, data management.
Creazione di una nuova forza lavoro specializzata
La domanda successiva è da dove dovrebbero provenire queste skill, se indisponibili nel mercato del lavoro odierno. Questo tipo di expertise non piove certo dal cielo. Se si vogliono le skill, qualcuno deve investire, ma l'investimento nella formazione da sempre è il punto debole di tante economie sviluppate.
Alcuni anni fa, la società IBM, dalla sua piattaforma Internet, ha svolto una revisione ad ampio raggio per analizzare i crescenti gap nelle skill e le attitudini alla formazione. Ha lavorato con la consulenza di Oxford Economics per intervistare oltre 5.000 executive senior nelle diverse aziende, governi e istituzioni di alta formazione, chiedendo loro quali sono le skill di cui l'economia globale ha bisogno oggi, e in futuro, e come crearle.
Quasi l'80% degli intervistati sostiene che la principale responsabilità per gestire l'indisponibilità delle skill ricada sul governo. A seguire, ci sono le istituzioni di alta formazione. Di per sé, le aziende ricoprono solo il terzo posto.
Forse è proprio qui che c'è qualcosa che non va. Per le aziende era ormai pacifico che il modo per ottenere le skill necessarie era assumere nuovo personale, nella convinzione che ci sarebbero sempre state nuove risorse umane disponibili. Tuttavia, come abbiamo visto, oggi non è più così e potrebbe non esserlo neppure in futuro. I datori di lavoro hanno bisogno di un nuovo approccio, non da ultimo perché questo potrebbe anche avere un importante significato finanziario.
Il futuro è l'upskilling
Ha sicuramente una grande importanza finanziaria concentrarsi sul reskilling dei lavoratori esistenti, piuttosto che assumerne di nuovi, quando il costo del reskilling è decisamente inferiore. Secondo il Work Institute, società di consulenza privata, il costo medio per il processo di assunzione corrisponde a circa un terzo dello stipendio, che potrebbe facilmente corrispondere a più di $20.000. Tuttavia, si stima che il costo medio del reskilling per la transizione a un nuovo posto di lavoro equivale a meno della metà. È più economico creare skill che acquistarle.
È anche meglio per il morale. Numerosi sondaggi sulla job retention, condotti da società di consulenza come McKinsey e PwC, hanno mostrato che il senso di avere valore (e di valere l'investimento richiesto dall'upskilling) è più potente perfino degli incentivi finanziari, quando si deve limitare il costoso turnover del personale.
La notizia consolante è che la creazione di nuove skill nei lavoratori esistenti è più che mai facile ed economica. La formazione online (chiamata a volte "virtual training") e un'incrementale acquisizione delle skill (o microlearning), mentre si continua a lavorare, sono sempre più disponibili e impiegano le stesse reti e dispositivi di comunicazione che le società e gli individui utilizzano già nelle loro quotidianità.
Si potrebbe addirittura affermare che l'infrastruttura di upskilling è già esistente. Il solo aspetto che ne impedisce il funzionamento è il mindset "Hire first" a cui sono attaccate ancora molte aziende.
È chiaramente arrivato il tempo di cambiare quel mindset.