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Valentina Greggio, la formula della velocità

Campionessa di sci di velocità, detiene dal 2016 il record mondiale femminile della disciplina

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Sette medaglie mondiali – cinque ori, un argento e un bronzo – una Coppa del Mondo nella categoria SDH nel 2013, Coppa del Mondo nella categoria S1 nel 2015, 2016, 2017, 2018, 2022 e 2024, settanta podi: questo è il palmares di Valentina Greggio, sciatrice di velocità italiana. Classe 1991, è l'atleta più vincente nella storia della disciplina. La sua storia sportiva parte da lontano – scia infatti sin da piccola – e sembra da sempre intrecciata con la dimensione della velocità: «Quando scendevo sulla pista, andare veloce mi divertiva. Questo è quello a cui pensavo». Nel 2016 sulla pista francese di Vars è scesa alla velocità di 247,083 Km/h, ottenendo il record del mondo, ancora imbattuto. Laureata in Scienze Motorie, Greggio è insegnante, maestra di sci e preparatrice atletica. Qui racconta come si prepara un record del mondo, cosa significhi essere atleti e al tempo stesso professionisti e quale futuro si aspetta per la disciplina.

Come ti sei avvicinata allo sci di velocità e come sei diventata detentrice del record mondiale della disciplina?

«All'età di tre anni scivolavo sulla neve con il mio primo paio di sci. Come per la maggior parte dei miei coetanei, il primo approccio è stato con lo sci alpino. Già in quelle gare percepivo quanto mi piacesse la velocità, ma non sapevo esistesse una disciplina collegata. In Italia, poi, non esistevano piste di sci di velocità. Per me, quindi, la prospettiva era quella della discesa. Sono stata però contattata dall'attuale allenatore della Squadra Nazionale di speed skiing (sci di velocità) e così ho scoperto lo sci di velocità e quanto fossi portata per questo sport. Nel 2010 partecipavo alle prime competizioni e l'anno successivo entravo a far parte della Squadra Nazionale nella categoria SDH (ndr: S2, secondo l'attuale denominazione) che prevede l'utilizzo di materiali di serie da discesa libera. Nel 2013 vincevo il titolo Mondiale in questa categoria, laureandomi Campionessa del Mondo e stabilendo il record di velocità (ancora imbattuto) a 202,576 Km/h. Nel 2014 accedevo alla massima categoria, la Speed One (S1), con l'impiego di attrezzatura specifica per l'aerodinamica. A distanza di un anno ottenevo il titolo Mondiale e la Coppa del Mondo generale. Il 26 marzo 2016, nel comprensorio francese di Vars, stabilivo il record mondiale femminile di velocità, toccando i 247,083 Km/h, non ancora superati».

Quali sono le caratteristiche specifiche di questo sport?

«A differenza dello sci alpino, nello sci di velocità non ci sono le curve e l'obiettivo, come chiarisce il nome stesso della disciplina, è percorrere il tragitto della pista con la maggiore velocità. Scorrevolezza, sensibilità, buone capacità aerodinamiche: sono queste le qualità richieste. Immagino che tanti all'elenco aggiungerebbero il termine “coraggio”».

Come definiresti il tuo rapporto con la velocità e lo scorrere del tempo sul cronometro?

«Per me la velocità sugli sci rappresenta l'essenza e il superamento del limite, racchiuso nei diversi record via via ottenuti. È una dimensione che, però, per me entra in gioco solamente nelle competizioni, nella vita sportiva».

Quali sensazioni ti suscita ripensare alla gara di Vars nel 2016?

«È una giornata che ricorderò per sempre. Sono arrivata a Vars come sempre fiduciosa, ma al tempo stesso convinta che il record del mondo su quella pista non potesse essere battuto: la massima velocità raggiunta da una sciatrice su quel tracciato era infatti 236 Km/H. Aver battuto il record italiano con la prima discesa, arrivando a toccare i 240 Km/H, era per me già un risultato strabiliante. Durante la seconda discesa sentivo che la fatica andava diminuendo, un ottimo segnale: forse lì ho cominciato a credere davvero alla possibilità di battere il record del mondo. Arrivata alla fine, ho visto tutti i fotografi venirmi incontro, ma ero ancora troppo frastornata per realizzare qualcosa. Sono riuscita a vedere il tabellone con il risultato solo dieci minuti dopo: ho letto quelle cifre, 2-4-7, e solo allora ho compreso il tutto. Un aneddoto legato a quella giornata: la notte prima della gara avevo sognato di segnare il nuovo record del mondo. E così è stato».

Come si struttura la tua preparazione atletica? È cambiata rispetto a quando hai iniziato a gareggiare?

«Con il mio team nel corso del tempo abbiamo capito che per la mia performance è fondamentale simulare le condizioni di gara anche in contesti “a secco”, quindi non sulla pista, ma in palestra per esempio. Questo anche in virtù del fatto che in Italia non ci sono piste adibite allo sci di velocità: è necessario quindi trovare delle alternative per potersi allenare in maniera costante. Cerco sempre di analizzare la stagione appena conclusasi in rapporto alla successiva, individuando le aree dove poter migliorare. Quello che mi ha aiutata è stata sicuramente la consapevolezza: delle mie qualità, degli obiettivi che voglio ottenere, del mio modo di stare sugli sci. In questa disciplina è fondamentale rimanere lucidi, mantenere la posizione, essere resistenti, soprattutto a livello muscolare, per poter far fronte agli eventuali imprevisti lungo la discesa. Se nello sci alpino entra in gioco la forza esplosiva, qui è la resistenza a contare».

All'inizio della tua carriera eri una studentessa e un'atleta professionista. Ora sei un'atleta professionista e un'insegnante. Ti sei infatti laureata in Scienze Motorie e sei anche preparatrice atletica per giovani sciatori. Come riesci a conciliare queste diverse identità?

«Non è stato e non è sicuramente facile, bisogna sapersi organizzare e sfruttare ogni attimo al meglio. Non praticando uno sport di endurance, gli allenamenti possono essere dilazionati lungo la settimana e a seconda del calendario di gare: ci sono mesi in cui mi alleno più volte al giorno, altri in cui l'impegno è relativamente contenuto».

Essere un'atleta donna ha mai costituito un ostacolo per te?

«Non direi un ostacolo, dal momento che lo sci – sia di velocità che alpino – è uno sport inclusivo, paritario. La considerazione rispetto ai risultati è forse diversa: quando si parla di record del mondo, sono le velocità ottenute dagli atleti uomini a essere menzionate per prime, essendo di fatto assolute. Ci si può sentire, ogni tanto, in ombra».

In Italia a oggi non ci sono piste per lo sci di velocità. Immagino sia un tema che ti interessi da vicino. Quali altri cambiamenti ti auguri per la disciplina nel prossimo futuro?

«Sto cercando, insieme ad altri, di far riconoscere come idonea per lo sci di velocità una pista italiana, nelle vicinanze di Verbania, dove sono cresciuta e vivo. Il tracciato deve, però, essere veloce e garantire, quindi, competitività: gli atleti maschili ormai raggiungono velocità vicine ai 255 Km/H e le piste devono poterlo rendere possibile. Entrano poi in gioco la lunghezza del percorso, la ripidità e soprattutto l'accessibilità: raggiungere la cima in maniera semplice è un fattore necessario. Nella pista che sto monitorando al momento questo non è possibile: la vetta è raggiungibile solo in elicottero. Le attuali circostanze ambientali e climatiche di certo non aiutano: parecchi tracciati stanno scomparendo a causa dell'innalzamento delle temperature. È successo in Italia, ma anche in Svizzera. Guardando al futuro è molto probabile che la disciplina diventi sport olimpico nel 2030, con l'edizione francese della manifestazione. In Francia, infatti, c'è la pista più veloce al mondo: per me e per tutti gli atleti rappresenterebbe un vero momento di svolta».

Cosa puoi dirci della stagione alle porte?

«La stagione si apre il prossimo gennaio, il 18 per la precisione, in Finlandia. Mi sto preparando a questo appuntamento da due anni, lavorando assiduamente con il mio team, sia a livello di aerodinamica che di materiali. Si tratta adesso di concludere al meglio questo lavoro».

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