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Sofia Goggia e quella fame di vittoria

La discesista italiana tra trofei e ostacoli

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Sofia Goggia non si ferma. Ha sempre “fame” di vittoria, quelle già ottenute infatti non bastano mai. Classe 1992, è una delle sciatrici alpine italiane più vincenti di sempre: campionessa olimpica nel 2018 nella discesa libera a Pyeongchang, quattro Coppe del Mondo di discesa libera e ben due medaglie mondiali. È detentrice del record di 13 podi vinti in una sola stagione della Coppa del Mondo. Nel mezzo però ci sono anche infiniti sacrifici, cadute e ovviamente infortuni come quello che l'ha vista protagonista a inizio anno durante un allenamento a Ponte di Legno. Qui ha riportato la frattura di tibia e malleolo destro, costringendola a un fermo forzato a meno di due settimane dall'appuntamento di Crans Montana in Coppa del Mondo di sci alpino. L'attività di Sofia Goggia però è così: una disciplina di velocità, bellissima, libera quanto solitaria e pericolosa. Nel suo primo incidente in pista doveva ancora compiere 15 anni con una rottura del legamento crociato e del ginocchio destro. L'anno successivo è il turno del menisco. E la lista continua. Come tutte le volte però anche in questa la discesista italiana si rialza e riprende la sua corsa, ancora veloce, libera e pronta a tagliare la prossima vittoria.

Quando ti trovi in discesa a quelle velocità a cosa pensi?

Il piacere della discesa è proprio quello di sentire la velocità che ti entra nelle ossa. Quando gestisco bene le curve è una soddisfazione, appagamento puro e non penso a nulla. Anzi, a volte mi viene quasi da canticchiare.

Insieme alle vittorie sei stata abituata a reagire agli infortuni. Come ti sentivi prima dell'ultima caduta?

La mia carriera è costellata purtroppo da tanti infortuni, in ben sette occasioni sono stata costretta a sottopormi a operazioni. Prima dell'ultima caduta però mi sentivo bene, ero in forma. In gigante andavo davvero forte e pure in discesa comandavo con margine la classifica. È per questo che è stato molto duro accettare di chiudere la stagione con così largo anticipo.

E quando ti sei resa conto di esserti fatta male? Come si reagisce?

Non sentivo più il piede nello scarpone: ho capito immediatamente di avere qualcosa di grave e all'inizio non sai come affrontare i momenti successivi. I primi 20 giorni ho visto veramente il buio, poi arriva il momento di reagire. E così ho fatto, senza mai mollare un secondo.

Alla luce di tutti questi momenti di up e down, nello sport diresti che serve più il talento o il sacrificio?

Dico che il talento ovviamente serve, ma senza il sacrificio non si va da nessuna parte nello sport di oggi. Occorre fare con sacralità il proprio lavoro. Ho sempre messo me stessa e tutta la mia passione per arrivare ai risultati ottenuti.

Ti trovi ad allenarti e gareggiare all'interno di panorami mozzafiato. Dalle montagne come percepisci il cambiamento climatico?

Si percepisce a inizio stagione quando ti accorgi che le nevicate tardano sempre più ad arrivare, e di nuovo a fine inverno con gli sbalzi termici. Spesso è successo di gareggiare in località che avevano una lingua bianca in pista e all'esterno solo aree verdi.

Torniamo a te. Ci racconti un tuo life hack durante la preparazione a una competizione?

Non ne ho uno in particolare. Direi fare le cose che servono per performare nel migliore dei modi. Sono profondamente convinta che nella vita il lavoro rappresenti l'unico vero ascensore sociale e che alla fine sia ancora quello a pagare e premiare, sempre.

Tu e Federica Brignone siete le italiane più vincenti di sempre nella Coppa del Mondo di sci alpino. Cosa si prova?

Siamo due sciatrici vincenti. Abbiamo trionfato in discipline differenti e ottenuto molti podi insieme. È una bella sensazione ma lo sci rimane uno sport individuale, per cui resto focalizzata sempre e solo sulla mia discesa. L'aspetto che ci unisce in ogni caso è che le vittorie ottenute non ci bastano mai. Abbiamo sempre fame. 

Adesso qual è il tuo prossimo obiettivo?

Prima di tutto c'è la guarigione completa della mia gamba. Solo a quel punto stabiliremo gli altri e prossimi obiettivi agonistici.

Se non fosse diventata una sciatrice, chi sarebbe stata Sofia Goggia?

È difficile immaginare cosa sarei potuta diventare. Ogni tanto dico che sarei potuta essere una tennista, e adesso va anche di moda. Per quanto mi riguarda però l'importante è restare sempre e comunque Sofia Goggia.