Prima le persone
Intravediamo una luce in fondo al tunnel. Mentre scrivo questo articolo tutti nutriamo la speranza di riuscire a scongelare questo mondo in cui viviamo dal marzo del 2020. Com'è comprensibile, siamo impazienti di tornare alle nostre vite: eppure, la normalità è scomparsa per sempre. Vivremo in un nuovo contesto. Ma prima di passare a un nuovo contesto, è importante fermarsi e riflettere su questa semplice domanda:
che cosa abbiamo imparato da questa pandemia... oltre alle misure sanitarie di base e ai milioni di fatti e miti sul COVID-19?
Per molte persone vivere bene ed essere felici significa avere "soldi e fama", raggiunti attraverso il duro lavoro ma anche, e questo vale soprattutto per le generazioni più giovani, la visibilità sui social media. Giusto?
Capire la felicità
Lo studio di più lunga data è ancora in corso ed è partito nel 1938 ad Harvard. Ha misurato a intervalli regolari il grado di salute e felicità di un campione iniziale di 724 uomini, alcuni ancora in vita. Qualcuno ha avuto vite straordinarie, altri hanno dovuto combattere con gravi dipendenze e problemi personali. Che cosa rende queste persone sane e felici? La fama? I soldi? In poche parole: le buone relazioni sociali, a partire da coniugi e famiglia. È questione di poter contare sugli altri nel momento del bisogno. È questione di stabilire legami, legami reali con persone reali, non con un numero di follower o like dei social media.
E quindi cos'è successo dall'inizio della pandemia? Abbiamo dovuto interrompere i legami sociali, stare lontani dalle nostre famiglie, evitare abbracci e contatto fisico.
A questo mondo di relazioni disconnesse o congelate abbiamo sommato la paura per il lavoro. Nel mio ruolo di executive coach ho visto persone sopraffatte dal troppo lavoro e dalla mancanza di un confine ("giornate piene di Zoom") e persone preoccupate di perderlo, il lavoro, mentre intere aziende e settori cercavano di sopravvivere. È difficile dire quale sia la situazione peggiore.
Imparare a prendersi cura di sé
La pandemia, e l'evidente sofferenza dentro e attorno a noi, ci offre l'occasione di capire perché è importante prendersi cura di sé stessi e dimostrare cura ed empatia sincere nei confronti degli altri.
Cosa si intende per cura di sé? Fare in modo di avere sempre le batterie cariche: dal punto di vista fisico, emotivo, spirituale e mentale, tutti aspetti messi a dura prova negli ultimi 15 mesi. Un esempio: ci metteremmo mai alla guida dopo tre bicchieri di vino? Certo che no, è illegale e pericoloso: tre bicchieri di vino riducono le nostre capacità mentali del 35 per cento. Prenderemmo mai una decisione importante dopo una notte insonne? Non dovremmo, ma lo facciamo spesso anche se è risaputo che una notte inquieta riduce le capacità cognitive del 40 per cento. Ora provate a fare un paragone con la cura che dedichiamo ai telefoni. Quante volte controlliamo il livello della batteria? Siamo preoccupati quando raggiunge il 10 per cento? Eh, sì. Dimostriamo forse la stessa preoccupazione per la nostra di energia?
Un interessante studio incluso da Jordan B Peterson nel suo libro 12 regole per la vita fa notare come il 98 per cento di noi segua le istruzioni del veterinario per le prescrizioni dei propri animali domestici. Quando invece siamo noi ad andare dal medico, solo il 40 per cento segue le istruzioni e le indicazioni ricevute. Quindi siamo più attenti al benessere degli animali che non al nostro.
Prendersi cura di sé significa avere buon senso ed è la base per ogni leader efficace, capace non solo di essere efficiente, ma di dimostrare cura ed empatia.
Imparare l'empatia
Dalla pubblicazione di Intelligenza emotiva di Daniel Goleman nel 1995, abbiamo continuato a riflettere sull'empatia. Se è vero che il termine ora ci è chiaro, è arrivato il momento di capire le tre componenti dell'empatia:
1) cognitiva: l'empatia è la capacità di comprendere cosa prova l'altra persona;
2) emotiva: la capacità di sentire o almeno dimostrare di sentire le sensazioni dell'altra persona e riconoscere la sua sofferenza o il suo sentimento prevalente.
Gran parte delle persone riesce a fare tutto questo. È la terza componente che spesso sfugge;
3) attiva: dobbiamo agire, altrimenti rischiamo di mostrare solo "lacrime da coccodrillo".
Insomma, dobbiamo considerare La salute delle nazioni e mettere organizzazioni, comunità e persone alla base della "vera" ricchezza. Prendersi cura di sé stessi e degli altri con empatia, istituzionalizzare la cura sono imperativi morali e punto di partenza per ogni buon leader. Sono anche il punto di partenza per l'eccellenza imprenditoriale. Le persone danno il massimo solo se si sentono al massimo, fisicamente, emotivamente, mentalmente e spiritualmente. Hanno anche bisogno di uno scopo che abbia valore per loro e non solo di un obiettivo finanziario imposto dall'alto.
Le persone danno il massimo solo se si sentono al massimo, fisicamente, emotivamente, mentalmente e spiritualmente.
Come fiorire
Dave Ulrich, largamente considerato il padre delle moderne risorse umane e della leadership, ha scritto: "Per superare questi tempi difficili e scoprire opportunità dietro l'attuale crisi, prendetevi cura di voi. Se condividete i meriti dei successi e coinvolgete gli altri nelle decisioni, avrete creato un'organizzazione basata sul gruppo. Se portate i vostri valori personali nella vostra organizzazione, questa cultura permetterà agli altri di fiorire".
Guardando indietro a questo periodo incredibile della nostra vita dobbiamo riflettere sulle lezioni imparate. Possiamo riavviare e rinnovare i sistemi solo se cominciamo a prenderci cura di noi e degli altri con empatia sincera, non solo calandoci nei "sentimenti" degli altri, ma portando avanti azioni concrete.
Ripartiamo da noi: i piani aziendali e la ripresa economica seguiranno. Prima pensiamo alle persone.