Multiculturalismo, Nonluoghi e Culture: la sfida del Mondo Moderno
L'antropologo Augé parla di immigrazione, diritti civili e rispetto, di migrazioni e di straniero, soffermandosi sul concetto di dislocazione.
Ha studiato gli aeroporti, le autostrade, i centri commerciali; luoghi che si presentano sempre uguali in tutto il mondo. Ha dato loro un nome: nonluoghi. Luoghi, cioè, senza identità, che le persone attraversano in maniera anonima. Oggi, Marc Augé racconta l'altra faccia del viaggio: l'immigrazione, gli itinerari dei migranti che sono obbligati (e obbligano noi) a trovarsi faccia a faccia con l'altro. Occorre “rispettare le differenze, ma soprattutto le differenze tra singoli individui”, sostiene: rispettare le altre culture mettendo in chiaro che alcuni valori, come i diritti civili e l'uguaglianza tra uomo e donna, non sono negoziabili. Noto in tutto il mondo per le sue analisi del mondo moderno, l'antropologo oggi ha 80 anni e il suo ultimo libro tradotto in Italia è Un etnologo al bistrot (Raffaello Cortina 2015). Descrive il rapporto tra migrazioni e terrorismo, soffermandosi sul concetto di dislocazione e sulla rabbia della società nei confronti dello straniero. Sogna di placare la rabbia potenziando il sistema educativo, sia nelle nazioni di partenza sia in quelle di arrivo. Lo preoccupa un pianeta in cui il numero della popolazione continua a crescere al di sopra delle risorse disponibili. Forse, ammette, “un giorno troveremo un altro pianeta. Ma ora come ora in quello in cui viviamo non c'è abbastanza spazio.”
Chi sono i migranti?
Il migrante ideale è un avventuriero, libero da ogni legame, che ha scelto di sbarazzarsi delle catene che lo tenevano bloccato in un solo posto. Cosa ben diversa è il migrante reale, costretto a lasciare la propria casa e la propria famiglia a causa della povertà o di un regime oppressivo, o per la fuga dei cervelli. Ma l'uomo è sempre stato un migrante.
In che senso?
È nato in Africa e poi si è spostato in quasi tutto il mondo. La storia ci dimostra che siamo destinati a conquistare ogni angolo del pianeta. Ogni società ha la tendenza naturale a espandersi. Il colonialismo è stata la logica conseguenza dei viaggi di scoperta intrapresi dal mondo occidentale.
L'espansione avviene più velocemente oggigiorno?
Si sta verificando un duplice fenomeno. Innanzitutto dobbiamo fare i conti con la pressione demografica: la popolazione della Cina oggi è la stessa popolazione del mondo intero all'inizio del Ventesimo secolo. Ciò significa, in poche parole, che siamo in troppi. In un mondo sovrappopolato, i migranti generano nuovi spazi, luoghi che possono offrire rifugio.
Luoghi di rifugio, ma anche luoghi ai confini della società?
Molti migranti viaggiano soli e devono ricostruire la propria identità in un nuovo contesto. Spesso il loro status legale non è chiaro, o non hanno documenti. Ci sono migranti ufficiali e accettati socialmente e migranti clandestini. In genere non si sentono accolti positivamente nelle loro località d'arrivo, poiché ogni località d'arrivo esprime un'identità differente.
Dobbiamo dare la colpa alla recessione?
In Francia, ad esempio, l'idea che i migranti ‘rubino il lavoro' è ancora molto diffusa, anche se è infondata. Poi ci sono le dislocazioni industriali, quando una fabbrica si sposta altrove, ma la popolazione locale non vuole spostarsi per seguirla.
Si può dire quindi che ci sono due movimenti non sovrapponibili: quello delle persone e quello delle industrie?
Al giorno d'oggi un grande segmento della popolazione non è qualificato. Non so in che altro modo si possa risolvere il problema se non investendo in tutti i settori dell'educazione, in tutto il mondo.
Che cosa ne pensa delle teorie di Latouche e di tutti quei ricercatori che immaginano un mondo costruito su identità comunitarie indipendenti, senza relazioni d'interdipendenza? Un mondo in cui gli unici migranti sono gli esploratori e i viaggi avvengono secondo limiti prestabiliti.
È un'idea di sviluppo alternativa, dove ogni cittadino si mette al servizio della propria comunità. Si basa su un modello di società e di economia differente.
Che tipo di migrazioni ci saranno in futuro? L'Occidente si sposterà a Est verso la Cina?
Il problema è che anche i cinesi stanno migrando. E quindi dove andremo? Di recente la Francia e l'Italia sono tornate ad essere nazioni da cui si emigra, verso Berlino, per esempio. Ci troviamo in una situazione sbilanciata a livello strutturale: c'è una contraddizione interna, un'opposizione tra il nostro modello economico e l'esplosione demografica degli ultimi decenni.
Qual è la soluzione?
Non c'è una soluzione. Posso immaginare soluzioni utopiche, come quella di un'educazione che sia uguale per tutti, in tutto il mondo. È un'utopia, ma forse è un'utopia più realizzabile di altre.
Però intanto alziamo le barriere, e il Mediterraneo è diventato una grande fossa comune.
Quando si parla di un ‘mondo senza frontiere', intendiamo la frontiera come una linea di demarcazione che può essere oltrepassata. Questo non è possibile quando al suo posto viene innalzata una barriera. È difficile accogliere tutti, ma la soluzione non è quella di costruire muri. Le migrazioni avvengono anche all'interno di un singolo continente, non solo da sud a nord, ma anche sud-sud, tra le nazioni africane, e nord-nord, dentro l'Europa, verso la Germania.
C'è chi dice che un giorno migreremo verso nuovi pianeti…
Per quanto riguarda lo spazio, fino ad ora abbiamo solo esplorato zone vicine a noi, con le missioni su Marte. Se dovessimo trovare una via di fuga, probabilmente ci fermeremmo all'interno del nostro sistema solare, che in scala universale rappresenta una frazione infinitamente piccola. Però io penso che una soluzione reale si possa trovare solo attraverso la scienza e la conoscenza.
In passato il colonialismo ha portato guerre e malattie. Che cosa portano con sé i migranti di oggi?
Oggi ci sono problemi differenti. La popolazione indiana è stata massacrata dalle malattie e dalla violenza importate dall'Europa – oggi i medici europei rientrano in patria portando con sé l'ebola. Davvero credo che solo una politica mirata all'educazione, sia nelle nazioni di partenza sia in quelle di arrivo, possa ridurre questo tipo di conflitti.
Dobbiamo combattere la paura dei migranti?
La paura va sempre combattuta. Ma in questo caso le persone hanno paura di cose tangibili: diseguaglianza, povertà, un modello di sviluppo che non funziona. La paura dei migranti è la paura più semplice da esprimere, ma nasconde problemi più complessi.
Crede che il multiculturalismo sia possibile?
Non mi piace la parola ‘multiculturale'. Che significa? Significa che ognuno mantiene la propria cultura e ci tolleriamo a vicenda? Se fosse così, allora si tratterebbe di un sistema chiuso, mentre è il contatto culturale che fa girare il mondo.
Che cosa intende per contatto?
Non siamo più noi a decidere cosa è la giustizia o la verità. Ma ci sono modelli culturali che non possono essere confutati, ad esempio quello che detta l'uguaglianza tra l'uomo e la donna.
Come possiamo proteggere la cultura dei diritti civili?
Credo che bisogni rispettare le differenze, ma soprattutto le differenze tra singoli individui. E questo è un principio morale, non un'ideologia. Un principio che ti mette in condizione di rispettare una persona di qualsiasi origine, ma soprattutto qualsiasi persona.
MARC AUGÉ
L'antropologo francese Marc Augé è nato nel 1935 a Poitiers. Nei primi anni della sua ricerca si è concentrato sull'Africa Occidentale. Dopo anni di esperienza sul campo con le tribù africane, ha trasferito il suo metodo di analisi antropologica in patria, applicandolo alla società contemporanea francese. Nel 1995 ha coniato il termine ‘nonluoghi', per descrivere gli spazi globali privi di identità, nel suo libro Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità, a cui ha fatto seguire, nel 1998, L'antropologia del mondo contemporaneo. Ha studiato il concetto di luogo nel mondo globalizzato, e in seguito analizzato quello di tempo. I suoi lavori più recenti sono Futuro (2012), L'antropologo e il mondo globale (2013), e Il tempo senza età: la vecchiaia non esiste (2014), Un etnologo al bistrot (2015).