L'importanza di proteggere la nostra umanità più intima
Nonostante la produzione prolifica, per l'autrice Yoko Ogawa scrivere rimane un'attività lenta, misurata e che richiede non poca fatica. Una sorta di rituale ancestrale che permette all'essere umano di ritrovare il suo ritmo di vita naturale, fuggendo la frenesia e gli eccessi di una dimensione digitale sempre più veloce ed esigente. Un mestiere, quello di narratore, che scava nella realtà e ne racconta gli elementi più oscuri, senza però cedere alla morbosità alla quale lo scrutinio social ci ha abituati. In un'epoca confusa, in cui le singole interpretazioni sembrano sostituirsi all'oggettività fattuale, Ogawa ci rassicura: resistendo a qualsivoglia processo di digitalizzazione, la letteratura, i racconti e i romanzi sopravviveranno. E con essi, le storie dei protagonisti, ma soprattutto le identità dei lettori.
Lei ha raccontato che l'ispirazione per il mestiere di scrittrice le è venuta leggendo Il diario di Anna Frank: cosa l'ha ispirata di questa lettura?
Scrivendo il proprio diario, Anna Frank ha creato il suo mondo di libertà, superando il confinamento fisico. Mi ha insegnato che con le parole è possibile viaggiare verso l'ignoto un numero infinito di volte. La mia scrittura parte da qui, dall'ispirazione che gli spazi chiusi sanno dare: una stanza d'ospedale, una sala campioni, un museo, un'isola, una scacchiera, una scatola. Una sagoma senza apparente via d'uscita, ma che l'immaginazione è in grado di sfondare.
Che ruolo può avere secondo lei la letteratura in una realtà sempre più veloce, digitale e connessa?
Leggere e scrivere letteratura è faticoso e richiede molto tempo in una società come quella attuale, costantemente inondata da informazioni istantanee. Mi chiedo però se tutta questa velocità corrisponda all'innato senso umano del tempo: sono atti delicati quali respirare, camminare, scrivere e leggere ad essere in linea con il ritmo confortevole dell'attività umana. Nessuna digitalizzazione diminuirà la ricchezza che la letteratura porta alle persone: è solo quest'ultima, infatti, a ripristinare il flusso del tempo che è veramente necessario agli esseri umani.
Se dovesse dare un titolo ad un romanzo che racconta il periodo che stiamo vivendo, quale sarebbe?
“Domani l'uccello dell'alba canterà, non lo so".
Che rapporto ha con la tecnologia, il Web e i social media? Li considera una fonte d'ispirazione per chi scrive o rifugge tutto questo?
Mi tengo a distanza. A volte trovo qualche idea per un romanzo sul mio computer o sul mio smartphone, a volte li uso per cercare informazioni invece di andare in biblioteca: questo non significa però che non possa scrivere un romanzo senza usare le moderne tecnologie. Si scrivono romanzi da oltre mille anni.
Uno dei tratti ricorrenti nella sua produzione artistica è l'inserimento di elementi grotteschi, surreali in contesti all'apparenza comuni, noti, quasi indifferenti: è così anche per la realtà nella quale siamo immersi? Il grottesco di cui narra esiste nel mondo esterno?
È la realtà a nutrire le radici del grottesco, del surreale e dell'inverosimile e io cerco di ritrarla così come è, non come semplice fantasia. Scrivo tenendo pazientemente d'occhio l'oscurità che si annida nel profondo del cuore umano, impossibile da celare per quanto ci si provi. Qualunque cosa emerga nell'oscurità – malizia o crudeltà – non scarto l'essere umano, ma lo accolgo nei miei romanzi.
Questo numero di World vuole indagare il bisogno comune di un'unica realtà, di fatti, dopo che la tecnologia e Internet ne hanno offerto svariate interpretazioni, giocando sul binomio aspettative/realtà: quali sono le sue aspettative per il prossimo futuro, come individuo e come scrittrice?
Gli scrittori guardano sempre al passato, portandone alla luce i ricordi. Non sono bravi a prevedere il futuro, per questo sostengo che sia difficile visualizzare quali possibilità aprirà al mondo lo sviluppo tecnologico. Porterà vantaggi in termini di comodità e intrattenimento, ma mi chiedo cosa vorrebbe dire se a battere un campione di scacchi dovesse essere l'intelligenza artificiale. Naturalmente ho rispetto per coloro che hanno sviluppato la tecnologia, ma gli scacchi hanno senso solo quando sono giocati tra esseri umani.
A questo proposito, non possiamo quindi non citare il suo romanzo L'isola dei senza memoria, menzionato anche da Byung-Chul Han nella prefazione al suo saggio Le non cose. Se nell'isola la sparizione è legata alla dimensione del vuoto, nella società attuale sono l'accesso e l'eccesso di notizie, dati e informazioni a favorire la scomparsa delle cose reali?
L'isola dei senza memoria non prevede l'attuale società digitale. Il romanzo è riuscito però ad esprimere un senso di crisi per il sovraccarico di informazioni presente nella società contemporanea, dove a venir sottratta è perfino la realtà che le persone stringono tra le mani. Tutto questo accade e nessuno vi oppone resistenza. Dovremmo riflettere sul fatto che ogni volta che guadagniamo qualcosa, ne perdiamo un'altra.
All'interno del romanzo si intrecciano due storie - quella della protagonista e quella contenuta nel manoscritto redatto dalla protagonista stessa - che arrivano quasi a fondersi, in un mirabile gioco di specchi e rimandi: è quello che accade a noi utenti di Internet quando ci raccontiamo sulle piattaforme social? Corriamo il rischio di diventare solo quello che di noi raccontiamo?
Non ci si dovrebbe ridurre a mere entità di Internet. Ogni essere umano ha più volti e l'arte di fonderli. Per quanto cerchiamo di scrivere del nostro vero io, non lo raffiguriamo mai esattamente, ma scrivendone scopriamo aspetti di noi stessi inaspettati. Questo perché il linguaggio è uno strumento paralizzante, che manca sempre di qualcosa e ha sempre qualcosa in eccesso. Solo una piccola parte dell'io può essere espressa su Internet.
Ad un certo punto del racconto R., l'editore della protagonista, si esprime così: “Tutti gli abitanti dell'isola saranno analizzati, trasformati in dati e schedati a loro insaputa”. L'economia dell'informazione si basa proprio su questo meccanismo: quali sono i rischi di questa riduzione, anche delle interazioni sociali, ad un set di dati?
Mi perdoni se credo che questo non risponda alla sua domanda. Per quanto le esistenze siano analizzate, convertite in dati e archiviate, rimangono solo storie in una macchina. Qualche politico potrà usare questi dati a proprio vantaggio, ma la macchina non possiede prove di queste identità. Se un dittatore non mi mostrasse la prova in grado di confermare la mia identità, preferirei offrirgli una copia di un mio romanzo piuttosto che la mia carta d'identità.