Se i benefici dello smart working sono evidenti, dalla maggior libertà di gestirsi al risparmio di tempo nel tragitto casa-lavoro (a cui si lega anche una riduzione importante delle emissioni), il lavoro da remoto rischia di esasperare una tendenza già evidente negli ultimi decenni in Italia: quella alla sedentarietà.
Soprattutto nei periodi in cui le restrizioni impediscono di uscire, la vita di molti si riduce a una spola tra il letto, la scrivania e il divano. Le conseguenze a livello di salute, mentale e fisica, di questo stile di vita possono essere gravi, come si legge nel Piano strategico per la riduzione della sedentarietà elaborato da BikeItalia e da Bikenomist.
Gli standard minimi di movimento
Una persona viene considerata sedentaria quando non rispetta dei basilari standard di movimento, individuati dall'Organizzazione mondiale della sanità e da altri enti in un minimo di due ore e mezza a settimana di attività fisica aerobica a intensità moderata (una camminata, una corsetta leggera o una pedalata) e in due sedute di allenamento della forza dei principali distretti muscolari.
Alcuni ritengono necessari ulteriori cento minuti a intensità elevata, in base chiaramente alle possibilità di ognuno, e almeno una seduta per migliorare la mobilità.
Compensare l'inattività
La scarsa attitudine al movimento e allo sforzo del sedentario è per altro un circolo vizioso, perché per compensare le ore di inattività non è sufficiente l'attività fisica minima prevista dalle linee guida. Come si legge nel Piano di BikeItalia e Bikenomist, per esempio, un'ora al giorno di attività fisica moderata non riesce ad attenuare gli effetti di cinque ore passate seduti al computer. Per questo, oltre a fare sport o comunque a muoversi prima e dopo lavoro, sarebbe importante anche l'inserimento di qualche pausa attiva durante la giornata lavorativa.
I numeri e i danni della sedentarietà
La sedentarietà è un problema diffuso: statistiche incrociate compiute in tutto il mondo parlano di un potenziale 25 per cento della popolazione adulta con uno stile di vita di questo tipo, sopratutto nei Paesi industrializzati. I danni sono enormi: si stima che il 6 per cento della mortalità globale sia causato dalla sedentarietà (in Italia quasi il 15, secondo uno studio citato dal report), direttamente collegata nel mondo a oltre tre milioni di morti e connessa a tantissime patologie croniche, dal diabete alle ischemie, fino alle sindromi metaboliche e all'obesità. A questo si aggiunge il danno economico, perché per le cure legate a questi problemi la spesa è molto alta, privata o pubblica che sia.
Abbattere le barriere allo sport
Per tutto questo è fondamentale aumentare la consapevolezza sui benefici del movimento e dello sport, a partire dall'infanzia, quando muoversi è ancor più importante per uno sviluppo psico-fisico corretto. Il lavoro di sensibilizzazione dev'essere accompagnato da un abbattimento delle barriere all'attività fisica, che a seconda dell'individuo possono essere la mancanza di tempo o di motivazioni, la difficoltà di essere costanti, la distanza dagli impianti sportivi (o la loro mancanza), i problemi fisici pregressi. Una comunità attiva fisicamente avrà una vita sicuramente migliore dal punto di vista fisico, psichico e sociale.