Una piccola città industriale, vissuta a lungo come luogo periferico, di fabbriche e quartieri popolari, può diventare la “capitale italiana della cultura”, nel 2018? E' la sfida di Settimo Torinese, 50 mila abitanti, ai margini di Torino, lungo l'autostrada verso Milano. E non è sfida temeraria. Quanto, piuttosto, il tentativo di fare crescere, nel discorso pubblico, la consapevolezza dell'idea che “cultura” non sia solo quella, naturalmente fondamentale, delle “città d'arte”, ma anche la “cultura politecnica”, la cultura della manifattura, quella delle fabbriche e del “saper fare”, dell'innovazione tecnologica e sociale, della ricerca, delle relazioni produttive, dell'accoglienza e dell'integrazione. Una cultura ampia, insomma. Molto italiana. Che ha radici profonde nei territori industriali. E che prepara un buon futuro di “sviluppo sostenibile”, dal punto di vista sia ambientale sia sociale.
Che quella di Settimo Torinese come “capitale della cultura” abbia un solido fondamento, lo conferma l'elenco degli sponsor alla candidatura, pensata dalla vicesindaco Elena Piastra e condivisa rapidamente da tutta la giunta guidata da Fabrizio Puppo (Pd). Renzo Piano, innanzitutto, con la sua Fondazione (“L'idea di Piano è utilizzare la città come un laboratorio di pensiero per creare bellezza”, racconta la vicesindaco Piastra). Attori e registri teatrali come Gabriele Vacis e Luciana Curino (l'interprete straordinaria del ciclo di spettacoli dedicati a Camillo e ad Adriano Olivetti: la “cultura politecnica”, appunto e la relazione virtuosa tra sviluppo urbano e fabbriche, nell'esempio di Ivrea, proprio adesso in corso di rivalutazione). Il Museo del Cinema e il Circolo dei Lettori di Torino (una delle più dinamiche istituzioni culturali piemontesi). Attori sociali come Confcommercio e Coldiretti. Istituzioni d'eccellenza per la formazione e la ricerca, come il Politecnico di Torino e l'Istituto Italiano di Tecnologia. La Fondazione della Compagnia di San Paolo presieduta da Francesco Profumo, ex rettore per Politecnico ed ex ministro dell'Istruzione. E, naturalmente, le principali imprese che operano a Settimo, dalla Pirelli alla Lavazza e a L'Oreal (che proprio a Settimo porterà, dal prossimo anno, produzioni particolarmente innovative).
Fanno cultura, appunto, le fabbriche. Con un forte impegno di “responsabilità sociale”. E un ruolo attivo sulla sostenibilità: energie rinnovabili, impronta territoriale “leggera”, lavoro, inclusione, ricchezza diffusa. Una vera e propria “civiltà delle macchine”, un “umanesimo industriale” in cui la storia italiana offre esempi eccellenti. Di cui proprio Settimo può fare da testimone.
La “spina” del Polo Pirelli, a Settimo, l'ha progettata Renzo Piano: una struttura trasparente e luminosa, che ospita servizi, laboratori di ricerca&sviluppo, la mensa, la biblioteca (6mila volumi, gestita dai dipendenti Pirelli e messa in rete con le biblioteche di Torino e della Regione Piemonte: un buon esempio di “biblioteca aziendale” che fa da paradigma nazionale), gli impianti sportivi. Tutt'attorno, cinquecento alberi di ciliegio (“La fabbrica nel giardino dei ciliegi”, ama dire Piano, con divertita evocazione letteraria. E, nei due corpi dello stabilimento, impianti produttivi hi tech, efficienti, sicuri.
E' “la fabbrica bella”, che lega valenze estetiche e produttività, sicurezza e sostenibilità, come cardini di una “nuova competitività” su cui si stanno muovendo parecchie delle migliori imprese italiane e su cui si impegna, da qualche tempo, anche il Gruppo Cultura di Confindustria (che infatti guarda con grande simpatia alla candidatura di Settimo come capitale della cultura).
Si fa cultura, appunto, in fabbrica. Della produzione d'eccellenza. E della rappresentazione. I concerti di musica classica proprio in fabbrica (sino all'esecuzione della “Settima a Settimo”, la sinfonia capolavoro di Beethoven eseguita nello stabilimento, nel programma del Festival MiTo 2014). Il teatro (con Marco Paolini e Moni Ovadia). Le attività legate alle scuole. E la messa in scena, al Piccolo Teatro di Milano e poi a Torino, dello spettacolo “Settimo”, drammaturgia legata ai temi del lavoro, dell'industria e delle trasformazioni sociali, regia di Serena Sinigaglia, sostegno della Fondazione Pirelli: un successo di critica e di pubblico.
Fabbrica e cultura, ancora una volta.
C'è una tendenza diffusa, d'altronde, a rivalutare l'architettura industriale, come testimonianza dell'intelligenza progettuale e realizzativa italiana, durante tutto il corso del Novecento. E a progettare un nuovo tipo di “turismo culturale”, tra stabilimenti vecchi e nuovi, musei d'impresa, città industriali in cambiamento. Ne sono coinvolte la Biennale di Venezia e la Triennale di Milano. Lo testimoniano le iniziative culturali di Assolombarda e Confindustria. E la Fondazione Pirelli mette in mostra le architetture del gruppo, dalla Bicocca al Grattacielo Pirelli, capolavoro di Gio Ponti, sino all'Head Quarter Pirelli costruito dallo Studio Gregotti tutt'attorno alla “Torre di raffreddamento” del vecchio stabilimento (un antico manufatto industriale che diventa simbolo della trasformazione postindustriale e può ben stare tra i “landmark” di una Milano metropoli in crescita, nel segno dell'industria più innovativa) e all'HangarBicocca, spazio d'arte contemporanea in una ex fabbrica, che innova e trasforma e vitalizza un'ex periferia. E, naturalmente, alla nuova fabbrica di Settimo Torinese, con i disegni e i progetti esecutivi del Rpbw, il “Renzo Piano Building Workshop”.
Rieccoci a Settimo, dunque, e alla sua sfida da “capitale della cultura”. Dalla cultura dei monumenti e dei musei (la vicinanza con Torino ne offre comunque straordinari esemplari) alla cultura del progettare, disegnare, costruire, fare. Innovare. Accogliere (proprio le fabbriche sono state nel corso del Novecento e sono ancora luoghi d'eccellenza d'una italianissima cultura dell'accoglienza e dell'integrazione). E raccontare: il teatro, il cinema, la letteratura, l'arte contemporanea, le dinamiche espressioni sul web. Una sfida da raccogliere. E provare a vincere.