La voce di Joan Jonas è forte e chiara mentre risponde alle domande con cui Andrea Lissoni, curatore di Pirelli HangarBicocca per sette anni e ora curatore della Tate Modern di Londra, la invita a parlare del libro che ripercorre la sua carriera artistica dagli anni Sessanta ad oggi. Artista poliedrica, pioniera di quelle che oggi chiamiamo perfomance art, Joan Jonas ha ormai ottant'anni, e nel corso della sua lunga ricerca ha mescolato video, scultura, danza, teatro, canto, musica, disegno, scrittura, coinvolgendo nelle sue performance oggetti di scena (i cosiddetti prop), bambini e animali, forzando i limiti dello spazio espositivo, esplorando il potere della narrazione e le infinite possibilità performative ed evocative del corpo umano e dei suoi travestimenti.
Lo scorso anno, pochi mesi dopo la fine della sua prima mostra antologica in Italia, Light Time Tales, curata da Andrea Lissoni per Pirelli HangarBicocca, Jonas ha rappresentato gli Stati Uniti alla 56° Biennale di Venezia con la mostra They come to us without a word. A questa meritata celebrazione si aggiunge oggi In the Shadow a Shadow: The Work of Joan Jonas, un'ambiziosa pubblicazione enciclopedica a cura di Joan Simon, pubblicata da HangarBicocca insieme a Gregory R. Miller & Co e Hatje Cantz.
La ricca monografia può dirsi un'espansione della mostra, anche se è molto di più, come sottolinea Andrea Lissoni: ha richiesto dieci anni di lavoro e contiene centinaia di immagini, documenti d'archivio e grandi riproduzioni di video e performance, una grande quantità di opere collegate tra loro da note e approfondimenti. La struttura del libro si plasma intorno alla ricerca di Jonas, seguendone il caratteristico sviluppo per rimandi, echi e specchi in base al quale era stata organizzata la mostra a Milano, dove tutte le opere condividevano il grande spazio buio dell'edificio, emergendo dall'oscurità con le loro luminosità instabili.
“Preferisco gli spazi di una fabbrica a quelli di un cubo bianco”, afferma Jonas a proposito della mostra, commentando un video girato da lei stessa all'interno diPirelli HangarBicocca e proiettato in occasione della conversazione sul volume lo scorso 9 marzo, introdotta dal direttore artistico Vicente Todolì.
Ad affascinarla, racconta, è la natura inquieta di uno spazio che ha una storia propria e non nasce espressamente per accogliere opere d'arte. Con il suo lavoro, infatti, Jonas si è sempre preoccupata di disintegrare la definizione monolitica di “opera d'arte”: il maestoso spazio dell'Hangar le ha consentito di enfatizzare la struttura a più livelli dei propri lavori, che dal passato - tradizioni popolari, leggende, miti - traggono parte della loro inesauribile e variegata energia.
Nella mostra negli spazi di Pirelli HangarBicocca, film storici e installazioni si richiamavano tra loro attraverso simboli e corrispondenze. Condividendo lo stesso spazio, video e oggetti appartenenti a opere diverse si mescolavano e dialogavano: il suono di uno raggiungeva le forme dell'altro. Nello stesso modo, in una conversazione a più livelli, si struttura anche il libro, arricchito dai testi di Johanna Burton, Barbara Clausen, Douglas Crimp, Susan Rothenberg e Richard Serra e soprattutto dalla voce dell'artista, che con la stessa forza e precisione con cui si esprime dal vivo racconta in prima persona le sue opere più importanti.
Una voce forte, quella di Jonas, che ha cambiato l'arte contemporanea e continuerà a cambiarla, da oggi anche grazie a questo libro che, sottolinea Andrea Lissoni, si propone come un punto di partenza piuttosto che d'arrivo. Un dispositivo di ricerca che aprirà la strada a nuove riflessioni, mostre ed esplorazioni, permettendo a tutti di poter gustare e comprendere il valore di una delle più importanti artiste viventi.