20 words for a new world: Distanziamento sociale
Penso che molti di noi non conoscessero l'espressione “distanziamento sociale” prima di quest'anno. Anzi, mi chiedo se esistesse, magari era un concetto noto solo agli epidemiologi. Oggi è una frase così familiare, difficile pensare a un mondo in cui non sapevamo nemmeno cosa significasse.
Sia nella teoria sia nella pratica.
L'esitazione prima di stringersi la mano.
Le file così distanziate da rasentare l'assurdo.
La sensazione di essere piccole isole fisiche.
I mesi trascorsi a vedere l'altro come veicolo della malattia sono un'esperienza che probabilmente porteremo con noi per diversi anni.
Eravamo già abituati a non fidarci di chi non conosciamo personalmente all'interno di questi spazi urbani anonimi che in molti abitiamo. La Covid-19 sembra esacerbare, almeno a livello inconscio, questa tendenza.
È vero, c'è un senso di solidarietà, ma anche un senso di minaccia percepita nei confronti di chiunque incrociamo per strada. Manteniamo le distanze. È una cortesia, perché anche noi rappresentiamo una minaccia, e allo stesso tempo un modo per dire “Non avvicinarti! Non ti conosco!”
Forse il cambiamento sarà più evidente tra gli espansivi sudeuropei e meno tra i cugini riservati del Nord, ma anche qui il comportamento si sta modificando.
Avrà conseguenze a lungo termine? Dipende da quanto durerà il periodo di crisi più acuta. Se le ondate d'infezione dovessero ripetersi e se le misure dovessero restare valide per diversi anni, un ritorno al passato sarebbe difficile.
Se è vero che i bambini sono meno suscettibili alla malattia, sono anche i più influenzati dai nuovi modi di interagire perché hanno meno ricordi, o addirittura nessun ricordo, di com'era prima.
E allora magari gli italiani diventeranno un po' più simili agli olandesi e gli olandesi ai giapponesi? Ci sposteremo tutti verso una gestione più controllata dello spazio personale, dell'invisibile campo di forze che circonda ogni individuo? Possiamo forse dire che questo sviluppo ci farà diventare più estroversi? Probabilmente no. Anzi, forse diventeremo più consapevoli dei confini personali e più attenti a non violare quelli altrui, anche solo con una mano sulla spalla o un bacio sulla guancia. Svilupperemo un istinto più prudente. Certo, troveremo altri modi di comunicare l'affetto, ma forse mancherà sempre qualcosa. Nel mondo anglofono ultimamente si dice “Vorrei poterti abbracciare” senza appunto abbracciarsi. Sono parole confortanti, ma il contatto fisico vero e proprio, secondo me, è insostituibile.
Popolazioni intere riescono a cambiare con il tempo. Pare che gli inglesi fossero un popolo europeo molto “fisico”; parlo ovviamente di secoli fa, ai tempi di Shakespeare. Poi nel corso degli anni sono cambiati. Tutto cambia, a volte in modo più repentino di altre.