Dopo un lungo silenzio, il geyser borbottò e un getto di acqua bollente sibilò in aria per una decina di metri. Il vento trasportò il vapore verso la gente che scappava; e al suo fianco apparve lui, il ragazzo che aveva notato sul pullman. Il viso glabro, le mani delicate. Lei sentì il proprio corpo irrigidirsi, lui la guardò e un brivido lo scosse dalla testa ai piedi, ma si voltò subito perché sua madre li stava osservando.
I loro padri erano diplomatici di paesi in conflitto; l'incontro era segreto; l'Islanda una terra neutrale. Il paese della ragazza era soleggiato d'estate e buio d'inverno, e le ragazze venivano cresciute perché diventassero forti e appariscenti. Il paese del ragazzo era caldo e serio; le sole ragazze che lui conosceva erano le sue sorelle. I padri si sarebbero visti ogni giorno per una settimana, perciò l'albergo aveva organizzato delle gite per i famigliari e i diplomatici di rango inferiore: visite al geyser, alla cascata, alla casa di un grande scrittore.
Mentre erano a un pranzo a buffet, il ragazzo si versò una zuppa di pesce nel piatto. Lei gli porse il suo, sorridendo. Iniziò così, in silenzio.
Le madri, una glaciale, l'altra coperta, si addormentarono durante il viaggio di ritorno; il ragazzo e la ragazza sgattaiolarono in fondo al pullman. Lei ricalcò le lunghe ciglia di lui con la punta di un dito. Lui le baciò la mano, poi la bocca.
Sul tardi, mentre era nella stanza che divideva con la sorella, lei ricevette un messaggio del ragazzo e si fece prestare un vestito, dopodiché scese le scale che portavano all'atrio dell'albergo, prese un taxi e arrivò nel locale notturno dove il buttafuori le strizzò l'occhio e la fece entrare. Contorse il viso in una smorfia all'impatto con la luce rossa e frastagliata e la musica che pulsava. Trovò il ragazzo ad attenderla in un angolo.
Parlarono di tutto, tranne dell'odio che divideva i loro padri. (Un corrotto, diceva del padre di lui quello di lei; un povero scemo, sentenziava stizzito quello di lui parlando del padre di lei.) Timidamente, lui le sfiorò la mano. Lei rise e si accostò a lui. Si separarono all'alba, nell'atrio dell'albergo, indolenziti, gli occhi cisposi, colmi di gioia.
Lui era troppo felice per dormire; rimase sotto la finestra della ragazza e ne osservò la silhouette mentre lei si spogliava. Quando il telefono emise un suono breve e acuto, il ragazzo si ritrovò ad ammirare due immagini di lei contemporaneamente, la silhouette e una foto della sua pelle morbida.
I colloqui avevano preso una brutta piega; i padri facevano su e giù per le stanze e sbraitavano. Il ragazzo e la ragazza si svelarono l'uno all'altra nelle grotte delle piscine geotermali, nell'acqua gelida dell'Atlantico, nelle sale conferenze dell'albergo, nelle docce della palestra.
Ma nel pieno di questa esperienza eccitante, la sorella fece la spia. La ragazza rientrò in camera prima dell'alba e trovò il padre sulla poltrona, torvo in viso. Piccola idiota, le disse. La famiglia del ragazzo è corrotta. Hai idea di come trattano le donne in quel paese? E via di questo passo.
Una parte di lei si indurì. Non mi interessa, replicò in tono di sfida. Abbiamo intenzione di sposarci.
Il padre rise. Sei minorenne, disse. Non puoi sposarti.
Quando lei si dimostrò irremovibile, il padre, sconcertato, disse, Il matrimonio è roba da medievo. È il modo in cui un uomo si impossessa di una donna, ecco cos'è il matrimonio!
La ragazza rise di suo padre finché lui non capì da solo quanto era ipocrita, ma questo servì soltanto a infuriarlo di più e fargli gridare alla madre di prenotare un volo di ritorno per quella sera. Afferrò il telefono della ragazza e glielo strappò di mano. Lei corse al locale notturno e supplicò il buttafuori, che le prestò il suo telefono per chiamare il ragazzo.
Rimasero abbracciati nella stanza sul retro. Il piano prese forma in fretta e furia, una dimostrazione della loro determinazione; non c'era tempo di controllare che non ci fossero buchi. Il buttafuori gli vendette le pasticche con riluttanza, ma senza chiedere cosa avessero in mente.
Nel pomeriggio la ragazza si distese sola sul letto, un biglietto nella mano, sentendo il sonno che la trascinava giù. La madre e la sorella rimasero fuori fino a tardi per comprare regali, i colloqui dei padri andarono per le lunghe, e nessuno rientrò in camera nei tempi previsti dal loro piano. L'ambulanza avrebbe dovuto essere chiamata già da mezzora ormai, quando il ragazzo cadde nella disperazione. Prese la porta a spallate. Trovò la ragazza inerte, fredda.
Chiamò il pronto soccorso, poi si chiuse in bagno. Siccome i paramedici erano impegnati con la ragazza, nessuno trovò il ragazzo se non molto dopo.
La ragazza riprese coscienza nel giro di qualche giorno, la luce era troppo forte. La tennero sedata.
E quando lei implorò per avere notizie del ragazzo, la madre tentennò ma alla fine le disse, Tesoro mio. È morto.
La ragazza ci avrebbe provato ancora, se le porta non fosse stata chiusa e le finestre infrangibili.
Lentamente, ritornò in sé. Prese un aereo che la portò a casa, andò all'università, subentrò nell'impresa di cosmetici della madre, divenne ricca. Visse con un uomo dai capelli biondi ma non lo sposò. Ebbero dei bambini.
E nelle distorte estati dorate del nord — tra i frutti di bosco e i cani, le barche e il vino — lei osservava i figli giocare e intanto frugava a tastoni dentro di sé in cerca della felicità. Ma la rovente fiammella che un tempo ardeva in lei si era spenta. Tra lei e il mondo, si rese conto un giorno, avrebbe sempre aleggiato un'oscurità, il fumo di un fuoco estinto.
Di Lauren Groff